Vieni al MUSE?

Lella Parmigiani | Interni |

Durante l’estate, quando il sole scotta sulla pelle e il caldo all’esterno è soffocante, visitare un museo con un ambiente climatizzato alla temperatura ottimale, distributori d’acqua fresca disponibili a tutti i piani e ceste di caramelle all’ingresso, è una goduria.
Se poi trovi uno spazio arricchito da giochi didattici interattivi e laboratori per i visitatori più piccoli, angoli sperimentali per incoraggiare l’infanzia a esplorare in modo autonomo, assistenti qualificati pronti a guidare i bambini in percorsi ludico-educativi, ti incammini in un corridoio con a lato una lunga vetrata che rende visibile un laboratorio di ricerca dove scienziati e tecnici lavorano sotto gli occhi de visitatori affascinandoli, sperimenti i giochi all’aria aperta, ti infili in un orto botanico e poi in una serra tropicale in cui puoi vivere l’emozione di far posare una farfalla sul palmo della mano, ecco, sei al “MUSE”, il museo di scienze naturali più attrattivo, interattivo e tecnologicamente avanzato in Italia, parte integrante del nuovo quartiere “Le Albere” a Trento, e la tua visita può diventare un’occasione unica in cui si intrecciano apprendimento e divertimento.

L’impianto scenografico che ti attende è impattante, un tocco magistrale dello studio di Renzo Piano che combina suggestione e coinvolgimento sensoriale.
L’esposizione è mozzafiato: sagome tassidermizzate, tra cui alci, orsi, ornitorinchi, leoni, rinoceronti, opossum, rapaci, sospese nello spazio centrale e posizionate a diverse altezze, animano l’ambiente e creano un immediato contatto visivo con il pubblico. Circondata dalle balconate dei quattro piani, l’area è incastonata in una struttura di vetro dalle forme irregolari che ricorda la punta di un iceberg e rifrange la luce naturale, avvolgendoti in un’esperienza immersiva.
Se abbassi lo sguardo, puoi iniziare il tuo viaggio nella storia della vita sul nostro pianeta. Il piano interrato ospita una collezione di fossili e ricostruzioni di microrganismi, pesci e rettili preistorici. Al centro domina uno scheletro di Dilophosaurus wetherilli, un imponente predatore del Giurassico, che occupa quasi per intero la superficie, offrendo un’impressionante rappresentazione della scala e della potenza di questi animali e una grande attrazione per i piccoli visitatori.
Salendo di piano in piano, il percorso si sviluppa attraverso l’uso di tecnologie immersive, ambienti ricostruiti con grande attenzione ai dettagli, animali imbalsamati, calchi, teche, acquari, permettendoti di esplorare tematiche fondamentali come l’evoluzione delle specie, le problematiche ambientali e climatiche, lo sfruttamento delle risorse naturali, i relativi danni ambientali, la biodiversità alpina fino alle ricerche attuali in materia di sostenibilità.
All’ultimo piano, il percorso culmina in un’esperienza sensoriale che simula la visione e i suoni dei ghiacciai.
È un vero e proprio viaggio nel tempo e nei climi della Terra, che spinge a una riflessione profonda sul futuro del nostro pianeta e sull’uso responsabile delle risorse naturali, progettato per coinvolgere anche i visitatori più piccoli con un linguaggio e un approccio didattico adattati alle loro esigenze.
È tutto percettivo, immediato e facile.
Qui puoi uscire sulla terrazza panoramica e goderti la vista delle magnifiche Dolomiti, ma io mi perdo in altro. Guardo e studio la struttura dell’edificio, realizzata in vetro, acciaio e legno, usati sapientemente e scelti anche per le loro proprietà ecologiche e di efficienza energetica; tocco tutto, le finiture sono perfette, e sto visitando un modello di architettura sostenibile e tecnologicamente avanzata, che si adagia armoniosamente nel paesaggio e si integra con l’ambiente.

Non te l’ho ancora detto, ma l’intero quartiere è stato progettato nel 2013 da Renzo Piano su una grande area dismessa della ex Michelin, a due passi dal centro, con la volontà di creare un campione di eticitá e sostenibilità, uno dei primi esempi “green” in Italia, concepito per unire architettura e natura, creando spazi di grande respiro con particolare attenzione all’utilizzo dei materiali.
Già dalla prima visita, quando il museo era stato inaugurato da pochi mesi, ero rimasta colpita dalla portata del progetto.
Ad attrarmi erano state le prime bozze che giravano in rete, poche linee colorate che delineavano una sagoma proiettata verso il cielo con forme appuntite e i lati inclinati come i pendii delle montagne circostanti. Come sempre, Renzo Piano, partendo dall’impianto e dalla funzione, entrambe esibite e caratterizzanti e nel tempo diventate la sua firma, arriva alla forma, che qui raggiunge equilibri notevoli; tra i lavori di Piano, questo mi era apparso subito come uno dei più poetici su cui avessi posato gli occhi negli ultimi anni. Una dimostrazione della necessità di concepire un progetto con la matita in mano, dove le prime quattro linee dell’idea definiscono subito la direzione da seguire.

Vedendolo, quel gioco di coperture è ancora più affascinante: la verifica della capacità di trasformare un problema nel carattere del progetto, frutto di un lavoro affrontato con ricerca, sperimentazione, passione e tanta cura.
Non aver paura, adesso non ti farò una “pizza” sull’uso sapiente della luce naturale che, sfruttata in modo ottimale, contribuisce a ridurre il consumo energetico, né sul cablaggio realizzato con le tecnologie più avanzate, permettendo una gestione intelligente dell’energia, né sulla centrale energetica che fornisce riscaldamento e raffrescamento con un impatto ambientale minimo, né sulla bellezza dei giunti o sulla gioia che mi dà vedere uno spazio ben utilizzato.
Ognuno si perde nel proprio mondo, coltiva le proprie manie, scova particolari e ci si perde, ma so bene che è meglio non diventare pedanti, per cui mi fermo qui.
Il resto vienilo a vedere e, se vuoi fare felice un bambino, portalo

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