Non è successo niente.
Così recitava il titolo di un brutto romanzo (che però raccontava una verità che non si può dire apertamente) di Tiziano Sclavi.
Sfoglio il catalogo delle uscite del mese e non sento il bisogno o la voglia di segnalarti alcunché. Mi sento completamente inadeguato a fare promozione della lettura. L’editore Claudio – sempre così attento a non mostrare ingerenze nella gestione di (Quasi), anche perché sa che basta un niente per scatenare un tafferuglio capace di diventare rissa – ha chiesto, in modo assai civile, che ci fosse questo momento mensile. Mentre Boris faceva finta di non capire la richiesta, mi sono offerto di redigere la lista della spesa. Volevo che fosse una cosa diversa da quelle proposte dagli altri siti, ma è proprio difficile muoversi in quel formato facendo una cosa che non si discosti dalle altre se non per lessico e registro linguistico.
Nei cataloghi di giugno ci sono un po’ di cose che suggerirei in automatico: soprattutto robe uscite in originale un bel po’ di tempo fa.
Ma segnalarti l’uscita di una cosa vecchia di, che ne so, Richard Corben serve veramente a poco. Probabilmente, se leggi (Quasi), ami Corben e quella roba ce l’hai da anni in un’altra lingua.
Sarebbe bello dirti dei manga più interessanti in uscita (che per me possono essere nuovi e inattesi), ma sono moltitudini e quasi tutti brutti e imitativi: per capire se mi piacciono davvero non mi basta guardare la copertina e le sei righe di presentazione editoriale; devo sfogliarli (sono un anziano signore, abituato a guardare le cose di cui parlo).
Però questo spazio deve esserci anche se Non è successo niente.
Tra le cose che voglio amare c’è il libro nuovo di Giacomo Nanni, Un giorno, la sera. Sì, lo so: è uscito qualche giorno fa e, siccome non so leggere i cataloghi, me lo sono lisciato, Ho amato molti lavori di Nanni. Atto di Dio è un fumetto straordinario. Il successivo Tutto è vero mi è parso un ridondante riuso della medesima strategia narrativa. Spero di ritrovare lo stupore in questo nuovo fumetto.
Purtroppo la presentazione di Rulez, l’editore, è veramente loffa e piena di concetti appiccicosetti. Speriamo bene.
«Un giorno, la sera è il racconto per immagini e parole di un ragazzo di ventitré anni che vive con un croissant al giorno. In attesa di risolvere e migliorare la propria condizione, nell’arco di tre giornate, va avanti trascinato da ossessioni e ricordi in un flusso di coscienza poetico e delirante che lo accompagna nel suo vagabondare per le strade di Parigi. La storia si svolge in un monologo interiore caratterizzato da due flashback, in cui i pensieri s’intrecciano a pochi, perturbanti, incontri casuali e un disagio che si fa sempre più avvincente. L’autore realizza uno straordinario affresco di precariato economico, sociale e sentimentale attraverso un’estetica narrativa ipnotica.»
