Franco Matticchio a Cremona

Lella Parmigiani | post-it |

Mi aggiro infreddolita per Cremona attendendo l’orario di apertura della mostra “Vietato l’ingresso” di Franco Matticchio a fianco del Museo del Violino.
Conosco quell’edificio razionalista a mattoni pieni rossi (Cremona ti avvolge nel calore dei suoi muri rossi), contiene anche l’Auditorium Giovanni Arvedi, un sofisticato progetto e un’eccellenza di ingegneria acustica realizzato una decina di anni fa; un volume immersivo che avvolge il  palco centrale e il pubblico, circondandoli con pareti curve che si inseguono, fatte di un particolare cedro giallo d’Alaska, a creare una  scultura che suggerisce il propagarsi delle onde e denota una sensibilità nella  ricerca e nell’uso del  legno  che ricorda quella dei maestri liutai.
Conosco quell’auditorium (e ti consiglio di frequentarlo) perché lì si svolge un importante festival: il Cremona jazz.
Quest’anno inizia il 2 maggio con una star della vocalità statunitense, Dee Dee Bridgewater. Poi James Senese, John Patitucci  con Joey Calderazzo e Dave Weckl, altra star internazionale, bassista e contrabbassista jazz tra i migliori, Enrico Pieranunzi e in chiusura la bellissima voce di Simona Molinari.
Credimi, l’ascolto in questo auditorium è un’esperienza totalizzante.

Sono le undici, apre la mostra. Ora pure piove e sono fradicia, mi ci butto a capofitto.
Matticchio è Matticchio, parlano le sue opere.
Ho provato a chiedergli un’intervista per (Quasi), la rivista che non legge nessunə, mesi fa, in occasione di un’altra sua bellissima mostra ma é veramente schivo.
Cortese e riservato si è velocemente ritratto, sorridendo, gentile e inamovibile, mi ha risposto che i suoi disegni parlano per lui e di lui.

Questa retrospettiva è l’occasione per approfondire.

Partendo da due ritratti giovanili di Bob Dylan che ti lasciano senza fiato per il virtuosismo, la mostra raccoglie illustrazioni e lavori editoriali dall’inizio della sua carriera, copertine di libri e riviste, fumetti, illustrazioni per riviste e quotidiani   famosi, per eventi, manifesti, rebus e tanto altro, compresa la sigla realizzata per i titoli di testa del film Il mostro di Roberto Benigni.

Eclettico e raffinato, al di là dell’apparente semplicità e giocosità dei suoi lavori, lascia a te la scoperta del retrogusto ricchissimo.
«Ritengo un disegno riuscito, quando di esso si possono dare molteplici interpretazioni, quando è stimolante e offre spunti di riflessione». E ancora, «Spero ogni volta che i miei disegni non li capiscano», oppure, «Amo l’ambiguità, se una  cosa diventa troppo chiara, perde fascino».

Matticchio, lontano da ogni moda, con uno stile personalissimo, inconfondibile e un tratto magistrale, si cela.
Gioca con paradossi, ovvietà e contraddizioni, nasconde amarezza, spietatezza, malinconia, arguzia, sapere.
Facile cadere in contemplazione del tratto incrociato ma nulla è un caso.

Scoprilo in questa mostra visitabile fino al 9 giugno.

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(Quasi)