Se vuoi sapere di cosa sto parlando sarà meglio che recuperi le puntate precedenti:
- All’inizio fu Lungo Fucile…
- Da “Lungo Fucile” A “Omicidio A Washington”
- Da Chemako a Sangue sulle stelle
- Da Sotto il cielo del Messico a Colpo Grosso a San Francisco
- Da Caccia sul mare a Il Popolo degli uomini
- La ballata di Pat O’Shane
- Da La città calda a Santa Fe’ Express
- Da Un Uomo inutile a Il giorno in cui bruciò Chattanooga
- Da La Regina del Missouri a Pellerossa (passando per Lily…)
- Da C’era una volta a Casa dolce casa
- Da Le Colline Sacre a Milady
Il 14 ottobre 1980 a Torino muore il movimento operaio. Troppo tranchant e apodittico, dici? Provo a farti cambiare idea.
Lo stabilimento Fiat di Mirafiori è in sciopero da più di un mese. Le motivazioni sono le solite. Il settore dell’automobile sta affrontando una contrazione della domanda e la proposta dei dirigenti FIAT la puoi immaginare: cassa integrazione o licenziamento. Quando poi l’11 settembre (data sfigata già dal 1973 e lo resterà pure in seguito) la Fiat annuncia il licenziamento di qualche migliaio di lavoratori, i sindacati proclamano lo sciopero generale.
La linea è dura, riassumibile in una frase del segretario della UIL, Giorgio Benvenuto: «O la Fiat molla, o molla la Fiat». Dunque, stabilimento chiuso, produzione bloccata e ingresso picchettato.
È a questo punto che si tiene la cosiddetta marcia dei quarantamila. Il corteo parte alle 10,30 del 14 ottobre, composto da quella che, secondo La Stampa, è «l’altra faccia di Torino». Ossia i quadri, gli impiegati, i «colletti bianchi». La piccola borghesia che farà scopa nel riflusso, diventando protagonista degli anni ottanta. Gli operai, da quel momento, perdono progressivamente peso nelle trasformazioni sociali.
La marcia dei quarantamila ha un significato che va oltre la vertenza di Mirafiori. Segna il definitivo indebolimento del sindacato e del movimento operaio nelle fabbriche. Se vuoi vederci un quadro internazionale, pensa che pochi giorni dopo, il 4 novembre, il repubblicano Ronald Reagan viene eletto presidente degli Stati Uniti d’America.
Andiamo in edicola per provare a non pensarci. Vediamo cosa esce in quei giorni.
I cavalieri del nord è un episodio di passaggio, scritto da Maurizio Mantero e disegnato da Bruno Marraffa. Ken, appena giunto a Milestone, viene salvato da una rapina dal giovane Tim Hawkins. Il ragazzo entra inevitabilmente nelle simpatie del protagonista. Sicuramente intraprendente e fondamentalmente buono d’indole, Tim ha purtroppo il viziaccio di barare a carte. Quando le sue truffe vengono scoperte, viene arrestato e Ken vorrebbe aiutarlo, pareggiando il debito contratto quando Tim lo ha salvato. Il giovanotto, invece, si impelaga in una spirale di scelte sempre più sbagliate, rischiando la pelle e una galera ben più dura. Stavolta però arriva l’happy end spesso mancato negli episodi precedenti. Ken salva il ragazzo, che trova ad attenderlo la prigione, sì, ma anche un nuovo inizio e l’amore sincero di una giovane donna.
Su Il Sentiero dei Giganti il soggetto di Giancarlo Berardi è elaborato in sceneggiatura da Tiziano Sclavi, mentre ai disegni troviamo la coppia Giovanni Cianti e Ivo Milazzo.
Alla fine del 1876, Ken deve provvedere al trasporto di merci e bestiame verso Surprise, per un villaggio di minatori. Si procura due aiutanti. L’ingenuo culturista Franz Magnus e il suo impresario, Harry Showe, ennesimo personaggio dalla personalità complessa, uomo non totalmente malvagio, ma segnato da una vita difficile che ha reso la sua moralità altalenante. Al gruppo si unisce Erna Schurer, alla ricerca del fidanzato partito da tempo proprio per le miniere di Surprise. Showe farà una fine tragica, mentre Erna troverà l’amore non nel vecchio fidanzato, che nel frattempo si è costruito un’altra vita, ma proprio in Franz. Due emigranti dal vecchio continente che sembrano incarnare nella loro unione la natura di quello che stanno diventando gli Stati Uniti, e che per la nascita della loro relazione ringraziano Lungo Fucile.
