Il Saraceno vince (Quasi) un premio

Boris e Paolo | Pantomime del Calisota |

0. Premessa

È stato un fine settimana complicato. Dopo la pubblicazione dell’articolo di Francesco Pelosi, “BACGLSP: Il fumetto, quello vero, Paolo Bacilieri”, abbiamo ricevuto messaggi dai canali più disparati. Tagliando con il coltellaccio, come si fa con il salame a grana grossa, si ottengono due fette di pareri distinti. La prima racchiude chi afferma – è sempre una semplificazione – «Meno male che c’è Pelosi, sennò (Quasi) non si accorgeva di Bacilieri!»; la seconda chi dice «Che porcata! Prima date un premio e poi lo depotenziate sparpagliandolo altrove!».,
Mentre cerchiamo di sopravvivere a questo uso sconsiderato di punti esclamativi, ci accorgiamo di non essere stati sufficientemente chiari. Dobbiamo porre rimedio. Anche perché riecheggia nell’aria la fatidica domanda: «E dov’è la linea editoriale?»
C’è. È sempre la stessa. È sempre qui e ora.
Ma andiamo per gradi.

1. (Quasi)

Sfruculiando tra i podcast, abbiamo trovato un vecchio intervento di Umberto Eco. Si tratta di un’intervista fatta al vecchio professore da colleghi e studenti in occasione dei cinquant’anni di Apocalittici e integrati. Eco non è in gran forma durante quell’incontro: gli capita di dire banalità, alcune anche gravi. A un certo punto spara un giudizio durissimo e affettato. Parlando di riviste e critica militante, distrugge “I Quaderni Piacentini” con una frase: «Un ragnetto», dice, «fatto da quattro scalzacani in un paesotto marginale». Mentre immaginiamo che i «quattro scalzacani» siano Piergiorgio Bellocchio, Alfonso Berardinelli, Grazia Cherchi e Goffredo Fofi, dentro sentiamo il ribollire di un clamoroso “Vaffanculo”. C’è da chiedersi perché un intellettuale di quella levatura, noto per i suoi meriti in tutto il mondo, uno scrittore vendutissimo, uno studioso seminale, un conferenziere di fama transnazionale, senta il dovere di stroncare una rivista che, per quanto importante, possiamo definire, senza troppo esagerare, invisibile, una “rivista che non legge nessunə”.
È chiaro: siamo di fronte a un regolamento di conticini che non tornano e di cui non sappiamo nulla. Però non basta. Perché Eco, che non ha mai fatto riviste (ma ha sempre dichiarato di amarle), mette a segno il suo sarcasmo colpendo proprio quella testata?
Ci piace darci la solita risposta. Perché una rivista, quando vuole assolvere alla sua funzione, è un punto di vista sul mondo. E, per essere un punto di vista, deve esprimere una lettura della società che la esprime che, per quanto articolata, cerca di essere coerente.

La sfida di (Quasi) è essere coerente, mentre si aggroviglia lo gnommero, nel tentativo di chiudere strani anelli, mettendo in scena bagatelle e pantomime.
Questa rivista nasce dal confronto lucidissimo tra noi due, Boris e Paolo, e con tutte le persone che fanno la rivista con noi.  Siamo assolutamente consapevoli della responsabilità che ci scarica addosso la scritta che leggi sulla copertina di ogni numero e in cima a ogni pagina: «a cura di Boris Battaglia e Paolo Interdonato». Tutto quello che leggi qua sopra è stato chiesto, stimolato, scelto, discusso o accettato da noi due. Gli scalzacani che fanno (Quasi), in un paesotto marginale come l’Italia, sono solo due.

Succede che i temi periodici di questa rivista vengano discussi con le persone che partecipano alla redazione. Succede che vengano addirittura proposti da quelle persone. Non ci dispiace neanche se l’editoriale esce con una firma diversa dalla nostra. Fare la rivista significa dettare le linee guida, mica avere il controllo assoluto e vincolante su ciascun articolo. Il dissenso ci piace molto. Le voci che ci danno torto e che discutono con noi ci danno piacere. Figurati che, addirittura, passiamo la maggior parte del nostro tempo a essere in disaccordo tra noi due. Speriamo di cambiare idea nel confronto. E di farlo continuamente. Siamo fallibili e fallibilisti, anche quando mostriamo la più grande sicurezza.

Decidendo di dare (Quasi) un premio, noi due abbiamo scelto di uscire dalle logiche di valutazione delle buone ragioni che giustificano qualsiasi premio letterario, abbiamo deciso di fare un discorso unicamente di bellezza. Abbiamo deciso di premiare dei fumetti e non degli autori, non degli editori, non dei formati, non dei generi, non dei pubblici, non delle categorie sociali. Siccome la redazione ha ricevuto la lista dei premi, senza avere alcun diritto di veto o di voto, ci è piaciuto emergessero subito i dissensi. E, a quei dissensi, vogliamo dare voce. Non c’è stata alcuna discussione tra giurati chiusi in una stanza per decidere quale titolo premiare. Noi due abbiamo chiacchierato quotidianamente di tutto, anche dei fumetti che leggiamo, raggiungendo delle posizioni prossime a un accordo. Il discorso sull’opportunità dei premi con la redazione sta sviluppandosi solo ora, dopo che sono stati assegnati, alla luce del giorno. E mostra i paradossi di ogni premio. Anche quando non lo è ancora, o lo è (Quasi).

