Cartoline da Senigallia

Mabel Morri | Il tradrittore, Play du jour |

“Sabato, 6 luglio 2024
Saluti da Senigallia
Firmato Baro e Mabel”


Quando ho una presentazione mi piace viaggiare in treno, così leggo un po’ di fumetti arretrati…
Ok, prima devo spiegarti la Strategia di Lettura delle Due Torri.
Di libri da leggere ne ho davvero tanti, impilati in due torri su uno scaffale (una sola collasserebbe su se stessa). Quando prendo un fumetto nuovo finisce su una pila. Al massimo, se sono cose seriali, cerco di mantenere l’ordine, in modo da leggere il numero 1 prima del 3. L’ordine di lettura, per il resto, è “a cazzo”: scavo negli strati geologici delle due torri e piglio qualcosa.
Messa così suona proprio ridicola… Ok, te lo concedo e l’ammetto: non “sembra”, È proprio una strategia stupida, ma non ho tempo di fare di meglio. Comunque, stavolta sul treno mi fanno compagnia il primo volume di Lucifer (in ritardo con la serie TV, sto recuperando con maggiore ritardo i comics targati Vertigo), Full Moon in Dendera (Magnus!) e l’ultimo volumetto di Darwin’s Incident di Shun Umezawa.
Ah, non te l’ho detto. Sto andando a Senigallia. Presento “Il delitto Matteotti”, scritto da me e disegnato da Manuel De Carli.


C’è il mercatino dell’artigianato in Piazza delle Erbe, al Foro Annonario di Senigallia che accoglieva la vecchia pescheria nei suoi lunghi banchi in marmo, perché è lungo il fiume Misa e perché le barche attraccavano sul molo basso, senza balaustre come invece è oggi e come non sono sufficienti a ogni alluvione quando il Misa esonda.
Ma è estate.
«Luglio col bene che ti voglio»
La cantava Riccardo Del Turco
Era il 1968, il ‘68 delle rivolte, delle calde rivolte sociali che hanno portato una delle stagioni più brillanti della politica italiana: facinorosa, sicuramente violenta (i soliti fascisti), difficile, eppure di quelle riforme – o ciò che inizia a rimanere con il governo odierno di destra (una destra che è orgogliosa delle sue origini dalle quali non può e non vuole dissociarsi e che guarda a quella destra fascista e violenta degli anni Sessanta e Settanta) -, ne stiamo ancora beneficiando.
Luglio col bene che ti voglio, si boccheggia, per quanto a Senigallia (mucillagine a parte e, da riminese, non la vedevo in mare da 35 anni) si stia ancora freschi quando arriva Francesco in stazione.
Quando lo passo a prendere, i nostri messaggi precedenti erano confluiti nella speranza di trovarci in empatia per rendere la presentazione bella e vivace. E, soprattutto, antifascista. 


Il treno è in orario. Evita battute scontate sul periodo storico (peraltro, vedrai domani…). Scendo.
Trovo Mabel, mio Virgilio in una Senigallia calda, ma neanche troppo, e accogliente. La conosco da un po’, ci siamo scambiati negli anni lunghi messaggi vocali, mail, complimenti sui nostri lavori, telefonate… Ma è la prima volta che ci vediamo di persona. Disegnatrice dal tratto enormemente efficace, autrice impegnata e rigorosamente antifascista, su (Quasi) scrive soprattutto di sport in una rubrica (“Play du jour”) che riesce a farmi pensare che dovrei appassionarmi anche al ciclismo! Nel cassetto, fra mille altre cose, c’è persino un progetto in comune! Chissà, forse in futuro…
La birra è fresca e la compagnia piacevole. Ci perdiamo in chiacchiere e confrontiamo le nostre passioni extra-fumetto. Lei, già sai, segue soprattutto ciclismo e calcio. Io tennis e Formula 1. L’orario ci consente di guardare distrattamente Svizzera-Inghilterra. Il solito fascino di Davide contro Golia ci fa sperare al gol di Embolo, ma il pareggio di Saka e la maggiore freddezza ai rigori premia gli uomini di Southgate. Davide deve rinviare le proprie velleità.


