F. 2 – Un po’ sottotono

Alessandro Lise | Leggere Rusty Brown |

Una descrizione di pagina 21

Vignetta 1

Inizia una nuova scena. Rusty entra a scuola: lo vediamo aprire il pesante portone d’ingresso; poi un rapido controcampo ed è dentro; nella terza vignetta torna la solita inquadratura a figura intera, piatta: Rusty cammina lungo il corridoio, verso la classe, ha in bocca la punta del guanto destro per sfilarselo.

Fin qui tutto bene: nella prima striscia della pagina Ware dispone il contesto e riprende a mostrarci i pensieri di Rusty quasi da dove li aveva abbandonati: per prima cosa Rusty pensa all’incidente appena evitato, poi fa un riferimento a un odore schifoso presente a scuola (che odore? da dove proviene? non lo sapremo mai, ma questa indicazione servirà nella pagina successiva, teniamola a mente), infine si concentra sulla propria identità segreta: deve correre in classe a progettare il costume, ma soprattutto deve scegliersi un nome da battaglia. Rusty fa tre ipotesi “L’Ascoltatore”, “Uomo-orecchio” o “L’Orecchio” (The Ear, immagino, in originale), ma boccia quest’ultimo perché gli sembra – per motivi che non mi sono del tutto chiari – un nome da cattivo.

Oh oh

Andiamo a capo. La quarta vignetta è un’assonometria identica a quella di vignetta uno: e anche qui, sul fondo, c’è una porta che si apre. Rusty, in primo piano, di spalle, osserva, immobile e ammutolito, l’arrivo di Jason Lint – il terzo protagonista del libro. Jason non verrà nominato fino a circa pagina cinquanta, ma lo vedremo agire: ne conosceremo le azioni e il carattere prima del nome. Rusty, finendo la frase precedente con la parola “cattivo”, l’ha evocato: e chissà che anche l’odore schifoso non sia una sua manifestazione.

Vignetta 3

Nel passaggio dalla terza alla quarta vignetta Ware gioca con i colori: se nella terza vignetta la porta accanto a Rusty è azzurra, dalla vignetta successiva le porte accanto a lui saranno nere: ed è azzurra la porta da cui entrano i due bulli. La scelta ha a che fare con la leggibilità, visto che anche la giacca di Rusty e azzurra, ma Ware ottiene, in questo passaggio, anche un effetto di continuità molto forte e, allo stesso tempo (ma forse sto iperinterpretando), una sorta di vertigine, non troppo differente da quella che ottiene Hitchcock nelle scene de La donna che visse due volte dove la telecamera arretra sul carrello e contemporaneamente zooma in avanti.

Rusty cerca di nascondersi dietro alla fontanella, ma è impossibile e viene scoperto subito. L’inizio della scena è quindi impostata: abbiamo il contesto e l’incidente (l’incontro con i bulli, il guanto sfilato e tenuto in bocca); abbiamo una tensione che sale, perché per la prima volta, dall’inizio del libro, abbiamo la percezione netta che stia per accadere qualcosa: e questa percezione ci è data senz’altro dai dialoghi (Rusty che ha paura che lo vedano; i bulli che già lo prendono in giro), ma anche dalle inquadrature: man mano che scorriamo le vignette, la figura di Rusty si fa sempre più grande e vicina al lettore. La tavola finisce con un primo piano di Rusty, impietrito, il guanto tenuto con gli incisivi, lo sguardo perso di chi pensa che se non guarda non verrà visto, e la voce fuori campo dei bulli che dicono “È quella checca ciotta di Crusty Brownoff” (con una bizzarra scelta lessicale da parte del traduttore, quel “ciotta” che non riesco a capire bene cosa significhi: cicciotta? cionca? massiccia?).

Ti è piaciuto? Condividi questo articolo con qualcun* a cui vuoi bene:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

(Quasi)