Cominciamo dalla fine: Rusty al suo banco, seduto. Ha appena scoperto di essersi portato Supergirl a scuola, dentro la tasca interna della giacca. L’aveva messa al sicuro a pagina 12, per spalare la neve, ma poi si era distratto. Adesso, invece di lasciarla nella giacca, l’ha nascosta sotto al banco (o dovremmo dire “dentro” al banco?). La scena si chiude con un formicolio del pisello che ha quasi l’aria della gag finale.
Se nelle due tavole precedenti Rusty era silenzioso (emetteva solo alcuni lamenti e versi), qui può riprendere fiato e ricomincia a pensare.
È come se Rusty potesse esprimere i suoi veri sentimenti (e quindi la rabbia) solo a distanza di sicurezza, una distanza fisica, lontano dai bulli, e anche una distanza temporale. Come abbiamo già visto, per Rusty il contatto con sé stesso è molto complicato: ogni volta che si avvicina a qualcosa di vero, di sincero, succede qualcos’altro (di interiore o di esteriore) che lo riporta a imbucarsi nel suo mondo e nella sua immaginazione. E così la presenza di Supergirl in classe cancella ogni traccia di ciò che è appena accaduto e trasporta Rusty in una dimensione erotica. Ma l’erotismo non è dato da Supergirl in quanto rappresentante del genere femminile: forse interpreto troppo, ma qui il formicolio al pisello di Rusty (una sorta di senso di ragno come quello di Spider-Man?) è dato da un lato dall’idea del proibito (se i suoi compagni lo scoprissero con un pupazzo “da femmina” sarebbe la fine; senza contare il rischio che l’action figure gli venga sequestrato dalla maestra), dall’altro dal potere che Rusty esercita sul pupazzo (Supergirl fa quello che dice lui, in un mondo in cui è sempre Rusty a fare quello che gli dicono gli altri: Supergirl è in sua balia, e, come vedremo, desidera esserlo).
Rimango sempre molto colpito dai dettagli che Ware inserisce con molta nonchalance all’interno delle vignette. In questo caso questo poster sulla parete dietro a Rusty mi ha incuriosito fin dalla prima lettura. Da dove viene, perché è lì? E perché Ware decide di inserirlo nella classe di Rusty?
L’originale, è con tutta probabilità questo. È parte di una campagna dell’American Cancer Society che tentava di demistificare l’immagine del fumatore come persona dotata di fascino. Forse la traduzione non rende perfettamente il significato del poster (il contrasto tra “Fumare è da signori” e l’immagine è molto meno forte ed evidente che “glamorous”). Ware inserisce il poster probabilmente perché è un ricordo personale, una di quelle immagini che ti rimangono impresse nella memoria proprio perché dissonanti; allo stesso tempo non è da scartare l’idea che ci sia un parallelo tra il poster (la “realtà” dell’immagine, l’inganno del testo: due visioni del mondo in contrasto), l’esperienza di Rusty e l’esperienza dei lettori.
Post veloce e un po’ raffazzonato perché è luglio, fa caldo, e sono al mare. Ma non posso non chiudere con l’action figure che probabilmente è il modello utilizzato (posseduto?) da Ware per il fumetto: la Supergirl Mego del 1974.
La settimana prossima si torna su Chalky.
Tra le altre cose, ha pubblicato “Un diario pressappoco” (con lo pseudonimo brèkane, RGB, 2007), e, insieme con Alberto Talami, i volumi a fumetti “Quasi quasi mi sbattezzo” (Beccogiallo, 2009), Morte ai cavalli di Bladder Town (Autoproduzione, 2010, premio Nuove Strade al Comicon di Napoli, 2011), “Il futuro è un morbo oscuro, dottor Zurich!” (BeccoGiallo, 2018, premio Miglior Sceneggiatura al Comicon di Napoli, 2019) e Jungle Justice (Coconino Press, 2022).