I fumetti hanno almeno una caratteristica in comune con i preti e le suore. Sono troppi.
Mica solo loro, eh. Tutto è troppo. Troppi film, troppe serie, troppe canzoni dell’estate, troppi romanzi (lì, anche se ce ne fosse solo uno, sarebbe un romanzo di troppo), troppi giochi, troppe app, troppi umani…
E questo ci porta a una situazione paradossale. Troppo diventa, con incredibile disinvoltura, senza.
Te la ricordi la legge di Sturgeon? Sì, lo so; l’ho citata così tante volte che adesso stai levando gli occhi al cielo. Lo faccio un’altra volta (e non ti assicuro che sarà l’ultima): «Il novanta per cento della fantascienza è spazzatura, ma in effetti il novanta per cento di tutto è spazzatura».
Theodore Sturgeon era uno scrittore eccellente inscritto a forza, per una questione di genere (“a genre trouble”, direi senza pudore) nell’alveo della fantascienza. Con quella frase, sicuramente, difendeva interessi privati e di consorteria, ma diceva anche una verità. Peccato fosse parziale. Una cosa che si è dimenticato di dire è che il dieci per cento di tutto che non è pattume mica è bello: è mediocre e accettabile. Il bello è bello perché è eccezionale. Incrociare, nel corso di una vita, il bello è sicuramente più probabile rispetto a essere colpiti da un fulmine o morsi da una vipera, ma mica così tanto.
Dove lo nascondi un ago? Ma va’! Se lo butti in un pagliaio, con una calamita, prima o poi lo trovo. Prova a nasconderlo in mezzo ad altri aghi.
In un mare di troppi fumetti, il dieci per cento di cose mediocri e accettabili non è poco: un sacco di narrazioni praticamente innocue cui appaltare la nostra attenzione. Il bello continua a essere una rarissima eccezione.
Perché ti faccio questo discorso da apocalittico alle soglie della terza età? È semplice: sono stufo di sentirmi tale.
Non sono in grado di raccontarti un modello analitico, pieno di indicatori ineludibili, capace di rappresentare il modo in cui si forma un lettore. So cosa è successo a me e ho chiacchierato molto con altre persone per farmi raccontare le loro esperienze. Mi pare che, da piccoli, ci si immerga gioiosi nel pattume, a volte con la mediazione di adulti più o meno consapevoli. Chi matura consapevolezza e cultura, un po’ alla volta, impara a scegliere e ad ascoltare i consigli di chi reputa affidabile. Il sistema dei consigli si stratifica nel tempo: è ineluttabile che la bellezza riconoscibile venga dal passato.
A nuotare senza guida nel mare del pattume presente si rischia di avere la sensazione che il livello si sia abbassato drammaticamente.
Se solo provo a verbalizzare questo pensiero, in testa mi riecheggia un enorme «Ok, boomer!».
Però è innegabile che, se guardo le mensole della mia libreria domestica, ci sia una distesa di bellezza; se entro in una libreria e inizio a sfogliare la produzione editoriale attuale, la spazzatura regni sovrana, interrotta qua e là da sporadica mediocrità.
Eppure, Compagno cuculo di Anke Feuchtenberger è appena uscito. Ed è un fumetto meraviglioso.
I sacerdoti del culto del fumetto difficilmente se ne accorgeranno. Ma, come già detto, tra troppi fumetti, ci sono troppi preti e troppe suore.
Scrive e parla, da almeno un quarto di secolo e quasi mai a sproposito, di fumetto e illustrazione . Ha imparato a districarsi nella vita, a colpi di karate, crescendo al Lazzaretto di Senago. Nonostante non viva più al Lazzaretto ha mantenuto il pessimo carattere e frequenta ancora gente poco raccomandabile, tipo Boris, con il quale, dopo una serata di quelle che non ti ricordi come sono cominciate, ha deciso di prendersi cura di (Quasi).