Boris: Ah! Davvero?
Paolo: Davvero, cosa?
B: Fare (Quasi) con me sarebbe un inferno? Guarda che, se aveva ragione Sartre (e ce l’aveva) l’inferno di ciascuno di noi sono gli altri.
P: Pure Sartre…
B: Io sarò anche il tuo inferno, ma tu e Claudio siete il mio. Sempre lì a dire che c’è da fare questo, c’è da fare quello… ecchecazzo! Io mica sto a perdere tempo al bar…
P: Ah no?
B: Cioè… al bar ci sto, ma mica ci perdo tempo. Faccio ricerca pura. E dove le trovo sennò le basi teoriche e ideologiche per sostenere tutte le fregnacce che scrivo quassù. Un inferno… mah! Proprio. Guarda, se non fossi così incazzato e non ci avessi tutta ‘sta voglia di litigare, sbatterei la porta di questa redazione… che poi, ancora non l’hai pulita dopo l’occupazione. Poi sarei io quello che non c’ha voglia di lavorare!
P: Con la scusa dell’occupazione, ho mandato avanti (Quasi) per tutto agosto e ti ho ritirato tutti i pacchi! Mi dovresti pagare, altro che pulizie!
B: Comunque, ho voglia di sbattere la porta e andarmene!
P: Sentiamo… E dove vai? A teorizzare lo sguardo di Moana su un portale di quelli che contano i click, hanno le gallerie e le pubblicità?
B: Meglio che qui, e poi quelli sì che sono riusciti a raggiungere l’illeggibilità a cui noi riusciamo solo ad aspirare!
P: Guarda che lì ti danno anche tre o quattro euro ad articolo. Però poi ti tocca di scrivere quello che vogliono loro. Ma tanto già lo fai… Parliamo di Moana e di quanto ha cambiato il nostro immaginario! Blablabla…
B: Moana è una scusa, tanto quanto la tua occupazione… a proposito, avrai anche ritirato i pacchi, ma mi hai pure scolato tutte le bottiglie di Aligoté! E magari l’hai fatto mangiandoci dietro pizze di pizzahut e cineserie di qualche allyoucaneat… non ti piacciono i film porno, ma in quanto a porn food non ti ferma nessuno!
P: Quel vinello frizzante non era un granché. Pure caldino. Ma non cambiare discorso. È chiaro che ogni tema è una scusa, ma ci sta diventando sempre più difficile trovare scuse che abbiano un senso. Questo mese, a litigare sulla presunta utilità della sommamente disutile Moana ci siamo solo tu e io. Temi che smuovono poco. E le persone che fanno (Quasi) che non stanno più facendo (Quasi). A me questa cosa fa incazzare parecchio. E sono incazzato anche – e soprattutto – con te.
B: Frizzante? O lo hai allungato con l’idrolitina o qualcuno ha sostituto i miei bianchi di Borgogna con quella robaccia che bevono nella marca trevigiana, come lo chiamano… prosecco!
P: Dici che Claudio… Ma cazzo! Non cambiare discorso!
B: Invece per quanto riguarda i temi che hanno smosso la redazione di (Quasi), secondo me se sfogliamo un po’ di numeri indietro, non ne troviamo mica tanti…
P: Non ne sono certo, ma, anche fosse, cosa significherebbe?
B: Niente, ma non capisco perché ti faccia incazzare, è sempre stato nella natura della rivista che ognuno facesse quel che gli pare.
P: Forse non siamo più d’accordo neanche sulla natura della rivista. Volevamo uno spazio del discorso e del dialogo. Una rivista da boomer in cui ci si potesse confrontare e discutere. Un posto che potesse permettersi di non sottovalutare l’intelligenza di chi ci legge. Per questo, siccome siamo due snob, abbiamo detto che la nostra era una rivista destinata a essere letta da nessunə. Perché volevamo alzare il tiro. Ora sappiamo che le persone che leggono (Quasi) esistono e sono anche più di quante ce ne aspettassimo. Ma chi fa (Quasi)? E se a discutere e a litigare siamo tu, io e altri due o tre sempre meno presenti, ha senso continuare a farla?
B: Hmmm… gli altri due o tre quando e dove li hai visti o sentiti? Non capisco se stai allontanando il discorso dall’oggetto del contendere, cioè il senso di (Quasi) per Moana Pozzi, perché sai che su quel senso ho ragione io, oppure se mi vuoi portare su un terreno, il rapporto con la redazione, che non è campo di battaglia ma luogo di compromesso, per farmi mettere giù la sedia che sto per fracassarti in testa!
P: Mettila giù, ché quelle braccine secche ti si stancano, va’.
B: Hai ragione… non sulle mie braccia che questa sedia te la spacco in testa quando voglio, sui rapporti. Tra noi e la redazione c’è qualcosa che si è rotto, ma io non credo di avere, né di voler avere, la sensibilità per capire cosa.
P: Non possiamo mentirci. (Quasi) è un progetto tuo e mio che noi due imponiamo a chi scrive, a chi disegna e a chi (non) legge. Chi collabora arriva e lascia il suo contributo. Nella migliore delle ipotesi scambia quattro chiacchiere con uno di noi due (tipicamente con me) e se ne va per la sua strada. Il fatto che non esistano momenti conviviali in cui si dialoga produce alcuni effetti (mica tutti negativi). Le persone che fanno (Quasi), alla fine, sono dei lettori come tutti gli altri. Possono conoscere il tema prima degli altri e sapere il titolo dell’articolo che uscirà il giorno tale e chi l’ha scritto. Questo però non abilita nessun dialogo.
B: Non credo al potere taumaturgico del dialogo e forse è per questo che non sono un democratico. Credo al potere risolutivo dello scontro. Ma so anche che lo scontro, oltre a risolvere momenti di stallo, causa danni. È per questo che spesso sono accomodante su questioni che non reputo ideali. Lo so, all’interno di una redazione, la mia posizione porta necessariamente a una sorta di gestione totalitaria da una parte, anarchica dall’ altra. È un paradosso.
P: Allora i paradossi sono due. Immaginavo (e penso anche tu) una rivista con degli spazi definiti: il confronto intorno a un tema, la struttura ritmica data da View master e dalle analisi a puntate (Cerebus, Alan Moore, Rusty Brown, Ken Parker, il Devil di Miller…), gli interventi esterni del Plat du Jour, e gli sguardi sbilenchi (ora i post-it, ma in passato Strani anelli, Cassetta degli attrezzi, Grolla, playlist…). Il nuovo orientarsi della partecipazione a (Quasi) rischia di trasformarci in un aggregatore di blog personali. È una scelta onorevole, ma non mi ci riconosco.
B: E dici che invece ci si riconosce chi partecipa a (Quasi)? Io non credo. Credo che ci siamo tutte e tutti accomodati in una situazione di stallo, forse anche per stanchezza. Ogni tanto penso che dovremmo tornare allo scontro, trasformare in questione ideale ogni scelta redazionale. Sai che dico? Che mi divertivo di più un attimo fa, mentre brandivo la sedia!
P: A me sta bene. Se mentre roteiamo le sedie spacchiamo tutto, risolviamo due problemi. Da un lato, non abbiamo più il problema di riordinare dopo l’occupazione; dall’altro, possiamo ricostruire.
B: Fatti sotto!
P: Sì!