Il 18 giugno, per Fantagraphics, esce The Lost Worlds of George Metzger, curato dal solito espertissimo di fumetto underground Patrick Rosencranz. Non sai chi è George Metzger? Beh… neppure io. Affascinato da quella copertina, ho dato un’occhiata in rete e ho trovato pagine bellissime. La nota di presentazione del libro (tradotta don DeepL, che è bravo e veloce) recita così:
«I fumetti di George Metzger si distinguono per l’accattivante combinazione di high fantasy e fantascienza, per le sue visioni sorprendentemente preveggenti del cambiamento climatico e della politica e, proprio quando serve, per il giusto tocco di capriccio e intuizione immaginativa. Esplorate un paesaggio feudale a bordo di rombanti veicoli a vapore, mentre il misterioso Moondog offre speranza a una civiltà decaduta e desiderosa di rinascere. Volate e libratevi nei cieli in anacronistici dirigibili e personal flyer a Mu, la terra che non c’è mai stata. Fate l’autostop lontano dal caos urbano e tornate alla natura facendo l’agricoltore con gli hippy…. È tutto in questa antologia delle più iconiche (e idiosincratiche) creazioni a fumetti di George Metzger, comprese due storie mai viste prima, riscoperte dopo essere scomparse per decenni! George Metzger ha iniziato a pubblicare le sue favole ammonitrici di utopie, apocalissi e sconvolgimenti climatici nelle fanzine nel 1966 e presto è apparso in pubblicazioni underground fondamentali come Yellow Dog e Gothic Blimp Works. Il suo primo fumetto da solista, Moondog (1969), lo consacra come un vero visionario del fumetto. Seguono altri numeri di Moondog e il lancio di Truckin’, una serie che celebra la vita on the road. Nel 1978 pubblica Mu: The Land That Never Was, la sua epopea sul destino di un continente perduto. Ha contribuito con altri racconti di meraviglia e capriccio a numerose pubblicazioni, tra cui Heavy Metal. Nel 2016, Fantagraphics Books ha ripubblicato il suo romanzo grafico pionieristico, Beyond Time and Again. Continua a scrivere e disegnare dalla sua casa nella British Columbia. 320 pagine a colori e in bianco e nero in brossura.»
Alla fine di maggio in francese e da qualche parte in giungo in inglese esce Bande dessinée: 1964-2024, catalogo della mostra che tutti vorremmo vedere al Centre Pompidou, se non fosse che quest’estate un evento sportivo internazionale qualunque sta rendendo difficile l’accesso a Parigi. È curato da Thierry Greonstee, Emmanuelle Payen, Anne Lemonnier e Lucas Hureau. L’editore (che è proprio il Centre Pompidou) lo descrive così (ho usato ancora una volta e impunemente la versione gratuita di DeepL):
«La mostra “Comics (1964-2024)” accompagna i visitatori in un viaggio attraverso la storia moderna e contemporanea del fumetto, riunendo per la prima volta in Francia le sue tre principali fonti di espressione: il fumetto europeo, il manga asiatico e il fumetto americano. Attraverso dodici temi e un gioco di echi inaspettati tra gli autori, evoca il mondo immaginario dei fumetti, le emozioni che suscitano e la diversità delle tecniche utilizzate. Avventura, sogno, risate, fantascienza, architettura e storie intime sono solo alcuni dei temi esplorati. Tra il centinaio di figure chiave presenti, un’attenzione particolare è riservata alle donne. Il catalogo riproduce tavole originali, disegni di copertina, taccuini e documentazione, evidenziando la bellezza del tratto e la varietà delle tecniche utilizzate, il più vicino possibile al processo creativo. Tutti i testi sono pensati per offrire un approccio accessibile e ambizioso a un argomento vasto e affascinante come la Nona arte. Tra questi, un’intervista tra Joe Sacco e il critico Paul Gravett e un saggio di Tristan Garcia dal titolo “Fumetto e letteratura: arti sorelle”.»
Ancora in giugno e ancora per Fantagraphics esce Kate Carew: America’s First Great Woman Cartoonist, scritto da Eddie Campbell. Ecco la scheda:
«Il pluripremiato fumettista Eddie Campbell scrive la prima ampia biografia critica di questa artista pioniera. Kate Carew è stata la prima grande fumettista donna d’America, disegnando per i giornali nei primi due decenni del XX secolo. Disegnò fumetti domenicali a colori al fianco di George Herriman, ma fu nell’idioma della caricatura indipendente che lasciò il segno. Intervistò e disegnò molte delle celebrità del suo tempo, tra cui i fratelli Wright, che costruirono e fecero volare il primo aereo di successo al mondo; Marconi, che inventò la radio senza fili; Picasso, il pittore più famoso del XX secolo; il campione mondiale di pugilato afroamericano dei pesi massimi Jack Johnson; e le figure di spicco del movimento delle suffragette negli anni che precedettero la conquista del diritto di voto per le donne nel Regno Unito (1918) e negli Stati Uniti (1920). Il suo risultato più accattivante è stato il suo alter ego a fumetti “Zia Kate”, che ha disegnato nel corso del libro, trasformando il reportage grafico nella sua avventura personale da San Francisco e New York a Londra e Parigi. Scritto e disegnato dal pluripremiato artista Eddie Campbell insieme alla nipote di Carew, Christine Chambers, questo libro è una biografia approfondita e ben studiata, nonché un sorprendente archivio di vignette e illustrazioni di Carew.»