Se ricordi, in passato ti avevo parlato di uno scivolone di Berardi circa l’omosessualità. Meglio, di un paio di gag usate con superficialità, sull’argomento. È lo stesso autore, con onestà, ad aver sempre ammesso che la consapevolezza di questa superficialità gli arriva grazie alla lettera di un lettore che se ne era lamentato. Ed è così che nasce la voglia di un episodio con cui rimediare a quella leggerezza. Quell’episodio è Diritto e Rovescio, che ricompone la coppia Berardi e Milazzo.
Una storia che si caratterizza subito come “particolare”, cominciando con la parola fine e terminando con il titolo.
Non si tratta solo del vezzo stilistico di uno sceneggiatore che vuole scrivere una storia sovvertendo il percorso logico e consueto, ma di un gioco di specchi in cui scardinare una prospettiva per ribaltarla. Per invertirla, insomma: non è forse «invertito» uno dei tanti termini odiosi con cui si indicavano gli omosessuali?
Ken è in un teatro di Helena, nel Montana, per assistere a uno spettacolo di varietà. Siccome i casini lo seguono, come capita a ogni eroe del fumetto seriale, assiste pure a un omicidio. E siccome è sfigato (se leggi da un po’ questa rubrica te ne sarai accorto) di quell’omicidio viene accusato. Cercando la fuga, si rifugia nel camerino di una ballerina… che si rivela essere il ballerino Junius Foy, che lo aiuterà a scagionarsi e a scoprire la verità.
Una verità anch’essa da leggere in un gioco di specchi e contraddizioni. Un poliziesco dove è il primo sospettato (Ken) a condurre le indagini su un omicidio in cui la vittima si rivela essere viva, dove Junius sbarca il lunario come ballerina di can-can in una compagnia teatrale che finge di essere parigina, mentre lui spera ancora di rivedere tra il pubblico il proprio amato. Junius conosce bene, sulla propria pelle, finzioni, apparenze, dolore. E, soprattutto, la crudeltà dei costumi sociali: protegge Ken proprio perchè…
Niente è come sembra, in Diritto e Rovescio: Ken e Junius dovranno indagare sull’omicidio travestiti (ancora…) da giornalisti e pure il protagonista dovrà fingersi una donna.
L’episodio ha qualche ingenuità (Ken e Junius sfidano il perfido Mr Carey praticamente fiondandosi nella tana del lupo con totale incoscienza), ma scomodando Lapalisse posso dirti che resta attuale pure oggi, a quarant’anni dalla sua realizzazione. Ancora di più nel genere western, a quei tempi parecchio in voga e mai distintosi per l’apertura alle diversità. E Junius, dopo aver sperato in qualcosa di più, di Ken conquisterà e apprezzerà l’amicizia sincera.
Anche stavolta il riepilogo cronologico è semplice. Sappiamo addirittura il giorno esatto in cui comincia l’episodio (il manifesto dello spettacolo a cui assiste Ken all’inizio di Diritto e Rovescio riporta la data: 21 gennaio 1877). Dunque con queste storie siamo arrivati agli inizi di febbraio 1877.
Nella realtà narrativa di Lungo Fucile siamo passati dal 1876 al 1877. Anche nella nostra realtà abbiamo scavallato un anno, passando dal 1980 al febbraio 1981. Abbiamo cominciato a leggere questi episodi mentre Reagan stava per vincere le elezioni. Il 20 gennaio l’ex governatore della California diventa ufficialmente il nuovo Presidente USA. Lo stesso giorno vengono liberati i diplomatici americani tenuti in ostaggio in Iran dal novembre 1979. Te ne ho parlato di striscio tempo fa. Tutto sommato una buona notizia: per consonanza con l’happy end di Diritto e Rovescio, per un volta mi fermo qui.
Vive una crisi di mezza età da quando era adolescente. Ora è giustificato. Ha letto un bel po’ di fumetti, meno di quanto sembra e meno di quanto vorrebbe. Ne ha pure scritti diversi, da Piazza Fontana a John Belushi passando per Carlo Giuliani (tutti per BeccoGiallo) e altri brevi, specie per il settimanale “La Lettura”. Dice sempre che scrive perché è l’unica cosa che sa fare decentemente. Gli altri pensano sia una battuta, ma lui è serio quando lo dice.