I, I will be king
“Heroes” David Bowie
And you, you will be queen
Though nothing will drive them away
We can beat them, just for one day
We can be Heroes, just for one day
La produzione culturale legata al mondo del “fantastico” per come l’abbiamo descritta all’inizio di questo nostro racconto (leggi qui) subisce, tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta a causa dello sviluppo del web e dell’affermarsi delle nuove tecnologie, un radicale cambiamento.
Il futuro è arrivato, o almeno la sua parte tecnologica; cinema e letteratura ne sono invase, una deflagrazione che riguarderà anche il mondo del fumetto ma travolgerà e trasformerà completamente il mondo dei giochi da tavolo, imponendo la svolta e la pratica di massa e popolare della produzione videoludica.
E’ il 1987, e credimi, l’immaginario legato al “fantastico”, soprattutto se hai 14 anni, straborda ogni limite in ogni ambito, contaminando piani e strumenti espressivi e culturali tra loro contigui e lontani; giochi, fumetti, libri-game, televisione, cartoni animati, film, letteratura, musica e arte. Ogni contenuto, ogni produzione si alimenta alla stessa fonte e c’è sempre un rimando continuo, anche se ne cambiano le declinazioni e i modi, all’uso di forme e figure che da essa scaturiscono.
Per questo concluderò questa parte del nostro percorso, parlandoti di due giochi, uno più seminale ma a suo modo iconico, Chainsaw Warrior, e l’altro una pietra miliare e capostipite del genere dungeon crawler, HeroQuest, che a loro modo esprimono e racchiudono lo “spirito dei tempi”.
Se pur differenti, nello stile, nelle meccaniche, nella diffusione e nell’impatto sulla cultura pop i due giochi sono emblematici per molti motivi, compreso – per quanto ci riguarda – l’uso che fanno del fumetto come parte integrante e funzionale del loro sistema. Ma andiamo con ordine e cominciamo a esaminare il primo:
Chainsaw Warrior è un gioco da tavolo per un singolo giocatore progettato da Stephen Hand e pubblicato nel 1987. Ne verrà tratto quasi subito un videogioco, per altro ancora disponibile sulle varie piattaforme.
Vediamone le meccaniche: lo stile di gioco mescola molto dei libri game e dei giochi di ruolo. Si comincia creando una scheda personaggio i cui valori vengono generati con il tiro dei dadi e segnandoli sui relativi tracciati della plancia. Si utilizzano poi i punti equipaggiamento per acquisire armi e attrezzature secondo le indicazioni delle carte pescate dai relativi mazzi mischiati e coperti. La plancia presenta due elementi fondamentali: un tracciato tempo, fatto di caselle dal valore di 30 secondi per un totale di un’ora e due mazzi “stanza”.
Il giocatore ha sessanta minuti per aggirarsi nel labirinto di una baraccopoli urbana (che evoca una New York abbandonata e contaminata) rappresentata da due mazzi di carte, con lo scopo di individuare e uccidere Darkness (Oscurità), l’entità che, lentamente, sta distruggendo la città.
Questa New York tramutata in baraccopoli contiene pericoli quali zombie, mutanti e altre creature sotto il controllo dell’Oscurità, che tenteranno di uccidere il giocatore o rallentarlo. Il fallimento nell’ uccisione di Oscurità, sia per esaurimento del tempo, sia per le ferite o perché intossicato e contaminato dal veleno degli zombie o dalle radiazioni, si traduce nella sconfitta del giocatore.
Come abbiamo visto all’inizio del gioco, il giocatore si equipaggia con un assortimento casuale di armi e oggetti (che possono includere l’omonima motosega) ma deve assolutamente recuperare un oggetto critico chiamato Lancia Laser, che è l’unica arma in grado di distruggere l’Oscurità.
Nel caso di perdita della Lancia Laser o di esaurimento delle sue munizioni, il giocatore deve lasciare i bassifondi per una sostituzione, subendo una penalità di tempo; i combattimenti si risolvono sia per il corpo a corpo sia a distanza, con il lancio dei dadi. Vince il giocatore se il suo punteggio e pari o superiore a quello dei nemici e delle avversità. Difficile uscirne vivi.
A questo punto ho due domande per te: come ci siamo finiti in questa storia? Ma soprattutto: non ti ricorda qualcosa?
Sì, ti ricordi bene. E’ un fumetto di sei fitte tavole che, raccontando un antefatto in un classico bianco e nero, introduce ambientazione e caratteristiche del nostro eroe, dettando l’artwork che segna il tratto distintivo di tutto il materiale del gioco. Le espansioni e le nuove storie che successivamente compariranno su “White Dwarf”, la rivista della Game Workshop, si avvarranno delle matite e degli inchiostri, tra gli altr,i di Brett Ewins e Philip Bond.
Il piano è ribaltato. Non si tratta più del soggetto di un fumetto adattato a una meccanica di gioco, ma è il fumetto stesso a diventare parte fondamentale dell’esperienza di gioco; cosa che accadrà, parzialmente, solo un’altra volta, in una edizione di Warhammer 40.000 (con un soggetto per altro già esplorato e non originale).
Un confine è stato spezzato. Altri ne seguono: come ti ho detto è il 1987 e quell’anno escono nei cinema Predator e LaCasa2 mentre la Capom invade le sale giochi con Street Fighter.
Motoseghe, solitari mercenari che combattono armati di arsenali micidiali contro oscuri demoni, guerrieri con grossi bicipiti e taglio a spazzola. In Street Fighter l’evoluzione definitiva del militare, un maggiore dei marines come in Predator, si compirà solo nel 1991 con il secondo atto, come per altri versi accadrà con la versione fantasy della saga di Sam Raimi, il più fumettaro dei registi, Army of Drakness, l’Armata delle Tenebre sempre ad inizio anni Novanta.
In Chainsaw Warrior appaiono ambientazioni ed elementi comuni e contigui a un immaginario diffuso: elementi che ritroviamo in 1999 fuga da New York, in Aliens, fino a Grosso guaio a Chinatown, uscito nei cinema solo un anno prima. John Carpenter, Sam Raimi, Ridley Scott e moti altri sono anche loro il portato di un muscoloso barbaro Cimmero, di una rivista visionaria come “2000AD” e tutto il resto di cui sappiamo, aggiunto qua e là a sentimento poi agitato mescolato e servito…
Se il cocktail ti è piaciuto aspetta di assaggiare il prossimo… quello che diventerà leggenda…
Alla prossima!
Il nome di battesimo è troppo lungo e complesso, l’ho abbreviato a Duccio ed è comunque complesso. Ho studiato per fare lo storico e non è andata, ho fatto il rivoluzionario e non è andata … in generale non è andata ma non mi arrendo: la vita è un gioco, l’unico che sai come finisce, quindi divertiamoci.