26 settembre: Dylan Dog e Sergio Bonelli, chi arriva e chi ci lascia

Quasi | Plat du jour |

di Michele Ginevra

Sono ormai tredici anni che ogni 26 settembre ricorre un doppio anniversario particolarmente significativo per il fumetto italiano. Divenne doppio nel 2011. Lo stesso giorno in cui si celebrava il venticinquesimo dell’uscita del primo storico numero di “Dylan Dog” L’alba dei morti viventi, ci lasciava Sergio Bonelli, editore non solo dell’Indagatore dell’Incubo, ma anche di tanti altri personaggi d’avventura. E pure creatore e sceneggiatore di alcuni di loro, come del resto sapete tutti.
Anche lo scorso 26 settembre 2024 la duplice ricorrenza è stata onorata da vari post su social e siti.
Per esempio, sulla pagina Facebook della serie di “Dylan Dog” si poteva leggere:

«Di Dylan sono pronte le prime tre storie e sto scrivendo la quarta. Magari è tutto inutile, chiuderà dopo il primo numero. La crisi è fortissima, non si vende. Nelle edicole lo spazio per i fumetti si è sempre più ristretto. Dobbiamo essere matti a uscire con una serie nuova.»

Tiziano Sclavi, settembre 1986

26 settembre 1986. Ricordo ancora bene il momento dell’acquisto e dell’immediata lettura in strada, mentre camminavo in Corso Garibaldi, a Cremona. Non si era mai visto niente del genere nel fumetto. E che disegni…
E sulla pagina Facebook della casa editrice:

«Nell’anniversario della scomparsa, ricordiamo Sergio Bonelli con il racconto Gli eroi della Montagna da lui scritto a soli tredici anni e pubblicato in un libro che presenteremo a Lucca Comics; racconto con cui si classifica secondo nel concorso “Alla ricerca del più giovane scrittore italiano” indetto dalla Redazione Audace.»

Mi sono imbattuto proprio in questo racconto dieci anni fa, mentre consultavo il Fondo Mafrica, collocato presso la Fondazione Sapegno a Morgex. Risale al 1945 e fu pubblicato su uno degli albi della Collana Audace, di proprietà di famiglia. Davvero un bel racconto, dedicato ai partigiani (la guerra e la lotta di liberazione si erano concluse da pochi mesi), che rivelava già il talento del futuro autore ed editore.

Il giorno della sua morte ero nel secondo ufficio che avevo allora, in Via Dante, ma con vista sul parallelo Viale Trento Trieste, sempre a Cremona. Si sapeva del suo ricovero, ma non sapevo che le sue condizioni fossero così peggiorate e rimasi molto colpito dalla notizia.

È giusto che ci sia questa attenzione. Si tratta di due figure (un personaggio e una persona) che hanno fatto la storia, lasciando un’impronta editoriale, culturale ed emotiva ancora molto forte per tantissimi lettori. Forse potremmo anche dire «ancora molto forte per la maggior parte dei lettori di fumetti». E non solo. Dylan e Sergio Bonelli sono stati fondamentali anche per chi ha operato nel settore.
Per me lo sono stati sicuramente.

Sergio Bonelli è un “nativo fumettistico”, grazie ai suoi genitori (tra l’altro di vedute piuttosto moderne) e all’ambiente di autori vari e assortiti che li circondava. Diventa direttore ed editore della casa editrice molto precocemente. In più, è un “lettore forte”. Ha una conoscenza profonda del pubblico, del settore e dei suoi meccanismi.
In breve, Sergio Bonelli prende molte iniziative (che noi definiremmo imprenditoriali) sempre descritte con notevole sobrietà, che lo rendono, negli anni Ottanta, il più importante editore italiano di fumetti e probabilmente una delle persone più ricche del nostro paese. Chi non segue il mondo del fumetto potrebbe giustamente immaginare Bonelli come residente in qualche villa strepitosa, vestito elegantissimo e circondato da segretarie e guardie del corpo a fare da filtro. Insomma, un ricco immerso nel mondo dei suoi pari. Invece Bonelli era molto disponibile con tutti e incontrava molto cordialmente i suoi lettori.
Quando abbiamo iniziato a macinare iniziative con Arcicomics, di cui Bonelli era stato Presidente onorario nazionale, abbiamo scoperto una persona incredibilmente pronta a mettere a disposizione autori (destinatari di adeguati gettoni di presenza), tavole originali e appoggi logistici per realizzare eventi, partecipando anche in prima persona.
Siamo negli anni Ottanta e, all’interno della sua casa editrice, si sta lavorando da alcuni anni per creare nuove testate di ambientazione e tono più moderni. Dopo “Mister No” e “Martin Mystére”, inizia a girare la voce che è in lavorazione una nuova serie horror, scritta da Tiziano Sclavi.
L’allora giovane sceneggiatore si era già segnalato per ottimi fumetti per ragazzi, come Altai e Jonson, disegnato da un altro straordinario talento, Giorgio Cavazzano. Ma in che modo “gira la voce”? Non ci sono i social e tantomeno il web. Ma ci sono le fanzine, in particolare “Fumo di China”. Giovani (di solito) lettori riversano la loro passione su pagine fotocopiate o ciclostilate, in cui pubblicano recensioni e interviste. Gli autori sono felici (non sempre ma quasi) di mettersi a disposizione di questi appassionati devoti. Le fanzine circolano poi nelle poche manifestazioni di settore e, se segnalate da qualche rivista da edicola, vengono inviate per posta.

