The Great When – Arthur Machen

Omar Martini | Leggere Long London |

In cui l’incauto scrivano, non pago di tutte le divagazioni contenute del libro che sta leggendo, se ne concede pure lui una e si immerge nella vita e nelle opere di Arthur Machen.


The Best Way to Start a Book” / “Il modo migliore per iniziare un libro” (Seconda parte)

La settimana scorsa, quando ho iniziato a parlare del primo capitolo di The Great When, il nuovo romanzo di Alan Moore, ci è stata presentata la versione adulta del protagonista del libro, Dennis Knuckleyard, già incontrato alla fine del prologo: vive e lavora nella libreria Lowell’s Books & Magazines, e la sua padrona (nonché madre adottiva) Ada Benson lo manda da Flabby Harrison per acquistare dei libri di Arthur Machen. Dopo un lungo giro per le strade di Londra, il ragazzo riesce a trovare il libraio ed entra a casa sua. Harrison lo conduce nella stanza che fa da cucina e soggiorno, ed estrae da un baule ottomano una pesante scatola di detersivo Oxydol, dove ha messo i libri da vendere. Il ragazzo li tira fuori, rimanendone ammirato, e la trattativa comincia (Ada l’aveva avvertito di non spendere più di quindici sterline, e tutto quello che riusciva a risparmiare se lo sarebbe potuto tenere). Più che una trattativa, è un continuo ribassare del venditore quando Dennis accenna in modo vago che al momento non c’è un grosso interesse per Machen a causa delle sue idee fasciste (dopotutto, nonostante il clima politico che c’era in Gran Bretagna negli anni Trenta, siamo nell’immediato dopoguerra) e, soprattutto, quando, dopo aver tirato fuori i volumi che erano nel suo elenco, estrae A London Walk, il libro di un certo reverendo Thomas Hampole, che non è segnato nell’elenco che ha con sé. A quel punto, quando l’intero lotto gli viene offerto per un quarto del prezzo iniziale, il ragazzo accetta immediatamente. Mentre sta per uscire, l’uomo gli chiede spiegazioni sulle idee politiche di Machen, e il ragazzo fornisce una vaga risposta sbagliata perché non ricorda bene quello che gli aveva detto Ada. Una volta fuori, si può finalmente guardare intorno con tranquillità e, mentre cammina, si accorge di un uomo che lo osserva con insistenza e che aveva già notato anche prima.
Considerata l’attenzione che viene riservata a questo personaggio e la cura con cui viene descritto posso solo immaginare che avrà importanza in futuro: ha un aspetto bizzarro perché sembra avere la parte superiore del corpo piuttosto grande ma in realtà è normale perché è la parte inferiore a sembrare molto più bassa, a causa di una gamba più corta dell’altra di oltre dieci centimetri che viene riequilibrata da una grossa scarpa di ferro.

Mentre torna verso la libreria, Dennis nota una persona che conosce, almeno di fama: Maurice Calendar, un ragazzo il cui abbigliamento piuttosto singolare aveva fatto scuola ed era stato copiato da molti giovani della città. Il giovane appare affaticato e meno in forma del solito (un altro personaggio che forse ritornerà in futuro?). Dopo essere uscito da Soho, decide di andare a mangiare un boccone in un caffè dove spera di incontrare Clive Amery, un giovane apprendista avvocato e uno dei due unici amici che ha (qui si inserisce una breve digressione sull’incapacità del ragazzo di farsi nuove amicizie, dopo che aveva tagliato i ponti con tutte le sue conoscenze quando aveva iniziato a lavorare alla Lowell’s Books & Magazines, e di come quelle uniche due persone, Clive e John McAllister, un avvocato del “Daily Express”, le aveva conosciute proprio grazie alla libreria). Effettivamente lo trova al Bond’s Coffee House e, grazie alle doti oratorie dell’amico (afferma che Dennis, il nobile rampollo della famiglia Oxydol, è un suo cliente ed è lì per discutere il suo caso: un gruppo di soldati gli hanno occupato la casa, sbattendolo fuori), evita di farsi cacciare dal proprietario, che l’aveva etichettato subito come una persona non adeguata a quell’ambiente.
Scampato il pericolo, i due ragazzi si scambiano le loro ultime novità: Dennis gli racconta della trattativa che ha appena concluso, mentre il giovane avvocato gli parla di alcuni degli ultimi casi che gli sono capitati. Questo permette a Moore di inserire altri riferimenti al periodo, nominando un paio di serial killer dell’epoca, Neville Heath e John Haigh, finiti entrambi giustiziati, e accennando che lui identifica la causa di quella violenza in “Dick Barton”, un investigatore protagonista di un celebre serial radiofonico dell’epoca, a cui seguirono tre film e una versione televisiva negli anni Settanta, tutti realizzati dalla Hammer. In quel periodo era l’obiettivo di chi cercava di trovare nei media il capro espiatorio della causa ai problemi della società, come sarebbe poi successo con il già citato Hank Janson o negli anni Settanta con la testata a fumetti “Action” (come accennato in un mio articolo sul fumetto di guerra britannico).