(Quasi) un premio è dato unicamente da Boris e Paolo. Il saraceno di Vincenzo Filosa ha vinto (Quasi) un premio.

2. un      

Un solo vincitore significa che tutti gli altri non lo sono. È facile. E, siccome siamo meno cialtroni di quanto sembrerebbe, di domande ce ne siamo fatte molte. Benché il 2023 sia stato un anno fitto di fumetti importanti, non è stato difficile scegliere il vincitore. Il saraceno di Filosa svetta. I motivi della nostra preferenza li abbiamo raccontati nel dettagli in due articoli: “Gli anni di apprendistato di Italo Filone” di Boris e “Il Saraceno di Vincenzo Filosa: tutto per iscritto” di Paolo

Vogliamo ora che tu sappia i motivi delle esclusioni degli altri titoli che ci sono parsi molto importanti, fino ad arrivare a dire anche delle menzioni.

Stacy di Gipi: siccome se ne è parlato molto, ci sentiamo in dovere di dichiarare che non ci è piaciuto. Ma per niente proprio, eh.

I fumetti belli, ma non abbastanza da scatenare un confronto tra noi due sono Nato in Iran di Majid Bita, Comfortless di Miguel Vila e I giorni così di Claudio Calia.

I misteri dell’Oceano Intergalattico di Francesca Ghermandi è un libro importante perché segna il ritorno di un’autrice che credevamo non volesse più fare fumetti. Non è il punto più alto della sua produzione. Sta lì a dirci che Ghermandi può fare ancora fumetti e darci piacere. (Quasi) un premio è un premio a un fumetto, non alla persona che lo ha fatto o alla sua carriera.

BACGLSP (Basta A Ciascun Giorno La Sua Pena) di Paolo Bacilieri ci piace, ma non ci fa gridare al miracolo. La traiettoria artistica di Bacilieri è straordinaria. Dai primi lavori a Palla ha costruito un mondo di visioni e racconto personalissimo, disseminando il piano del suo gioco con tutti i temi, gli stilemi, le ossessioni che lo caratterizzano. Ci sembra che, da qualche anno, Bacilieri sia prigioniero del suo tavolo da gioco e non riesca a cambiarne le regole. BACGLSP è un bel fumetto, ma non sta modificando in alcun modo quello che sappiamo dell’autore e del suo mezzo espressivo. Facendo i dovuti distinguo, Cronosisma è un grande romanzo, ma, se hai già letto tutto Kurt Vonnegut, godi della comodità e della consolazione della confortevole poltrona calda fatta di Mattatoio 5. Aspettiamo che riprenda la ricerca, sperando che smetta l’ecolalia adorante che lo circonda e lo indica come latore del genio e del “vero fumetto”.

Coccodrilli squisiti di Ivan Hurricane non è un fumetto. O per lo meno, non lo è se ci muoviamo nell’ossessione definitoria che ci accompagna sempre. Quello di Hurricane è un libro “mix&match” che consente la costruzione di un numero indefinito di surrealisti con biografie cangianti. Ha scelte estetiche e narrative che confutano tutto quello che sappiamo dei libri “mix&match” e questo ci esalta. Poi è proprio un libro sbagliato dal punto di vista cartotecnico: l’editore ha costruito un oggetto sgangherato le cui pagine cadono male. Lo amiamo lo stesso e lo menzioniamo.

Transformer di Nicoz: Vorremmo parlartene a lungo. Un fumetto importante e bellissimo pieno di racconto e di vita. Ogni vignetta di quella storia, ogni singolo disegno, contiene così tante invenzioni e indizi da far girare la testa. Tra le cose che ci hanno fatto stare davvero bene nel corso del 2023.

Dove c’è più luce di Sualzo è un distillato di intelligenza. Un fumetto perfetto in cui non c’è un solo elemento fuori posto, nessuna ridondanza. Tutto quello che Sualzo ha deciso di disegnare (o di omettere) ha un senso narrativo. È un libro doloroso, anche, con un fondo di speranza.

Abbiamo deciso di premiare Il saraceno, preferendolo a Transformer e a Dove c’è più luce, perché abbiamo fatto i conti con la quantità di emozioni che ci ha rovesciato dentro. Quella lettura non è stata fluida: in più occasioni abbiamo dovuto appoggiare il libro per riprendere fiato, per smettere di essere incazzati con Italo Filone, per smettere di sentire il desiderio di abbracciarlo.

3. premio

In un anno durante il quale sono usciti Il saraceno, Transformer e Dove c’è più luce, i premi maggiori del fumetto in Italia vanno a opere minori di autori consolidati.
Pare quasi che sia impossibile attribuire un premio (anche un premio senza regolamento, nomination, trasparenza negli attributi, giuria e addirittura premio) a un’opera. Il premio è qualcosa che deve essere dato a chi lo ha fatto.

(Quasi) un premio è dato, a insindacabile giudizio di Boris e Paolo, a un fumetto. Chi lo ha fatto ci interessa molto, in particolar modo se ci concede un’intervista e ci permette di chiedere cose intorno al processo di realizzazione. In nessun momento costruiremmo un altare al valore autoriale di chi fa fumetti. Al punto che gli autori non li dobbiamo nemmeno incontrare per consegnare loro un premio che non c’è.

(Quasi) un premio si può consumare benissimo in contumacia.

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(Quasi)