The Moon and Serpent Bumper Book of Magic: 03. Giornate di pioggia e arriva… The Soul

smoky man | Visiting Professor |

Una nota, prima d’iniziare: seppur la notizia fosse già circolata durante Lucca Comics, nei giorni scorsi Panini ha annunciato che pubblicherà l’edizione italiana del Bumper Book. Il tomo dovrebbe essere disponibile a maggio 2025 e sembrerebbe che il grimorio verrà intitolato Sussidiario di Magia.
Confesso che la scelta di “sussidiario”, pur comprensibile, non mi convince del tutto.

Ma torniamo a noi. Siamo a pagina 23: ecco la prima puntata della serie di articoli Things to do on a rainy day, ovvero Cose da fare in una giornata di pioggia: si percepisce qui l’uggiosa atmosfera british e anche del brillante umorismo, direi.
Questo episodio d’esordio, che occupa dieci pagine, ha l’intrigante ed eloquente sottotitolo: “No. 1: Making Things is Magic”, ovvero “Creare (realizzare cose) è Magia”: si tratta di indicazioni ed esercizi pratici per iniziare a esplorare il mondo della magia, presentati con un tono leggero e alla portata di tutti. Non a caso l’illustrazione d’apertura, opera di Rick Veitch che firma tutte le immagini di questa sezione, raffigura una ragazzina e un ragazzino seduti intorno a un tavolo che armeggiano con carta, forbici, colla e nastro adesivo, con alle loro spalle, come guide, Selene ed Ermes.

«Fuori piove? Se sei bloccato a casa senza nulla da fare, allora perché non diventare un mago? Uno dei modi migliori per entrare nello stato mentale in cui la magia diventa possibile è attraverso dei semplici lavoretti manuali, principalmente usando oggetti di uso quotidiano che puoi trovare in giro per casa (anche se ricordati di chiedere a tua madre prima di usare le forbici).»

In quest’articolo i Moore sottolineano come ogni atto creativo sia un atto magico e viceversa: suggeriscono quindi di realizzare una rappresentazione di una divinità (dio/dea/idea/entità) di propria scelta, o da cui si è stati scelti, a cui dedicare un altare, uno spazio speciale su cui focalizzare la pratica magica.

«[…] Ricorda che uno degli scopi della magia è conoscere più strettamente idee-entità come quelle che nel mondo antico venivano chiamate “dei”, tenendo presente che molte delle divinità più amate sono notoriamente creative e, se esistono, presumibilmente apprezzerebbero la creatività altrui.
Creare, che si tratti di una poesia, un giardino o un universo, è un atto divino e quando creiamo, come esseri umani, stiamo emulando il divino.

[…] La creazione effettiva dell’immagine divina può essere realizzata con qualsiasi mezzo visivo che ti sembra il più appropriato.

[…] Quest’opera, una volta completata, sarà il tuo primo atto magico volontario e cosciente. Hai materializzato e reso visibile un’astratta, intangibile forma-idea che non esisteva prima che tu la pensassi. Hai dato vita a qualcosa dal nulla, proprio come un coniglio estratto da un cappello a cilindro: tutto questo è reso possibile dal potere della magia o, come vien talvolta chiamata, dall’Arte. […]»

L’articolo prosegue con indicazioni per la creazione delle quattro armi del mago (vedasi ancora Promethea):

«[…] Basate sui classici quattro Elementi – Fuoco, Acqua, Aria e Terra – la bacchetta, la coppa, la spada e il pentacolo (o disco) rappresentano quegli elementi e gli attributi dell’uomo che questi simbolizzano. […]»

Il consiglio è sempre quello di concretizzarle in un qualche oggetto, anche piccolo come una scodella o una spada di cartone, da realizzare e creare a piacimento secondo le proprie capacità.  

«[…] Dopotutto, queste sono le tue armi magiche e sono uniche, come tu sei un’anima unica nell’universo. Dovrebbero soprattutto riflettere i tuoi gusti e i tuoi pensieri sulle idee magiche in questione. […]»

Si precisa che questo esercizio di creazione non è da intendersi limitato al disegno e alla pittura (si citano William Blake, Austin Spare ma anche Pollock e Picasso) ma si può estendere ad ogni forma artistica, anche non-visiva, come ad esempio alla musica: in questo caso i Moore fanno menzione del nostro Monteverdi.
Infine, è il turno della scrittura.

«[…] Se abbiamo lasciato la scrittura per ultima nel documentare come le arti forniscano un percorso verso la consapevolezza magica, questo è solo perché scrivere è forse la più importante delle arti per quanto riguarda la magia. Gli dèi della magia, siano essi Odino, Thoth o Ermes, sono anche gli dèi della scrittura, del linguaggio e della comunicazione.
Il noto occultista Aleister Crowley sottolinea che lanciare un incantesimo (spell) è semplicemente scrivere (spelling), mentre l’uso del termine “grimorio” per descrivere un libro di magia (come questo) è semplicemente un altro modo di dire “grammatica”. La Magia, che dipende da parole magiche e invocazioni finemente formulate, può essere considerata soprattutto un’arte linguistica, lo stesso Crowley definiva la Magia “un disturbo del linguaggio”. […]»

L’articolo si conclude con la proposta di altri due esercizi, più avanzati: l’invocazione o l’evocazione della divinità protettrice che si è scelti e uno scritto basato su un luogo specifico, ovvero una prova di psicogeografia (altro tema caro al nostro Barbuto).
L’ultima frase di questo “No. 1: Making Things is Magic” rimarca un concetto ben noto a chi segue il Magus di Northampton.