E poi c’è un fumetto che mi incuriosisce molto: Eventually Everything Connects: Eight Essays on Uncertainty di Sarah Firth. Leggi un po’ come lo presenta l’editore:
«“Ti lascia con un profondo apprezzamento di quanto sia strano essere vivi,”
–Jessica Abel, autrice di Growing Gills: How to Find Creative Focus When You’re Drowning in Your Daily Life
Gioiose riflessioni sul significativo e sul mondano per tempi difficili.
Nel suo romanzo grafico d’esordio, Sarah Firth riflette su alcune delle domande filosofiche più profonde della vita: Perché siamo qui? Come possiamo andare d’accordo gli uni con gli altri? Cosa ci fa quella lumaca nel lavandino del mio bagno?
Dai sogni a occhi aperti e dai meme della cultura pop agli insegnamenti della scienza, della filosofia e della storia, Firth intreccia un mix di idee grandiose e sciocche basate sulla sua esperienza personale, tutte messe insieme con un’energia unica, una curiosità e un umorismo senza limiti e disegni colorati, dettagliati e cinetici. Attraverso otto saggi visivi autobiografici, Firth esplora come vivere meglio nel mondo moderno; come essere più compassionevoli verso se stessi, gli altri e il pianeta; e come tutto, alla fine, sia collegato.
Onesto, profondo e profano, Alla fine tutto si collega è un libro che incoraggia la vita sulle gioie e i dolori di vivere in un mondo ipercomplesso e incerto.»
Astiberri ha proprio un bel catalogo. Succede spesso che mi accorga di autori e fumetti da varie parti del mondo solo dopo la loro pubblicazione. Succede anche in questi giorni con Los evaporados di Isao Moutte, autore franco-giapponese che ha pubblicato lo scorso anno questo fumetto in francese. Ecco la presentazione:
«In Giappone, quando qualcuno scompare, si dice semplicemente che è scomparso. Nessuno lo cerca: né la polizia, perché non c’è reato, né la famiglia, per il disonore che ne deriva. Quella sera Kaze se ne va senza dare spiegazioni, ma perché un impiegato modello come lui dovrebbe sparire? La figlia, che vive da anni in Francia, vola a Tokyo alla ricerca del padre.
Il giovane fumettista franco-giapponese Isao Moutte adatta il romanzo di Thomas B. Reverdy in un fumetto. Reverdy, autore di opere pluripremiate come L’inverno del malcontento, in questo caso affronta un tema tanto sorprendente quanto affascinante: le sparizioni volontarie, un fenomeno che ogni anno colpisce più di 80.000 persone in Giappone. Gli “evaporati”, o Johatsu, decidono di cambiare identità e sparire, spesso a causa della vergogna del fallimento che prevale nella società giapponese.
A metà strada tra la graphic novel occidentale e il manga dell’autore, Gli evaporati è un magnetico thriller sociologico, in sobrio bianco e nero, con la catastrofe nucleare di Fukushima come sfondo.»
Scrive e parla, da almeno un quarto di secolo e quasi mai a sproposito, di fumetto e illustrazione . Ha imparato a districarsi nella vita, a colpi di karate, crescendo al Lazzaretto di Senago. Nonostante non viva più al Lazzaretto ha mantenuto il pessimo carattere e frequenta ancora gente poco raccomandabile, tipo Boris, con il quale, dopo una serata di quelle che non ti ricordi come sono cominciate, ha deciso di prendersi cura di (Quasi).