Doveva essere metà ottobre del 1992 quando una banda di tombaroli viene beccata in flagrante a profanare una tomba nel cimitero di Hollybrook, a due passi da Southampton. L’inseguimento tra la polizia e i tombaroli, durato una manciata di minuti, per come lo raccontano i quotidiani inglesi dell’epoca, deve essere stato degno di una comica di Benny Hill.
Nella mia immaginazione, buttando oggi lo sguardo alle cronache dell’epoca, quell’inseguimento me lo immagino coi tombaroli vestiti alla Diabolik ma con la calzamaglia con le grinze inguinali e la panza che straborda, e le forze dell’ordine me le immagino come procacissime poliziotte in divisa succinta. Il tutto accompagnato dalla Mah nà mah nà di Piero Umiliani, che sottolineava – appunto le comiche di Benny Hill nella versione trasmessa a Drive In.
Bella forza dirai tu. La tomba profanata era proprio quella di Benny Hill! Sì, ti rispondo io. Ma mi serviva un escamotage retorico per arrivare a fare un post-it proprio su di lui e mi sembrava un incipit divertente. Devi proprio sempre rovinare tutto! Vabbè, ho capito che tu lo sai, ma gli altri forse no. E allora glielo racconto.
Classe 1924, Alfred Hawthorn Hill, in arte Benny, aveva costruito (tra il 1955 e il 1989) un vero impero finanziario (lo chiamavano il «Mida della comicità») grazie a uno spettacolo televisivo, il Benny Hill Show, basato su tre elementi: le situazioni e il ritmo (negli originali dovuto al fatto che i 16 fotogrammi al secondo della pellicola originaria venivano proiettati all’attuale velocita di 24) delle vecchie comiche uniti alla costante presenza di donne procaci e discinte. Con la stessa identica formula, come un Tex o un Diabolik, Benny Hill ha realizzato le sue comiche tutte uguali dal 1955 al 1989.
Nel 1983 arriva anche in Italia, come intermezzo dello show Drive in, dove le sue comiche partecipano, tra comici mediocri e carrellate di tettone, a dare la stura alla carriera di Ricci e al berlusconismo.
Nel 1989 però finisce tutto. L’autorità britannica per le telecomunicazioni rilascia una comunicazione in cui si dichiara, molto prima che il lamento per il politically correct diventi un tormentone quotidiano di vecchi reazionari di merda per dirci che si sentono limitati a non poter insultare quelli che non gli piacciono (pur facendolo in continuazione), che gli spettacoli «con ragazze mezze nude inseguite da un vecchio sporcaccione sono diventati offensivi per un numero sempre crescente di persone». A giugno Benny Hill viene silurato dalla rete Time Thelevision. Non è una questione morale. Sono gli affari, baby, ci interessa il pubblico pagante, e se al pubblico pagante non piace più un vecchio glabro che insegue donnone, noi ce lo leviamo dai coglioni, con buona pace dei difensori del diritto di dire tutto. Povero Benny, non troverà più nessuno disposto a trasmettere le sue comiche.
Il 21 aprile 1992 il suo vecchio produttore e amico Dennis Kirkland, che non aveva sue notizie da giorni, fece sfondare la porta del suo appartamento a Londra. Lo trovarono morto, in mezzo a piatti sporchi, bottiglie vuote e spazzatura varia, nella sua poltrona davanti alla tv accesa. Subito ne furono ricamate leggende metropolitane, tipo che era morto dal ridere, stroncato da un infarto mentre guardava le comiche. Vero niente, Benny Hill era depresso e malato di una grave insufficienza renale sempre più trascurata per via della depressione e del bere, a ucciderlo fu quella.
Lasciava un patrimonio di dieci milioni di sterline e la fama di una taccagneria senza eguali. Cose che alimentarono un’altra leggenda: che si fosse fatto seppellire con un quintale di oro. Per questo i tombaroli lo visitarono al cimitero. Ovviamente, da buon taccagno, nella tomba c’era solo lui.
… ‘spetta. Ti sto raccontando ‘ste cose solo perché il mio bro’ Spari m’ha chiamato l’altro giorno per dirmi che oggi Benny Hill avrebbe compiuto 100 anni e che forse due, tre cose su di lui era necessario dirle.
Ma a me di Benny, in realtà, frega poco [e anche a quell’altro, nota di Spari]. Lo ammetto mi faceva ridere ma attualmente non mi sembra fosse quel seme di bellezza per cui quotidianamente scriviamo questi post-it.
E allora voglio dirti di un’altra persona, che di semi di bellezza ne ha sparsi molti e che il 17 gennaio ha compiuto ottant’anni: Françoise Madeleine Hardy, in arte Françoise Hardy.
Come dice il mio amico Cico Casartelli: «Tutti i suoi album fine Sessanta e inizio Settanta sono una manna». Ha dispensato tanta bellezza a cui abbeverarsi che, come minimo, un post-it tardivo se lo merita. Se di lei conosci solo l’inflazionata Tous les garçons et les filles e vuoi riempire la tua domenica di quella bellezza e dolcezza che sapeva cantare (non lo fa più, una gravissima e dolorosa malattia – per cui lei stessa ha chiesto una legge per il fine vita- glielo impedisce da anni) ascoltati almeno due album tra i miei preferiti: If you listen del 1971 e Message personel del 1973. Non dico che ne sarai felice, ma la tua giornata sarà sicuramente migliore.
Non fa un cazzo da anni, ma è invecchiato lo stesso. Vive a Milano, e non potrebbe farlo in nessun’altra città italiana. Legge e parla di fumetti dal 1972 (anno in cui ancora non sapeva leggere). Ha una cattiva reputazione, ma non per merito suo. Ama e praticava la boxe, poi si è rotto. Beve tanto in compagnia di gente poco raccomandabile, tipo Paolo con il quale – per colpa di una di quelle bevute – si è ritrovato a curare QUASI.