Così pian piano arrivano le notizie sulla nuova serie in preparazione. Si chiamerà “Dylan Dog”, coinvolgerà nuovi disegnatori, sarà ambientata a Londra… Oggi parleremmo di hype alle stelle. In realtà queste notizie si diffondono in una piccola comunità di lettori privilegiati. Almeno fino a quando non iniziano a uscire i primi annunci sulle stesse testate Bonelli. Intanto tutto questo è molto gratificante per chi è a contatto con gli ambienti professionali. È come seguire una gravidanza.

Nel 1986 usciamo anche noi di Arcicomics con una fanzine. Si chiama “Schizzo”, ciclostilata dal Centro Stampa del Comune di Cremona, e inizialmente distribuita gratuitamente. Un primo passo verso la realizzazione di quello che diventerà nel 1988 il Centro Fumetto “Andrea Pazienza”. Per questo motivo, e per gli incontri, già avvenuti in diverse iniziative, con Sergio Bonelli, riceviamo anche noi, all’inizio del mese di settembre, il plico con il comunicato stampa che annunciava l’imminente uscita. Questo ci permetterà di parlarne nel numero che porteremo a Lucca Comics quell’anno e mi consentirà di prendere una topica colossale: credo (e scrivo) che Sybil sia la fidanzata fissa di Dylan Dog, venendo così smentito non solo nel secondo numero ma anche in tutti quelli successivi.

Riprendere in mano oggi quelle fotocopie ingiallite e spillate fa tenerezza: battute a macchina con ampi spazi liberi e correzioni a mano. Il dattiloscritto che ho conservato si compone di due parti: il comunicato stampa vero e proprio e un dossier con l’elenco dei primi episodi e alcune tavole in anteprima. Il testo del comunicato è in puro stile bonelliano. Il tono è sobrio ma venato di ironia. Viene spiegata la scelta di puntare sul genere horror, pur rimanendo nel classico formato di “Tex”. Si menziona la “crisi” del fumetto, tormentone (non senza fondamento) che durerà senza pause fino a oggi. E viene anche esplicitato l’obiettivo di questa nuova serie:

«… fare un fumetto popolare che piaccia anche ai cultori del cosiddetto “fumetto d’élite”».

Il testo è probabilmente scritto da Decio Canzio, a cui si rimanda per ulteriori informazioni. Canzio è stato in quegli anni l'”architetto” della casa editrice. Colto, raffinato, amante della buona gastronomia, molto competente e in grado di mediare con equilibrio o decidere con autorevolezza a seconda delle situazioni. Il comunicato si conclude con la presentazione del creatore della serie, Tiziano Sclavi, e dei primi otto disegnatori. Vengono forniti dati essenziali, ma precisi, facendo capire tra le righe il valore degli autori. L’ironia ritorna quando tocca al copertinista, e creatore della fisionomia del personaggio, Claudio Villa. «“afflitto” dall’omonimia con il cantante».