La Nazionale di calcio ci fa un regalone. Se ne esce al turno precedente per cui la sera del 6 luglio – giorno della presentazione del fumetto scritto da Francesco e disegnato da Manuel De Carli Il delitto Matteotti edito nella nuova edizione sempre da Becco Giallo -, al posto degli azzurri che comunque avrebbero giocato alle 18, c’è Olanda – Turchia che interessa a me e a Baro ma non alla gente, tant’è che i rigori di Inghilterra – Svizzera ce li guardiamo in pizzeria prima di andare in libreria, e la sera lo spazio davanti alla libreria indipendente Iobook, che ci ospita, si riempie copiosamente.
Dopo una passata in albergo, parcheggiamo allo stadio e camminiamo fino a uno dei miei bar preferiti di Senigallia, il bar del Foro. Covo di estremisti di sinistra, di vecchi anarchici e della tifoseria della Vigor, la squadra locale, sembra un bar spagnolo. Christian, un caro amico con cui feci il mio primo Cammino di Santiago, usava dire questa massima: «Il bar più sporco è il bar migliore». Ne ricordo uno, in Galizia, in un paesello sperduto sulla tratta delle frecce gialle: lì, sotto i piedi non so cosa ci fosse, ma l’Estrella Galicia, la freschezza di quella birra che bevvi, me la ricordo ancora. Per cui il bar del Foro è una delle mete pensate prima della cena, per quanto, sì, è vero, le regole dell’ospitalità vogliano che lo si porti in luoghi quantomeno piacevoli. Ma entrambi siamo sportivi nonostante i fisici non ce lo permettano più e il bar del Foro risulta essere una buona scelta.
Parliamo.
Parliamo così tanto che quasi alla presentazione, forse per la ripetizione di alcune parti (riguardiamo le domande al bar del Foro), arriviamo satolli, pronti comunque a far conoscere il lavoro di Baro. L’occasione è, mi pare, il sesto appuntamento di una manifestazione, di un elenco di eventi che vede Senigallia attraversare il 2024 nel ricordo del 10 giugno 1924, giorno dell’omicidio dell’Onorevole Giacomo Matteotti perpetrato barbaramente dai fascisti, con unico mandante il duce Benito Mussolini.
Quindi, non solo Harley Davidson, Sky Calcio l’Originale e i Pooh a Senigallia, ma anche cultura, per una volta, la cultura quella seria, quella antifascista. 
L’ANPI Senigallia, l’Istituto Gramsci Senigallia, l’Associazione Augusto Bellanca e l’Associazione Storia Contemporanea hanno stilato un calendario di eventi che è andato dalla mostra “Madri e Padri Costituenti, Antifascisti e Antifasciste: dai fratelli Cervi a Giacomo Matteotti, da Nilde Iotti a Donatella Colasanti”, disegnati da me, al premio alle classi per un elaborato su Matteotti, ad ANPIinVIAGGIO, a presentazioni di libri. 
A presentazioni di fumetto.
Mancava il fumetto. Come spesso accade, in città che non hanno cultura fumettistica, il fumetto è un mondo lontano, non considerato, non pervenuto e, soprattutto, non conosciuto. O meglio, esistono ancora i cinquantenni come me che in edicola comprano e leggono Tex o Julia, siamo ormai una categoria che si riconosce subito: capelli imbiancati, corpi non più tanto atletici, vestiario da fiera di fumetti, biciclette che sono del Novecento con ancora il cambio Campagnolo Gran Sport sul tubo obliquo e un insensato interesse nello sfogliare subito il fumetto appena pagato, oscillando rapiti in mezzo alla strada, incantati come fosse la prima volta che vediamo un fumetto. 
Abbiamo rimediato subito invitando Baro.
Un intellettuale del fumetto.
Perché insisto sul fumetto sociale e su come gli spunti che escono dalle sue sceneggiature, fatti reali e mai risolti, siano utili per capire il presente, o quantomeno ragionarcisi.
Mark Twain diceva: «La storia non si ripete, ma fa rima».
Parliamo di Matteotti, del suo omicidio e l’attualità è davvero simile a cento anni fa.
Matteotti, la sua vicenda, è ciò che serve.
Sono distante anni luce dalla Mabel che raccontava le sue storie negli albi Hai mai notato la forma delle mele?: una parte di quella Mabel c’è ancora, da qualche parte, molto in fondo a ciò che oggi, nella maturità, all’alba della mezza età, desidero davvero far conoscere. Ed è un fumetto diverso, un fumetto che serve a non dimenticare la nostra storia, una storia antifascista, quella che a me, la me stessa di oggi coi capeli brizzolati che ormai hanno venature di bianco puro, interessa molto di più. 
Amo ancora tantissimo il fumetto, quello che racconta i passaggi della vita, che si interroga sul cuore, quello che a modo mio facevo anche io. Mi capita di leggerne ancora qualcuno, li invidio ogni tanto, perché io ho perso quella ingenuità, ho perso quella purezza, non mi ci ritrovo più a raccontare aspetti della mia vita per darmi delle risposte. Un po’ perché qualche risposta oggi ce l’ho, un po’ perché mi sento come gli Ex-Otago che tornano a Genova, che dicono che hanno vissuto il loro momento di allontanamento sognando mete esotiche come il Costarica, ma poi sono tornati “a casa” e piuttosto a Sanremo cantano una canzone sulla resistenza dell’amore, sull’amore di coppia quando: 

