Rimirata la copertina, passiamo alla quarta in cui leggiamo alcuni divertiti annunci stile freak show e dove campeggiano tre doppie figure identiche disposte sui lati: una piacente strega a cavallo di una scopa, un mago vagamente somigliante allo stesso Moore e una veduta dall’antico Egitto, ovvero una sfinge in primo piano, sul fondo piramidi e un obelisco (sul piedistallo si vedono i ricorrenti simboli di The Moon and The Serpent).
Il testo si chiude con un imperativo: «WAKE THE SNAKE!», «Sveglia il Serpente!». Immagino sia Glicone ma anche… Kundalini. Vedremo. Dopotutto io Battiato lo ascolto, eh!
E infine, sotto, per chiarire che nonostante le gioiose apparenze non si tratta di un volume per bambini: «BEING FOR ADULTS ONLY», «SOLO PER ADULTI».
Dalle pagine emerge un segnalibro viola: direi un elemento graditissimo che non dovrebbe mai mancare in tutte le produzioni di qualità!
L’ABC!
È giunto il momento di tuffarci per davvero nel volume.
Le guardie, anteriore e posteriore, sono coloratissime e presentano personaggi ed elementi magici. Riconosco la mano di Kevin O’Neill in alcuni disegni ma, andando a sbirciare la pagina finale del libro con i credits, scopro che i risguardi sono attribuiti a Ben Wickey (un nome direi abbastanza sconosciuto) che ha un segno un po’ caricaturale che non mi dispiace affatto. Tra le figure ritratte mi pare di riconoscere, tra gli altri, William Blake, John Dee e Edward Kelley, Madame Blavatsky e probabilmente Medea: immagino ne sapremo di più leggendo.
Avendo dato una sbirciata ai credits, sveliamo il mistero: ovviamente il volume è stato scritto dal duo Steve & Alan Moore mentre i disegnatori elencati sono Steve Parkhouse, Rick Veitch, Kevin O’Neill, John Coulthart, tutti nomi noti, oltre al già citato Wickey.
Considerando il lungo periodo di lavorazione del Bumper Book, il nome di Wickey era già saltato fuori qualche anno fa. Credo che il suo coinvolgimento sia da far risalire al 2021-22 quando il progetto è ripartito ed è stato incaricato della realizzazione delle Vite dei Grandi Incantatori che rappresenta la parte più corposa, a fumetti, del grimorio. Classe 1995, originario del New England, illustratore e regista di corti d’animazione con una certa fascinazione per il weird e l’horror, in un’intervista del 2002, Moore ha definito Wickey «un artista di enorme talento». Oltre al Bumper Book, Top Shelf ha annunciato la prossima pubblicazione di More Weight: A Salem Story, un corposo graphic novel sui famigerati processi alle streghe avvenuti a Salem, in Massachusetts, sul finire del 1600 [6]. Ma non divaghiamo troppo.
Dopo qualche illustrazione introduttiva e la doppia pagina con il sommario (che per ovvie ragioni non rivelerò), il grimorio si apre ufficialmente a pagina 4 con “The Moon and Serpent Magical Alphabet”. Il tutto è opera di un ispiratissimo Coulthart.
L’alfabeto magico è presentato come una griglia numerata di 4×6 tessere, a copertura delle 26 lettere dell’alfabeto inglese. Ogni tessera contiene la “lettera magica” e la corrispondente lettera dell’alfabeto inglese (la numerazione non segue l’ordine standard: per esempio, alla tessera 2 è assegnata la lettera P; a due tessere vengono, evidentemente, assegnate due lettere) e, sotto, l’entità associata, la sua definizione, la Sefirot e relativo attributo (questo per le prime undici tessere, tante quante sono le Sefirot; i Moore hanno quindi deciso di includere anche l’undicesima sefirah chiamata Daat, di natura invisibile), segno zodiacale e uno tra i quattro elementi.
Forse è più semplice se vi mostro una tessera… ed è davvero sorprendente e mostruosa (anche se la fascinazione di Moore per HPL non ci coglie certo di sorpresa)!
Considerate che non sono un esperto di queste materie esoteriche: sono qui per Moore, per curiosità e per imparare, seppur da una posizione, difficilmente scalfibile, di scetticismo; l’interesse è, ammettiamolo, del tutto… “narrativo”, ecco.