Dennis lascia Clive per ritornare in libreria e, ripercorrendo all’indietro la strada che aveva percorso la mattina, incontra anche l’amico John. Il giornalista però è di corsa perché deve andare a Westminster per ascoltare la dichiarazione che il Primo Ministro Clement Attlee sta per fare nei confronti della Cina che è diventata comunista. Sempre più stanco, prosegue il cammino e fa un ulteriore strano incontro con una ragazza, vicino a un lampione. Per come la descrive l’autore, sembra quasi un personaggio femminile uscito da un romanzo pulp dell’epoca (capelli vistosi, volto parzialmente in ombra, sigaretta, un corpo formoso e tacchi a spillo). I due hanno una conversazione bizzarra, più per la goffaggine del giovane a rapportarsi con l’altro sesso: in ogni caso, la ragazza dichiara di essere una prostituta e, avendo visto qualcosa di strano la settimana prima nel cortile di una chiesa, aveva deciso di ritornare lì, utilizzando una guida alle chiese della città.

Il calvario di Dennis continua, sentendo che la scatola diventa sempre più pesante, ma finalmente arriva a destinazione, dopo aver fatto un’ulteriore sosta per ristorarsi mangiando il classico “fish & chips”, unto e avvolto nella carta di un giornale, ed essere passato attraverso zone in cui si potevano ancora vedere i segni della guerra conclusa qualche anno prima. Quando entra nel negozio già chiuso, essendo passate le 17, Ada, che lo sta aspettando in cucina, lo assale inveendogli contro per una ragione che il ragazzo non capisce bene e brandendo “Picture Show”, la rivista cinematografica con cui lui aveva cercato di masturbarsi quella mattina. Dennis si scusa per averla presa e le spiega che l’aveva fatto perché è un appassionato di cinema, come molti giovani. La donna sembra calmarsi e gli restituisce la rivista, iniziando a ridere a crepapelle, senza riuscire a fermarsi. Il ragazzo ritorna in camera, apre il giornale alla pagina della ragazza che aveva ammirato qualche ora prima e in quel momento nota la didascalia microscopica con il nome dell’attricetta ritratta: Ada Lowell. Quando capisce che si tratta di una foto della sua padrona da giovane, si sente male, mentre in lontananza sente ancora le risate che non accennano a fermarsi.
Arrivati alla fine di questo capitolo, si conferma la tecnica di costellare anche queste pagine di vari elementi che servono a trasmettere una certa aria “British” (il detersivo Oxydol, la brillantina Brylcreemed usata da Maurice Calendar, il fish & chips nella carta da giornale), e a inserire la Storia all’interno del racconto usando dei riferimenti ben precisi, che vanno dai fatti di cronaca nera, con i due serial killer, alla cultura pop, con il serial radiofonico, alla politica in senso stretto, con la dichiarazione del Primo Ministro nei confronti dei cambiamenti che stavano avvenendo in Cina, ai resti ancora visibili della Seconda Guerra Mondiale, con gli “Anderson Shelter”, che erano delle baracche in metallo ondulato che venivano poste nei giardini delle case. Però l’elemento principale è ovviamente lo scrittore Arthur Machen, per cui ritengo sia utile cercare di sintetizzare la sua figura, anche perché non è la prima volta che lo troviamo all’interno delle opere di Moore. Di origine gallese (1863-1947) e discendente da una famiglia di pastori della Chiesa anglicana, intraprende la carriera di scrittore, redattore e traduttore, dopo aver provato diversi lavori. Tramite la moglie Amelia Hogg, entra a far parte dei circoli bohemien londinesi e diventa amico di diversi scrittori. Per riprendersi dalla morte per cancro della consorte avvenuta nel 1899, si unisce prima all’Ordine Ermetico dell’Alba Dorata e poi intraprende per un po’ la carriera di attore. È il secondo matrimonio a riportargli un po’ di serenità e il desiderio di farsi pubblicare di nuovo: sarà quindi l’antologia del 1906 The House of Souls a ridargli la fama e a fargli riprendere gli studi nell’ambito della cristianità celtica, il sacro Graal e re Artù. Fa il giornalista per circa dieci anni per poi diventare saggista negli anni Venti. La pubblicazione di una serie di libri, come La gloria segreta, e la ristampa di alcune antologie, generano un nuovo interesse nella sua opera, arrivando anche negli Stati Uniti. Gli ultimi vent’anni della sua esistenza però sono particolarmente difficili. Il successo di cui aveva goduto si esaurisce presto, non riesce ad ottenere dei llavori (e quindi delle entrate) regolari ed è solo nel 1943, grazie all’appello di una serie di autori importanti, come T. S. Eliot, Bernard Shaw e Algernon Bllackwood, che ottiene un vitalizio e ha un po’ di tranquillità negli ultimi anni della sua esistenza.