«Tutti cantano l’amore 
Quando nasce 
quando prende bene
E quando tremano le gambe
E quando non c’è niente che lo può fermare
Ma tutte quelle storie
Che hanno visto almeno dieci primavere
Cento casini cento grandi scene
Mille pagine attaccate ancora insieme
Non è semplice
Restare complici
Un amante credibile
Quando l’amore non è giovane»

Quando l’amore non è più giovane. Ecco, forse un po’ così o forse, semplicemente, cerco altre risposte, quelle che hanno portato la mia generazione a essere come il rigore di Roberto Baggio a USA 94, descritto da Tommaso Labate nel suo libro I rassegnati: «Tirato bene, ma alto». Siamo una generazione anche di qualità, anche di eccellenze ma sbagliamo i rigori, quelli decisivi.
Ho un mio modo di presentare, ormai.
Diventare la moderatrice anche per ANPI nel dividerci “i compiti”, non solo nel ruolo di Vicepresidente ANPI della sezione di Senigallia ma anche perché invitata spesso proprio per questo ruolo ed esserci negli eventi organizzati da altre associazioni fa rete e fa comunità.


Arriva il momento della presentazione. Siamo all’esterno della libreria IoBook, lungo una strada centrale e affollata. Vedo il tavolino con i libri e mi sento stupidamente orgoglioso. Mica per me o non solo per me: perché, mi dico, parlare di questo libro significa non tanto ricordare un odioso delitto politico, ma riflettere su come può nascere una dittatura. Non sempre coi blindati nelle strade, ma nell’acquiescenza di un popolo. Decido che sarà quello il taglio da dare al mio intervento.
La gente c’è, attenta e partecipe. L’età media non è alta come temevo (non senza ragioni in base a precedenti esperienze). Mi rallegro. Alcune persone transitano lungo la strada. Non scappano, si fermano ad ascoltare e mi sento stupidamente orgoglioso (seconda volta nella giornata, cazzo…). Io e Mabel parliamo di Matteotti, chiaro. 
Però, come dicevo prima, testimoniamo l’attualità dell’antifascismo. Non sto a ripeterti quanto diciamo (sarebbe stucchevole e autoreferenziale). 
Sappi però che nel discorso riusciamo a infilare Dottor Destino, X-Men e Darth Vader accanto a Mussolini e Trump. Noi nerd fumettari ci facciamo riconoscere sempre.
Alla fine, alcune persone si fermano con noi. Sento un po’ di scoramento per il momento in cui viviamo. Non sono noto per la mia visione solare della vita e per la capacità di regalare iniezioni di ottimismo. 
Un po’ mi spiace.


