Proviamo ad analizzare i dialoghi di pagina 23, o meglio, il monologo di Jason Lint. Non vediamo mai Jason in faccia, è sempre lontano, oppure, se vicino, ne vediamo una mano e i capelli. L’inquadratura dall’alto, così insistita, mette in evidenza una sorta di pudore nel raccontare la vicenda, una distanza che permette a Ware di concentrarsi sulla reazione di Rusty, piuttosto che sulla violenza in sé; ma anche ci racconta, forse, una paura che è senza volto, meno definita, più normale, e quindi più inquietante. E infinte: è anche un tentativo di Rusty di allontanarsi da sé stesso. Non è un caso che, nella pagina successiva, quando Lint parla al professore l’inquadratura sia frontale, mentre si torna all’assonometria quando qualcuno si rivolge a Rusty: l’inquadratura è quasi una focalizzazione.
Lint e il suo compare si avvicinano a Rusty, ma non lo toccano, non lo spintonano né lo malmenano: restano a distanza di sicurezza. Da un metro circa, Lint inizia a insultare Rusty. Anche il suo compare vorrebbe intervenire – probabilmente a causa della pausa di silenzio – ma Lint gli parla sopra e insiste. Alla quinta vignetta entra nel discorso il campo semantico della “cacata”.
Nella pagina precedente avevamo visto Rusty pensare che c’era un odore terribile: adesso qui, in questa vignetta, l’odore agisce sulla scena, ma non viene tematizzato subito, dobbiamo aspettare ancora due vignette prima che Lint parli del “tanfo”. In qualche modo, la vista – vedere Rusty – ha più forza rispetto all’odore – ed è chiaro che è anche un elemento meta, il lettore non sente alcuna puzza: la puzza va “letta” nei dialoghi, se no non esiste.
L’accenno all’odore da parte Rusty nella pagina precedente ci assicura che l’odore c’è e che non è solo un’invenzione di Lint: Ware ci fa vedere il processo creativo alla base degli insulti del ragazzo, elaborati, quindi, a partire da un canovaccio di base molto semplice (la checca, la merda, le croste) agganciato a quel che gli accade attorno: non sono insulti solo generici, ma legati al mondo. E quindi la puzza (del mondo) richiama la merda (dell’insulto), e il nome di Rusty diventa prima Crusty e poi direttamente le croste.
A quel punto, al picco dell’“invenzione” linguistica di Lint, Rusty, che ha già iniziato a tirare su con il naso, e cerca di non guardare i due ragazzi nel tentativo di rendersi invisibile, fa cadere il guanto che teneva in bocca e osserva Lint che ci scatarra dentro. Le onomatopee sono evidenziate in rosso, per dare un impatto più forte allo sputo e per staccare il verso dal testo: in più, naturalmente, il rosso è lo stesso rosso del guanto.
Tra le altre cose, ha pubblicato “Un diario pressappoco” (con lo pseudonimo brèkane, RGB, 2007), e, insieme con Alberto Talami, i volumi a fumetti “Quasi quasi mi sbattezzo” (Beccogiallo, 2009), Morte ai cavalli di Bladder Town (Autoproduzione, 2010, premio Nuove Strade al Comicon di Napoli, 2011), “Il futuro è un morbo oscuro, dottor Zurich!” (BeccoGiallo, 2018, premio Miglior Sceneggiatura al Comicon di Napoli, 2019) e Jungle Justice (Coconino Press, 2022).