Ho scoperto l’inganno. Sono tuttə più furbə di me. Non posso essere così ingenuo. Non possono avermi fatto questo.
Cerco di capire. Mi ricostruisco in mente il momento dei saluti. Dopo l’ennesimo ultimo bicchiere prima del congedo, mentre tutte e tutti raccontavano i loro profetti di vacanza dell’avventura, c’era qualcosa di strano. Avrei dovuto accorgermene e, invece, niente. Sono mosso da una fiducia tanto infinita quanto immotivata.
A ogni saluto, emergeva uno strano accenno al fatto che ci si sarebbe rivisti a settembre e che, per nessun motivo, durante il lungo e caldo agosto, la redazione sarebbe stata luogo di visita o pellegrinaggio. È stato lì che ho maturato il mio piano di occupazione della nostra rivista. Un mese di totale autogestione, a dire quello che voglio, a violare le regole redazionali. Le più importanti dovrebbero essere quelle sull’uso dei bagni, ma, quando questi uffici ci sono parsi un affarone, non ci siamo accorti che non c’erano. Poco male: usiamo quelli dell’osteria qui sotto (che, del resto, ci fornisce anche la sala riunioni: anche quella in redazione non c’è).
A proposito dei bagni dell’osteria… Come in ogni esercizio rispettabile, l’oste e l’ostessa hanno appeso le regole d’uso del locale.
Abbiamo scelto la redazione in questa posizione anche per quel foglio. Mica come negli altri locali che ti invitano a lasciare il bagno come vorresti trovarlo. Non scherziamo! Chi non ha abitato con persone che, in nome della massima tolleranza, non avevano alcun problema con i cessi luridi?
La nostra osteria porta questa precisa indicazione:
«Ti senti come se stessi infliggendo un terribile colpo alle fondamenta del sistema, vero? Consideri il tuo un gesto realmente punk! Benché sulla porta ci sia scritto “Signorə”, sei entratə lo stesso!
Sappi che non siamo Signorə neppure noi. Quando esci, entriamo a controllare. E, se non ti sei comportatə a modo, ti toccherà di rimediare.»
Sto tergiversando. Torno al punto. Tutte e tutti mi hanno salutato e garantito che non avrebbero rimesso piede in redazione fino a settembre. Allora ho deciso di occupare e usare questo servizio pubblico per uno scopo privatissimo.
Ero convinto di aver assestato un colpo al sistema. Sentivo le fondamenta dell’universo delle lettere patrie tremare. Poi, ho capito.
Tutti i giorni, più volte al giorno, suona il citofono. Corrieri e spedizionieri che lasciano i pacchi di tutte e di tutti. La portineria è chiusa per ferie, eppure tutte le persone che partecipano a (Quasi) hanno dirottato le consegne dei loro ordini online qui.
Quanto poco basta, mi dico, per trasformarsi da occupante a portinaio.
Scrive e parla, da almeno un quarto di secolo e quasi mai a sproposito, di fumetto e illustrazione . Ha imparato a districarsi nella vita, a colpi di karate, crescendo al Lazzaretto di Senago. Nonostante non viva più al Lazzaretto ha mantenuto il pessimo carattere e frequenta ancora gente poco raccomandabile, tipo Boris, con il quale, dopo una serata di quelle che non ti ricordi come sono cominciate, ha deciso di prendersi cura di (Quasi).