Durante la presentazione non sono entrata volutamente nel discorso “disegno” perché non essendo presente Manuel De Carli, a mio avviso solo i disegnatori possono raccontare cosa significhi la collaborazione, come e dove sono intervenuti. A me è capitato col fumetto sul Cile: Elena è giornalista per cui non aveva tutti i codici della sceneggiatura, quindi ho smussato tante parti, le ho invertite, sempre a quattro mani e sottoponendole poi all’editore, in un lavoro di concerto nel quale anche chi impaginava ha detto la sua e anche in questo caso c’è un oggettivo miglioramento.
Ecco, un plauso a Manuel.

«E poi ci sono i capitoli e i frammenti», dico a Baro, «In questi ultimi, decidi di raccontare episodi su Dumini, forse il più famoso degli squadristi, quello che andava in giro presentandosi: “Dumini, nove omicidi!”. A mio avviso, raccontare anche degli altri, i neri, va bene. Il problema è che siamo in Italia, nella quale Italia i conti con il passato non si sono fatti. Scelta felice nell’economia del fumetto, quella di soffermarsi su Dumini che fino a “M” di Scurati non aveva chissà che occhio di bue puntato.
La domanda che ti voglio fare è invece un’altra.
Come si fa a raccontare i fascisti, le loro efferatezze, le loro incongruenze, il loro nulla, senza rischiare invece di legittimarli?, senza che al contrario si ritorca contro come gente figa da imitare?»

È la domanda che nella mia idea della presentazione doveva portarci all’attualità, inoltrarci nell’oggi. In realtà accade che ogni domanda e ogni risposta ammicca a questo aspetto.
L’attualità, di come il fumetto sociale e storico può essere lo spunto per capire il presente.
Ancora.
Domande sempre aperte che finiscono nell’ultima birra della serata, in una Senigallia comunque estiva e per uscire dalla zona mare, porto Baro un po’ più a monte, in un altro bar che regala sempre emozioni: il Circolo ARCI di Borgo Bicchia, un paio di chilometri oltre il casello dell’autostrada.
Dopo, molto dopo, passo a prendere Baro in albergo e lo porto in stazione.


Arriva il giorno della partenza. Vagamente preoccupato dalla notizia di uno sciopero dei treni, con sprezzante sicumera rassicuro Mabel. «Figurati se sopprimono, di domenica, un treno che deve farsi tutta la costa adriatica da Ancona a Milano!»
Ora, sappi. Io sono uno che ai tempi di Genova 2001 era assente giustificato (figlia appena nata) ma ai compagni che partivano dissi «Tranquilli, saranno giornate bellissime!». Per dire che, ‘nsomma, leggi cosa scrivo, con le analisi a posteriori me la cavo, ma non chiedermi previsioni.

Neppure «Cosa dici, pioverà?».
Tempo un amen e il tabellone dei treni sentenzia la cancellazione. Abituato alle disavventure da iniziative zompo su un intercity, evito controllori e dribblo i posti prenotati fino a Riccione. Con crudele indifferenza, sospinto dai prenotati che mano a mano salgono, mi approprio di un seggiolino fra le carrozze, di quelli non numerati, e la sfango fino a casa.
Il treno accumula un ritardo che Odisseo c’ha invidia. E psicodrammi, mentre la gente che si accalca (davvero – oltre il ragionevole limite di rischio e sopravvivenza) viene invitata a scendere.
Il caldo annienta la solidarietà fra simili. Il mio vicino (seduto a terra – posto che, fra poco, diventerà ambitissimo) è egiziano. Parliamo di quanto succede mescolando gesti, inglese sotto livello basic e mimica facciale di varia perplessità. Scuote la testa. «Italia sempre disorganizzata», sentenzia. Mi offre del fumo («Prezzo buono!») incurante di bolgia e temperatura. 
Cortese, ringrazio e declino, mentre coi ditini sudaticci torno a sfogliare Lucifer.

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(Quasi)