Nell’autunno del 1968 Jane Birkin e Serge Gainsbourg si incontrano sul set del film Slogan. Lui era appena uscito (in realtà era stato mollato) da un’intensa, per quanto breve, relazione con Brigitte Bardot; lei aveva appena divorziato dal marito, il compositore John Barry.
In realtà, più che un incontro è uno scontro. Serge è contrariato perché la produzione ha deciso, all’ultimo momento, di sostituire Marisa Berenson, procacissima modella americana, con questa giovanissima ed efebica attrice inglese che, due anni prima, si è fatta notare in Blow-up di Michelangelo Antonioni. All’inizio la tensione è ingestibile, Serge tratta malissimo Jane, al punto che deve intervenire lo stesso regista, Pierre Grimblat. Poi però succede qualcosa e tra i due nasce un sentimento che si trasformerà nella più lunga e bella storia d’amore che io abbia mai conosciuto. Una storia che, nonostante malattie, separazioni, la morte di Serge, si concluderà veramente e soltanto nel luglio di quest’anno, quando anche Jane lascerà questa landa desolata.
Sul finire dell’anno, incidono Je t’aime moi non plus, canzone che Serge aveva scritto per la Bardot e per la quale (considerandone il possibile esito commerciale), dopo che Brigitte gli aveva vietato di pubblicarne l’incisione realizzata insieme per non indispettire il marito Gunter Sachs, era alla ricerca disperata di un’interprete (avevano rifiutato tutte: Marianne Faithfull, Valerie Lagrange e Mireille Darc).
Dello scandalo e del successo di vendite della canzone non devo raccontarti. E storia. E, anche solo per sentito dire, saprai tutto. La cosa rilevante è che, nel 1969, Gainsbourg, sfruttando il traino del successo della canzone, fa uscire un album intitolato: Jane Birkin – Serge Gainsbourg. Oltre a Je t’aime moi non plus, l’album contiene dieci tracce che sono tutte reinterpretazioni di vecchie composizioni.
No, non tutte! Due, no. Quella che come titolo porta il nome della Birkin (Jane B.) e 69 annèe érotique (scritte apposta per l’album).
«Ils s’aiment et la traversée
Durera toute une année
Ils vaincront les maléfices
Jusqu’en 70
69 année érotique
69 année érotique»
(se ti sfugge il francese, suona più o meno così:
«Si amano e la traversata [ha scritto il pezzo sul traghetto per l’Inghilterra dove hanno registrato l’album]
Durerà un anno intero
Le cattiverie non li scalfiranno
Fino al ’70.
69 anno erotico
69 anno erotico»
Nel 1966, lo stesso anno in cui esce Blow-up, Luciano Bianciardi pubblica (non ricordo dove) La solita zuppa, un racconto paradossale – che sono certo sia stato tra le ispirazioni del buñueliano Il fantasma della libertà (1974) – che racconta di una società, in tutto uguale alla nostra, nella quale però non è un tabù il sesso, che – dalla masturbazione a ogni forma di amplesso – si può esercitare senza problema in pubblico, mentre è una cosa di cui vergognarsi l’esercizio della nutrizione, che va effettuata in appositi gabinetti di decenza. Nei bordelli clandestini ci si ingozza di maccheroni al sugo e poi si fa scarpetta. Come successe per la canzone di Serge e Jane, questo racconto costò al suo autore un processo per oscenità e vilipendio della religione di stato. Intervenne in sua difesa, con un bellissimo articolo, Umberto Eco.
Gainsbourg, Birkin, Bianciardi, Eco. Sono numi tutelari di questa rivista che non legge nessunə.
Il numero di QUASI che inizia oggi è il sessantanovesimo. Se ha ragione Gainsbourg – e ha ragione – è un numero erotico. In realtà tutti i numeri di QUASI sono stati a modo loro erotici ed eroici, ma quella del numero che ci aspetta, è proprio una questione quantitativa. Come sai ogni numero di QUASI ha un tema, ma il mese finisce sempre prima che l’argomento si possa reputare esaurito. Anche questo novembre non sarà eterno: solo una manciata di giorni per arrivare al numero Settanta, che chiuderà tondo tondo il 2023. Per affrontare questa traversata abbiamo deciso, come Gainsbourg, di andare a pescare quello che ci restava nelle tastiere alla fine di ogni numero, per il quale non abbiamo trovato il tempo la voglia o lo spazio di parlare, o che abbiamo usato solo in parte. In poche parole, come il protagonista del racconto bianciardiano, mentre prepariamo il pranzo natalizio, facciamo scarpetta nel sugo dei mesi passati.
Non fa un cazzo da anni, ma è invecchiato lo stesso. Vive a Milano, e non potrebbe farlo in nessun’altra città italiana. Legge e parla di fumetti dal 1972 (anno in cui ancora non sapeva leggere). Ha una cattiva reputazione, ma non per merito suo. Ama e praticava la boxe, poi si è rotto. Beve tanto in compagnia di gente poco raccomandabile, tipo Paolo con il quale – per colpa di una di quelle bevute – si è ritrovato a curare QUASI.