«In order for me to write poetry that isn’t political,
I must listen to the birds
and in order to hear the birds
the warplanes must be silent»
– Marwan Makhoul, poeta palestinese
Mentre scrivo queste righe (31 ottobre) è in atto un dibattito pubblico sul fatto che la politica, in particolare l’orrore che si sta consumando a Gaza, dovrebbe restare fuori dai fumetti. Chiariamoci subito: un simile cortocircuito è possibile soltanto se non concepiamo che ogni cosa a questo mondo è politica, fumetti compresi. Comunque, tra lə autorə che sono statə censuratə, perseguitatə o perfino uccisə perché non hanno rinunciato a prendere posizione contro le ingiustizie voglio ricordarne uno: il vignettista Naji al-Ali.
Nato nel 1936 nel villaggio di Asciagiara, nel nord della Palestina, diventò un profugo in seguito alla proclamazione dello Stato di Israele (1948) e alla Nakba, la Catastrofe in cui più di 750.000 palestinesi furono deportatə. Visse in Libano, Libia, Arabia Saudita, Kuwait e Inghilterra, senza poter tornare mai nel suo paese natale. Infatti, il 22 luglio 1987 un assassino tuttora ignoto gli sparò alla testa davanti agli uffici londinesi di “al-Qabas International”, uno dei giornali del mondo arabo con cui al-Ali collaborò. Morì il 29 agosto, dopo cinque settimane di coma.
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Sono decine di migliaia le vignette pubblicate a partire dal 1961, e tre i libri realizzati. Si tratta di un’opera costante di critica e denuncia del contesto politico mediorientale, soprattutto dell’occupazione israeliana, senza autocensura e con una narrazione chiara: bianco e nero, poche parole e simboli familiari al pubblico. Il più famoso e ricorrente, tanto da costituire la firma dell’autore, è Handala, un bambino profugo, coetaneo di al-Ali quando venne costretto a fuggire dalla Palestina. È il suo alter ego, la sua coscienza, ma anche la coscienza dei popoli. Rappresenta una promessa di fedeltà alla causa palestinese e a quella deə oppressə di tutto il mondo, racchiudendo la poetica dell’artista. Il nome di Handala è lo stesso di un’erba selvatica dai frutti amari, come la fermezza con cui il bambino (scalzo, con gli abiti logori e pochi capelli) mostra le spalle a chi le ha voltate al popolo palestinese. Il suo sguardo si rivolgerà solo al dolore della sua gente, finché non sarà libera di tornare nella propria terra.
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Nel 2013 Eris Edizioni ha pubblicato 175 vignette restaurate di al-Ali, che vanno dagli anni ’70 a metà anni ’80, nella raccolta Filastin. L’arte di resistenza del vignettista palestinese Naji al-Ali, realizzata con il Comitato di Solidarietà con il Popolo Palestinese di Torino. Attualmente esaurita, è stata messa a disposizione gratis dall’editore a questo link. Se v’interessa approfondire la questione palestinese, dal punto di vista di una tra le sue voci più note, è il momento giusto per farlo.
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Sbarcata su QUASI grazie a Paolo, scrive poco ma cerca di darci senso. Ama i film di Miyazaki, i gatti, la pappa al pomodoro e tante altre cose. Odia i fascisti. Se non può ballare non è la sua rivoluzione.