Sull’alfabeto magico occorrerà tornarci su, magari memorizzandolo e facendo qualche ulteriore ricerca d’approfondimento anche se scommetterei che i temi citati torneranno nel prosieguo del grimorio.
Nel frattempo, sentiamo che cosa mi ha rivelato John Coulthart:
«L’alfabeto è stata una delle prime creazioni targate Moon and Serpent, scaturite dalle esplorazioni sulla Magia fatte da Alan e Steve negli anni Novanta. Non sono sicuro di quando l’abbiano messo insieme, ma verso la fine degli anni Novanta Alan mi inviò un foglio stampato al computer che mostrava, in una forma piuttosto grezza, la disposizione delle lettere così come sono poi state pubblicate nel libro, ovvero una griglia con delle “lettere” colorate e tutte le loro attribuzioni. Avevo già fatto degli esperimenti per la realizzazione di font così, quando mi chiesero di realizzare il package del CD per The Highbury Working, scansionai le lettere inviate da Alan e creai un font utilizzato poi per vari CD e manifesti del Moon and Serpent.
La pagina dell’alfabeto magico è stata una mia iniziativa, il mio primo contributo aggiuntivo al libro: non era un elemento indicato nel sommario originale. Ho voluto includerlo perché spiegava (almeno) l’alfabeto che ho utilizzato in tutti i CD del Moon and Serpent. Sono sempre rimasto colpito da quell’alfabeto ed è questo il motivo per cui ero così desideroso di inserirlo nel libro. Oltre a essere uno dei primi frutti del progetto Moon and Serpent, è un’ingegnosa sintesi di svariati simbolismi mitologici e occulti in sole 24 lettere. Inoltre, non assomiglia a nient’altro, è qualcosa di nuovo: non cerca di emulare l’aspetto dei vecchi alfabeti magici e funziona davvero come un alfabeto. Nonostante la forma insolita di alcune lettere, il tutto è relativamente facile da leggere. I grimori del passato (per esempio, The Magus di Francis Barrett) spesso contenevano pagine di alfabeti magici; quindi, il nostro è in linea con la tradizione e aggiunge anche qualcosa di nuovo.»
E su Cthulhu chiarisce:
«Se si guarda con attenzione alle attribuzioni, si nota che ci sono dodici simboli maschili e dodici femminili, con Cthulhu a cui è stato segnato il genere femminile. Non penso che siano applicabili categorie terrestri come sesso o genere: Cthulhu è piuttosto un “IT” e nel racconto originale di Lovecraft ha una forma mutevole. I personaggi dei Miti di Cthulhu si riferiscono a Cthulhu come a un “lui” ma questa pare più che altro una comodità o una consuetudine. Riguardo la lettera, la pronuncia del nome Cthulhu non è molto diversa dal suono di “Q”, mentre l’assegnazione a Daath è parte della teoria di Alan che Daath sia una sorta di abisso lovecraftiano, come puoi vedere nella sezione del grimorio dedicata ai Territori Magici oppure nel numero 20 di “Promethea”.»
A me gli occhi: i fumetti!
Di fronte all’alfabeto ecco… un fumetto: In the Morning of the Mind, Nel Mattino della Mente.
Otto tavole in uno spettacolare bianco e nero firmato Steve Parkhouse (già apprezzato co-creatore, con Moore, di quel gioiello british che risponde al nome de La saga dei Bojeffries), familiare griglia di nove vignette e… ambientazione preistorica!
La storia è praticamente muta, tranne un passaggio decisivo, e vede protagonisti un gruppo di uomini preistorici: a seguito di una battuta di caccia ad un cervo gigante, uno di loro rimane ferito; durante la convalescenza, per caso, si ciba di alcuni funghi allucinogeni che lo ispireranno a ricordare e ritrarre la realtà come mai prima. La rappresentazione diventa atto magico, è il risveglio della coscienza, l’inizio del viaggio.
Nella già citata intervista per “Publishers Weekly”, Moore afferma:
«[…] Nel Bumper Book, suggeriamo che siano stati i segni figurativi, ovvero le immagini, a fornirci la chiave del linguaggio scritto, che a sua volta ha fornito la chiave per la consapevolezza moderna che le nostre menti, mentre si sviluppavano gradualmente, hanno interpretato come magia. Sostengo che il fumetto, usato correttamente, possa essere un mezzo di espressione quasi perfetto per trasmettere idee magiche, un po’ come la poetica “lingua degli uccelli” che gli alchimisti interpretavano come il metodo ideale per trasmettere i concetti relativi all’alchimia. Dopotutto, i primi fumetti realizzati sulle pareti delle caverne forse si prefiggevano uno scopo magico.»
