«Poi chiusa la soglia / do sfogo alla mia turpe voglia / ascolto Bach»
Francesco Guccini, Via Paolo Fabbri 43
Diciamocelo. Ascoltare Bach non è il mio forte.
Ho praticato una disciplina di combattimento per una decina di anni. Ho fatto anche un po’ di incontri. Qualcuno l’ho pure vinto. Niente di che, eh. Il giusto per sapere quanto male fa un calcio o un pugno. Il minimo indispensabile: abbastanza da avere il setto nasale rotto e da poter raccontare le settimane durante le quali ho dormito seduto su una poltrona perché le costole incrinate non mi permettevano di stendermi.
Quell’esperienza mi ha lasciato addosso gusti discutibili come spettatore di eventi sportivi. Niente calcio, pallavolo, pallacanestro, tennis, tuffi, atletica, polo, equitazione, automobilismo… Riesco a guardare, senza sbadigliare, solo incontri tra persone che se le danno. Dalla boxe al karate, dalla scherma al taekwondo, dalla lotta alla muay thai. L’unica disciplina di combattimento che non riesco proprio a guardare è il wrestling (ma questo all’Onorevole Beniamino Malacarne proprio non lo posso dire). Da qualche tempo mi interessano perfino le MMA. Mica tutti gli incontri, ché vedere dei tipi truculenti, in odor di psicopatia, resi cattivi dalla paura e affamati che si sbranano in una gabbia, senza tecnica e senza stile, mi fa schifo. Ci sono dei tipi, invece, che mi affascinano tantissimo.
Il mio preferito è Demetrious Johnson, Mighty Mouse; un metro e sessanta di tecnica, stile, rispetto e passione smodata per i videogiochi. Vedere un suo incontro è sempre divertentissimo. Se ti capita, guarda quello, con regole miste, tra lui e il supercampione della stessa categoria di peso di Muay Thai, Rodtang. Ecco, ora lo sai: a me piace quella roba.
Ci sono alcuni incontri che aspetto proprio.
Come tutti quelli che seguono anche solo marginalmente gli eventi MMA, sto attendendo UFC 299, il 10 marzo prossimo.
In quella serata ci sarà il secondo incontro tra Sean O’Malley, detto Sugar, e Marlon Vera. Se non ne sai niente, ti faccio un breve riassunto. O’Malley è il campione del mondo dei pesi Gallo: un tipo smilzo, alto un metro e ottanta, che pesa una sessantina di chili. Nei suoi nove anni da professionista, ha fatto diciannove incontri, diciassette li ha vinti (tredici prima della fine), uno è stato annullato (perché aveva cacciato un pollice nell’occhio dell’avversario per errore), e uno lo ha perso. L’unica sconfitta è stata proprio con Vera. E per KO, per giunta. O’Malley è un combattente spettacolare, una macchina da comunicazione social e un grandissimo paraculo. Vera ha due anni più di O’Malley e sette centimetri meno. In tredici anni da professionista ha disputato 32 incontri, ne ha vinti 23 (18 prima della fine del match), 8 sconfitte e un pareggio.
Non ci frega niente del mito dell’imbattibilità di chi si confronta su un ring, ma pare evidente il motivo per cui a O’Malley quella sconfitta crei tensione.
Al di là del suo essere un terribile ganassa, O’Malley ha alcune caratteristiche che lo rendono un lottatore straordinario. Certo, la tecnica e la velocità e, poi, la scelta dei tempi. Ma la cosa che mi inchioda davanti allo schermo a fissare due uomini in gabbia che si pestano è la sua assoluta freddezza. O’Malley non sente alcuna tensione. E, se guardi uno di quei video che mostrano la sintesi di tutti i suoi combattimenti, ti accorgi che è così dall’esordio.
I pochi incontri che ho fatto mi hanno insegnato che, quando stai per combattere, sei tesissimo. Hai un solo scopo: devi sconfiggere il tuo avversario nel rispetto delle regole che ti sono state date. E dentro senti tutto: la paura, la tensione, la vergogna… O’Malley si muove sul ring come se stesse spingendo il carrello nella corsia dei biscotti del supermercato sotto casa. Ci sono momenti in cui hai la sensazione che i suoi avversari siano figuranti messi lì per farlo giocare.
Nella stessa serata, ci sarà anche l’esordio UFC di Michael Venom Page. Lo so, ti stai chiedendo cos’è UFC. La sigla sta per Ultimate Fighting Championship ed è la più importante organizzazione di MMA al mondo. Micheal Page è un inglese tanto sbruffone e insopportabile quanto tecnicamente mostruoso. Il suo problema principale è che ha combattuto finora per un’organizzazione che si chiama Bellator e arriva a picchiarsi con quelli che giocano dove gira più grana a 37 anni. Ma mica bisogna essere per forza i campioni del mondo per fare incontri divertenti.
Per esempio il messicano Yair Rodriguez detto Pantera. Elegantissimo e incredibilmente rispettoso. Uno che ti viene da volergli bene anche per come abbraccia il suo avversario e per i post che fa su Instagram il giorno dopo aver perso. Ventiquattro incontri: diciannove vittorie (tredici prima della conclusione), quattro sconfitte e uno annullato (per il solito pollice nell’occhio).
Rodriguez si batte il 24 febbraio, per la seconda volta, con Brian Ortega.
Ecco: ora sai cosa faccio nel segreto della mia stanzetta quando, da fuori, senti che sto guardando video nei quali due corpi, spesso avvinghiati, ansimano e fanno versi gutturali.
Scrive e parla, da almeno un quarto di secolo e quasi mai a sproposito, di fumetto e illustrazione . Ha imparato a districarsi nella vita, a colpi di karate, crescendo al Lazzaretto di Senago. Nonostante non viva più al Lazzaretto ha mantenuto il pessimo carattere e frequenta ancora gente poco raccomandabile, tipo Boris, con il quale, dopo una serata di quelle che non ti ricordi come sono cominciate, ha deciso di prendersi cura di (Quasi).