Mostri

Paolo Interdonato | QUASI |

Iniziare un intervento con una definizione copiata dal dizionario è un trucco per autori in affanno. Eppure, ho sempre amato un vecchio libro di Antonio Caronia, Il cyborg: Saggio sull’uomo artificiale, che si apriva proprio con quell’espediente. L’animatore della rivista “Un’ambigua utopia” iniziava quel volumetto facendo osservare la duplice etimologia della parola “mostro”. Da un lato, diceva, deriva dal lemma latino “monstrare”, “far vedere”, ma, dall’altro”, anche da “monere”, che significa “avvertire”, “mettere in guardia”.
Pur sapendo che, nel corso della sua vita, Caronia non era sempre stato uno studioso trasparente e affidabile, non ho mai controllato se, quella volta, abbia detto il vero o si sia affidato a una suggestione. Ti confesserò che non mi importa così tanto: questa doppia derivazione mi piace molto, mi suggestiona, e mi ci lascerò trasportare. [Una nota, alla maniera di Boris, di quelle che si mostrano indifferenti ai tuoi ritmi di lettura. Alla fine, ho fatto i compiti e sono andato a controllare: l’etimologia indicata da Caronia sembra essere giusta ed è presa da Le vocabulaire des institutions européennes di E. Benveniste, tradotto in italiano nel 1976.]

Ottobre è il mese gucciniano dalla grande bellezza nascosta. È giusto allora che noi di (Quasi) lo si dedichi ai mostri che, almeno in apparenza, sono molto brutti. La loro natura “monstrare” ha fatto sì che gli spettacoli di piazza, da sempre, si riempiano di creature strane e indecifrabili esibite al pubblico pagante. Ci convinciamo a volte che si tratti di una spettacolarizzazione delle diversità che il tempo ha reso desueta, poi ci avviciniamo a uno schermo e caschiamo in un reality show, in un reel o in una storia social. Non c’è niente di male, sia chiaro, nel mostrare le proprie diversità vere o presunte per attrarre sguardi, ammirazione o, addirittura, raccapriccio. È deprecabile, però, che qualcuno lo faccia a nostra insaputa, forse contro i nostri interessi, anche quando quel qualcuno siamo noi stessi.

La natura “monere” dei mostri è strettamente intrecciata a quella “monstrare”. La loro straordinarietà, che si distingue così tanto dalla norma, nel momento stesso in cui viene esibita, ci mette in guardia, Ci dice che, se non prestiamo attenzione, succederà qualcosa.

C’è una canzone che, in questi giorni, ascolto tantissimo, anche se la trovo molto dolorosa. Mi pare non ci sia alcuna relazione tra il fatto che abbiamo scelto questo tema e l’inserirsi di quel brano, che tende a farmi male, in tutte le mie playlist. Forse, se mi decidessi a pagare un abbonamento al servizio di ascolti musicali che uso nella versione gratuita, non avrei questo problema. La canzone si chiama Mostri sotto il letto ed è di Giorgio Canali.

«Sarà che le ragazze con cui esco / Hanno tutte i mostri sotto il letto / Le ragazze con cui esco / Hanno sempre un incubo nel cassetto.»

Il riconoscimento che mi produce l’ascolto del ritornello mi fa malissimo. Hai presente quella sensazione scema di «Cazzo! Sembra che parli di me…» che ti investe mentre ascolti una canzonetta che magari non ti piace nemmeno?
In questo caso, quella sensazione mi fa sentire pure stronzo. Poi mi chiedo cosa abbiano in comune le ragazze con cui esco. Esaurite le caratteristiche fisiche umane, trovo solo distanza e diversità. L’unica cosa che hanno in comune è che escono con me.

Dannazione! I mostri sotto il letto, l’incubo nel cassetto, sono io.

I mostri siamo noi! Che questo sia il senso delle narrazioni horror non è certo una novità. Eppure, tutte le volte è sconvolgente.
Siamo i freaks che cantilenano a una nuova accolita «È una di noi!», gli zombi che si aggirano lenti e inconsapevoli nel supermercato, i lupi mannari lontani da casa e inconsapevoli al risveglio, i vampiri condannati a vivere senza tempo, i mostri inconsapevoli circondati dall’altrui orrore e raccapriccio…

C’è una striscia di Pogo di Walt Kelly (originariamente pubblicata in forma di poster nel 1971) che racconta quella sensazione.

Porkypine: «Ah, Pogo, la bellezza della foresta primordiale mi colpisce al cuore.»
Pogo: «A me colpisce ai piedi, Porkypine.»
Porkypine: «È difficile camminare in mezzo a tutta questa robaccia.»
Pogo: «Sì, amico. Abbiamo trovato il nemico e siamo noi.»

(Quasi) dedica il numero che si comporrà nel corso del mese d’ottobre, tra mosto e ebbrezza, ai “Mostri”.

Abbiamo incontrato i mostri, e siamo noi.

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