E puntualizza che:
«[…] il Bumper Book non è e non è mai stato concepito per essere il mio ultimo lavoro nel campo dei fumetti. Il mio ultimo fumetto, completato nel 2018, è stato il quarto e conclusivo volume [La Tempesta, N.d.T.] della Lega degli Straordinari Gentlemen con Kevin O’Neill. Avevo finito di scrivere tutto il materiale a fumetti del Bumper Book per la primavera del 2014 e l’intero libro nel 2015: ci sono voluti soltanto dieci anni per trovare tutti i disegnatori e per completare le storie con una qualità così spettacolarmente elevata.
Potrebbero esserci anche altri fumetti là fuori, ancora inediti, ma il quarto volume della Lega è stato l’ultimo fumetto che ho scritto ed è stato anche, credo, un affettuoso e completo addio al medium. Il Bumper Book, iniziato intorno al 2007, è sempre stato pensato come un grimorio, bello a vedersi e accessibile, che conteneva anche dei fumetti. Era inteso esclusivamente come una dichiarazione sulla magia, piuttosto che come una dichiarazione sui fumetti.»
Sottolineerei quel “Potrebbero esserci anche altri fumetti là fuori, ancora inediti” che apre delle prospettive inattese per gli appassionati. Ricordo che a suo tempo si parlò di un altro fumetto su Lovecraft, post-Providence, che Moore avrebbe scritto per la Avatar Press. Ma non distraiamoci.
Torniamo a “In the Morning of the Mind”. Ho avuto il piacere di scambiare due chiacchiere via e-mail con Steve Parkhouse per avere qualche dettaglio sul making-of del fumetto o qualche rivelazione. Ecco cosa ha risposto:
«Non ho dei retroscena su In the Morning of the Mind. È una storia che ho disegnato sedici o diciassette anni fa e perciò non è freschissima nella mia memoria. E personalmente non riesco a vedere alcuna rivelazione.
Dal momento che nessuno di noi era lì presente, gli eventi narrati sono ovviamente del tutto speculativi. Per il disegnatore c’erano le solite, prevedibili difficoltà: dove trovare della documentazione su un cervo gigante, sulle comunità neolitiche, su degli scenari credibili, etc. In altre parole, come dare vita al fumetto. Non sono mai stato del tutto certo delle intenzioni di Alan sulla storia in sé. Mi sono fatto la mia opinione: ogni cosa nell’universo è un frattale dell’universo stesso e di conseguenza le forme della natura tendono a ripetersi le une nelle altre.»
A proposito del ripetersi delle parti, la vignetta finale del fumetto di Parkhouse si collega direttamente con quella di apertura della prima tavola autoconclusiva di Old Moores’ Lives of the Great Enchanters (I vecchi Moore presentano Le Vite dei Grandi Incantatori), per i disegni di Ben Wickey, ambientata anch’essa all’alba della civiltà tra pitture rupestri e sciamani.
Nella seconda tavola a seguire, vediamo l’avvento dell’agricoltura e delle città-stato, i primi maghi che poi convergono, in qualche modo, nei nostri Re Magi (eh, Natale si avvicina!).
Dal punto di vista grafico il segno di Wickey è accattivante e fresco, ricorda in qualche modo i frame di un corto d’animazione a passo uno. Le vignette sono prive di dialoghi e di onomatopee, la storia viene raccontata tramite didascalie poste sopra e sotto ogni disegno che funge da contrappunto visivo: lo scopo didattico è evidente, qui si racconta l’evoluzione della magia e dei suoi protagonisti dal passato remoto fino (credo) ai giorni nostri.
Ed eccoci giunti alla otto pagine d’introduzione firmate “The editors”, i curatori, in cui viene illustrato lo scopo dell’opera, l’importanza della Magia, il valore della dimensione fisica e quella della mente, entrambi “reali” e… molto altro (lo leggerete anche voi, prima o poi, il grimorio, no?).
«Benvenuti, lettori, al Moon and Serpent Bumper Book of Magic. In questo meraviglioso compendio speriamo di offrirvi una chiara e utile introduzione alla storia di questa eccitante materia e, al contempo, di fornirvi tutto quello che occorre conoscere per potervi dedicare alle vostre personali ricerche ed esperimenti. […]»
Continua…