Per tutta la sua vita ha dimostrato un certo interesse nei confronti della spiritualità e del paganesimo, che unisce alla credenza che il mondo quotidiano nasconda una realtà più misteriosa e strana. Queste idee influenzano fortemente le sue opere, soprattutto quelle più gotiche e decadenti degli anni Novanta del XIX secolo, in cui la rottura della separazione tra questi due mondi di solito conduce alla follia, al sesso o alla morte… o a una combinazione di tutti e tre questi elementi. È anche un grande appassionato di letteratura, dimostrando gusti eclettici e prediligendo autori come William Shakespeare, Edgar Allan Poe, François Rabelais, Robert Louis Stevenson e Miguel de Cervantes. Di contro, si oppone a una visione del mondo materialistica e diffida della scienza, del materialismo e del puritanesimo.
Pur avendo un successo altalenante, l’opera di Machen è arrivata ai giorni nostri grazie alle ristampe avvenute dagli anni Settanta in poi, e al lavoro di piccole case editrici che continuano a pubblicare i suoi libri. Ha ricevuto anche un riconoscimento da parte della critica, che lo pone all’interno del tardo revival vittoriano del romanzo gotico e del movimento decadente, posizionandolo accanto ad autori come Stevenson e Oscar Wilde.
Ma gli effetti maggiori si possono vedere nella diffusione dei suoi libri negli Stati Uniti negli anni Venti del secolo scorso, dove le sue storie soprannaturali influenzano numerosi scrittori e artisti di vario tipo: primo fra tutti, H. P. Lovecraft, ma poi anche romanzieri contemporanei come Stephen King, Peter Straub o T. E. D. Klein.
Effetti delle opere di Machen si vedono nel realismo magico, come riconosciuto da Jorge Luis Borges, ma anche nella psicogeografia, di cui fu un pioniere per l’interesse che ha mostrato verso l’unione tra il paesaggio e la mente. Lo stesso Aleister Crowley riteneva che le sue opere contenessero una verita’ “magika”.

Per concludere questa carrellata, lo stesso Alan Moore ha già utilizzato la figura di Machen, nel momento in cui è devastato dal dolore per la morte della moglie Amelia, nel suo Serpenti e scale, monologo trasformato a fumetti nell’adattamento realizzato da Eddie Campbell, e di cui alcune immagini arricchiscono questo articolo.
Per concludere e ritornare a The Great When, la lista che Ada ha preparato per Dennis copre i punti salienti della sua produzione, composta quasi esclusivamente da antologie di racconti, avendo scritto solo quattro romanzi. Le opere che vengono citate sono: Ornaments in Jade (un’antologia di racconti e poesie scritta nel 1897, ma pubblicata solo nel 1924, in cui si accenna a oscuri poteri pagani.), The House of Souls (un’antologia pubblicata nel 1906, che raccoglie i racconti usciti solo in rivista o in altri volumi. E’ considerata come la prima vera antologia di racconti di questo autore, e la distanza temporale che la separa da I tre impostori forse è dovuta al declino della scrittura decadente, dopo la condanna nei confronti di ogni genere di eccesso avvenuta con il processo a Oscar Wilde), The Cosy Room (un’altra antologia curata nel 1936: raccoglie alcuni dei primi racconti, che risalgono agli anni Novanta dell’Ottocento, e una selezione di poesie da Ornaments in Jade), la novella Il grande dio Pan (pubblicata nel 1894 assieme al racconto “La luce interiore” è senza dubbio l’opera più famosa di Machen: il tema centrale è quello di un esperimento che dovrebbe aprire la mente a dimensioni nascoste dell’universo, ma il risultato avrà delle conseguenze terribili, dando origine a una strana creatura che terrorizza Londra), I tre impostori (pubblicato nel 1895, è composto da una serie di racconti collegati attraverso una cornice narrativa, in cui due gentiluomini cercano di risolvere il mistero che si cela dietro un uomo con gli occhiali) e Il cerchio verde (l’ultimo romanzo scritto nel 1933, che riprende alcune tematiche tipiche dell’orrore soprannaturale: il protagonista è in vacanza nel Galles e, quando visita un luogo chiamato “Green Round”, un’ombra inizia a seguirlo, non abbandonandolo nemmeno quando ritorna a Londra). Da segnalare che all’interno di questo libro, c’è il personaggio del reverendo Thomas Hampole, che ha scritto quel A London Walk che Dennis ha trovato nella scatola di Harrison. Sono certo che presto scopriremo qualcosa di più su questo misterioso libro, visto che il secondo capitolo si intitola propria come quel volume.

Ti è piaciuto? Condividi questo articolo con qualcun* a cui vuoi bene:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

(Quasi)