In quel momento, il dossier era davvero potente. Rivisto oggi, sembra banale; contiene riproduzioni di tavole spesso datate e superate.
Invece per l’epoca sono un mezzo shock. Non solo hanno poco a che fare con i grandi classici del western bonelliano, ma le tavole denotano un gusto ed esprimono una modernità decisamente più avanti dei già citati “Mister No” e “Martin Mystére”. Ma ciò che mi colpisce di più sono i testi di presentazione dei personaggi: brevissimi, praticamente degli slogan un po’ allungati. Cito:

«Dylan Dog. Trent’anni, un passato di investigatore a Scotland Yard, Dylan è l’unico detective al mondo che si occupi esclusivamente dei misteri che vanno al di là della ragione: mostri, licantropi, vampiri, fantasmi e fenomeni paranormali.»
«Groucho. Ex attore comico … ha soprattutto il compito di alleggerire la tensione delle storie con le sue battute folli e surreali.»
«… da Londra Dylan e Groucho sconfineranno in ogni parte del mondo, là dove l’incubo li chiamerà.»

Basta.
Tutto qua.
Non so se vi siete mai imbattuti nelle presentazioni di serie e personaggi, spesso muri di testo per progetti incompiuti o iniziative editoriali destinate all’oblio o alla commiserazione generale…
Qui, invece, poche parole, quelle giuste e mai smentite in quasi quarant’anni. Parole che ci avevano resi testimoni di una nascita importante.

Si possono fare almeno due considerazioni.

Pur ricevendo questi materiali, leggendo le interviste di quel periodo e ottenendo qualche rivelazione dietro le quinte, avevamo avuto solo l’illusione di essere stati messi a conoscenza di come funzionava la bottega creativa bonelliana.
In realtà eravamo stati destinatari di un comunicato stampa alla buona, ma molto efficace. Le dinamiche che avevano reso possibile l’avvio di questa serie saranno almeno in parte ricostruite a distanza di anni. Quello che è importante sottolineare è che con “Dylan Dog”, la casa editrice riesce per l’ultima volta a tornare in sintonia con il grande pubblico e in particolare con i più giovani. E inoltre aggancia anche le lettrici. Riesce a farlo grazie a storie attuali, che funzionano anche quando sono sbagliate. Dylan Dog è un personaggio mediatico, anche più di Tex, e rappresenta una porzione importante dello stile della casa editrice. Sergio Bonelli dichiarerà spesso di non capire fino in fondo le ragioni di questo successo, ma farà il suo mestiere di editore fino in fondo. Non solo. “Dylan Dog” e il successivo “Nathan Never” saranno (in parallelo con il ritorno dei supereroi e la scoperta dei manga) un notevole innesco per stimolare molti giovani a occuparsi di fumetti in varie vesti.

La seconda considerazione riguarda i contenuti.
Senza nulla togliere alla passione e alla competenza di autori ed editori, nel progettare la serie, appare evidente che Dylan Dog viene costruito strada facendo. I primi numeri sanno tanto di nuovo e costituiscono un bell’imprinting. Ma il personaggio non convince del tutto. Tanto è vero che le vendite all’inizio non sono molto soddisfacenti. I temi che lo caratterizzeranno compiutamente emergeranno gradualmente: la fragilità esistenziale del protagonista, la mostruosità del potere, la crudeltà e il cinismo delle persone normali contrapposti a quelli che riteniamo mostri per il loro aspetto, l’orrore del quotidiano, il nonsense della vita…
Probabilmente il dossier di presentazione era sommario e laconico perché in quel momento c’era qualche idea buona e tanto mestiere, ma non molto di più. Il punto di forza vero era la scrittura di Tiziano Sclavi, il suo talento nel disegnare frasi evocative e di grande respiro, la sua abilità nello sceneggiare, pari a quella di un musicista che sa suonare qualunque spartito a prima vista, o meglio ancora pari a quella di un compositore di opere liriche nel pieno della sua maturità.

In questa storia abbiamo alcune personalità eccezionali che si incontrano, “mostruose” potremmo chiosare per stare al tema del mese di (Quasi). L’introverso Sclavi, con tutti i suoi problemi, e l’uomo di mondo Sergio Bonelli, supportati da una redazione ancora piccola ma di livello (Castelli, Canzio, Baitelli…), sono i fuoriclasse di una squadra in quel momento tra le più forti in Europa.

I venticinque anni che intercorrono da quel 26 settembre 1986 in cui nasce “Dylan Dog” e quel 26 settembre 2011 in cui ci lascia Sergio Bonelli disegnano un’ideale parabola in cui quel genere di fumetti che abbiamo chiamato “popolari” raggiunge il suo apice per poi iniziare il suo lento declino.

Dal 27 settembre 2011 siamo entrati simbolicamente in una nuova stagione, quella ancora in corso, complessa e contraddittoria, dove tra le poche certezze che abbiamo c’è senza dubbio questa: gli eroi non sono più al centro delle storie.

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