Il 10 maggio 1977, Umberto Tozzi pubblica il suo secondo LP. I quotidiani ci raccontano anni plumbei: terrorismo, rivolte, occupazioni, eroina a pioggia per ammazzare gli animi di una generazione difficile da sedare. In un contesto piuttosto articolate, Tozzi pubblica un disco che si chiama E nell’aria… ti amo. Proprio con i punti di sospensione nel titolo: una roba che, se la sua maestra di italiano fosse stata un po’ più sensibile, forse ci saremmo risparmiati.
Quel disco si apre con una canzone agghiacciante. S’intitola Ti amo e e contiene versi di questa potenza lirica:
«Ti amo, un soldo, ti amo, in aria, ti amo, se viene testa vuol dire che, basta, lasciamoci, ti amo, Io sono, ti amo, in fondo un uomo, che non ha freddo nel cuore e nel letto, comando io, ma tremo davanti al tuo seno, ti odio e ti amo, è una farfalla che muore sbattendo le ali, l’amore (ti amo) che a letto si fa (ti amo, ti amo), prendimi l’altra metà (ti amo, ti amo), oggi ritorno da lei (ti amo, ti amo, ti amo, ti amo), primo Maggio, su coraggio, io ti amo e chiedo perdono, ricordi chi sono, apri la porta a un guerriero di carta igienica (ti amo) e dammi il tuo vino leggero (ti amo, ti amo), che hai fatto quando non c’ero (ti amo, ti amo), e le lenzuola di lino (ti amo, ti amo, ti amo, ti amo), dammi il sonno di un bambino che fa, sogna cavalli e si gira, e un po’ di lavoro, fammi abbracciare una donna che stira cantando (ti amo) e poi fatti un po’ prendere in giro (ti amo, ti amo) prima di fare l’amore (ti amo, ti amo), vesti la rabbia di pace e sottane sulla luce. Io ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo».
Quell’ultima scarica diarroica di “ti amo” pare quel pezzo di Lenny Bruce basato sulla ripetizione della parola “negro” da parte sua e di tutto il pubblico, perché quel suono si svuotasse di violenza, accusa, sopruso e, infine, senso.
Perdonami. Volevo copiartene solo un pezzo, per ricordarti la bruttezza di questa canzone. Ero tutto preso dalla ricerca della nefandezza finale e mi sono perso in una rivelazione.
Quando scrive Ti amo, Umberto Tozzi ha venticinque anni, esattamente la stessa età di Orson Welles quando ha scritto, diretto e interpretato Citizen Kane, Quarto Potere.
Pare quasi che, a quell’età, alcuni umani possano distillare l’assoluto. Welles, a venticinque anni, costruisce il film perfetto. Cercherà di rifarlo per tutta la vita: una sfida contro il tempo per pareggiare un risultato assoluto che definisce uno standard di bellezza per il cinema.
Umberto Tozzi scrive una canzone che troneggia nella classifica delle peggiori schifezze prodotte dalla musica italica.
Ma troneggia davvero. Sono andato a guardare le hit parade del periodo. Ti amo fa la sua prima apparizione in classifica il 9 luglio 1977 al quarto posto. Il 16 luglio è al secondo. Il 23 conquista la vetta. Rimarrà in quella posizione fino al 22 ottobre. Per scalzarla da lì ci vorrà un altro colosso di letame come Angelo azzurro di Umberto Balsamo.
L’estate dei miei nove anni è stata funestata da una canzone disgraziata. Ho dovuto ingollare così tanto schifo che, a volte, sento una pulsione giustizialista: un irrefrenabile desiderio di querelare chi ha mosso degli attacchi così violenti al mio immaginario. Poi, fortunatamente, una goccia di realismo mi imperla i pensieri e mi dico che nessun giudice accoglierò la richiesta di risarcimento danni di tre o quattro generazioni e che l’autore di quella porcheria, che pure a una di quelle generazioni apparteneva di diritto, non subirà la pena che i suoi delitti gli meriterebbero.
Ma forse, no.
Un’estate dopo, “Cannibale” n.3. Dentro c’è un sacco di roba molto bella. E c’è anche un fumetto breve, sette pagine, intitolato Tiamotti!. È firmato da Stefano Tamburini (che si attribuisce soggetto e dialoghi) e Tanino Liberatore (responsabile di sceneggiatura e disegni) ed è un gioiello. Gli studelinquenti, in uno scenario di fantascienza realissima, preparano un attacco al sistema repressivo. Guardie telepatiche armate di mitra possono uccidere chiunque abbia un pensiero eversivo. E lo fanno. Allora, quella marmellata di pensierini d’amor tossico diventa un mantra per annullare il pensiero e passare i controlli. Umberto Tozzi diventa, senza volerlo, un fiancheggiatore.
Quel fumetto è nel terzo volume della collana “TuttoTamburo” con cui Michele Mordente, con la sua Muscles edizioni, ha raccolto tutti (ma proprio tutti) i lavori rintracciabili di Stefano Tamburini. (Ci sono anche altre edizioni, ma questa è quella che preferisco.)
Scrive e parla, da almeno un quarto di secolo e quasi mai a sproposito, di fumetto e illustrazione . Ha imparato a districarsi nella vita, a colpi di karate, crescendo al Lazzaretto di Senago. Nonostante non viva più al Lazzaretto ha mantenuto il pessimo carattere e frequenta ancora gente poco raccomandabile, tipo Boris, con il quale, dopo una serata di quelle che non ti ricordi come sono cominciate, ha deciso di prendersi cura di (Quasi).