«Come si tenta di dimostrare nel presente volume, l’Arte e la Magia possono essere viste quasi come la stessa cosa, in quanto la Magia dovrebbe essere trattata come un’arte piuttosto che come una scienza o una religione e l’Arte, essendo la meravigliosa creazione dal nulla di qualche nuova idea o forma, è qualcosa di autenticamente, genuinamente magico.»

Contattato via e-mail per un commento sul suo contributo, Rick Veitch mi ha inviato una breve replica:

«Ho disegnato le mie illustrazioni più di quindici anni fa e, al tempo, ho potuto leggere soltanto il capitolo a cui stavo lavorando. Quindi non sapevo nulla del resto. Ovviamente sono molto contento d’aver FINALMENTE letto il libro completo.»

In precedenza, l’11 Ottobre scorso, avendo ricevuto in anteprima la sua copia, Veitch scriveva su Facebook:

«L’ho appena finito. La migliore visione d’insieme sulla coscienza e su come esplorarla che potrai mai trovare.»

Mi pare interessante riportare un breve passaggio della lunga e approfondita recensione del Bumper Book of Magic pubblicata sul “Comics Journal” a firma Joe McCulloch:

«Alcune delle illustrazioni sono realizzate da Rick Veitch, collaboratore di lunga data di A. Moore, immediatamente distinguibile rispetto a Coulthart non solo per la sua linea riconoscibile, ma per il tocco di “stranezza Americana” che i suoi netti personaggi infantili apportano a un testo estremamente britannico; scene di giovani scout che costruiscono un dio della discarica o la mascella di un ragazzo che pende sopra la sua t-shirt con scollo a V mentre disegna automaticamente un pasticcio a forma di calamaro […]»

E siamo così a pagina 32. Conclusa questa prima lezione sulle Cose da fare in una giornata di pioggia, ecco due tavole (la n.3 e 4) dedicate alle Vite dei Grandi Incantatori: stavolta l’ottimo Ben Wickey ci presenta, con eccellente sintesi, le “vicende” di Circe e Medea e il loro impatto sull’immaginario legato alla magia (direi, fate versus streghe, o qualcosa di simile).

A seguire, l’esordio di The Soul (l’Anima), protagonista della prima parte di quello che sembra un romanzo illustrato a puntate (di una serie immaginaria di romanzi, aggiungerei): The Dweller in the Abyss: another thrilling mystery-adventure of THE SOUL, L’Abitante dell’Abisso, un’altra sensazionale avventura misteriosa di THE SOUL. Chapter One: In the Shadow of the Mausoleum, Capitolo uno: All’ombra del Mausoleo.
Anche in questi titoli roboanti mi pare di sentire l’eco del Solitario di Providence.

Le illustrazioni, compresa quella spettacolare d’apertura, sono firmate da un John Coulthart in stato di grazia, con un segno pulito che richiama l’Art Nouveau, Mucha, Klimt.
The Soul (appellativo dato alle loro muse e modelle dai simbolisti e preraffaelliti; tra queste, ricordiamo, Elizabeth Siddal e Jane Morris)) è la modella Adeline Carr, impegnata a posare per il pittore Alban Hamilton nel suo studio londinese a Bloomsbury. Siamo nel 1926.
La Carr posa nuda, sul capo un diadema lunare, nei panni di Artemide-Diana in una variazione del classico “Diana e Atteone” a cui sta lavorando Hamilton.
Il pittore rivela ad Adeline d’aver comprato il gioiello in… Italia!

«L’ho preso a Firenze in un negozio di oggettistica e antiquariato nascosto tra i vicoli, dove mi hanno detto che era una autentica tiara indossata dalla gran sacerdotessa ad un raduno di streghe fiorentino. Io invece penso che probabilmente si tratti di una truffa architettata per trarre profitto dalla terribile mania per le streghe a seguito del libro di Leland Aradia

Lì per lì ho pensato che Aradia fosse un pseudobiblion, un’invenzione di Moore, ma perché non prendersi la briga di una veloce ricerca grazie ai potenti mezzi dell’epoca digitale? E infatti… ecco che Aradia è un vero libro! Quante cose s’imparano grazie al Bumper!

Riporto l’incipit da Wikipedia e lì vi rimando:

«Aradia, o il Vangelo delle Streghe è un libro scritto nel 1899 da Charles Godfrey Leland. Il libro è un tentativo di descrivere le credenze e i rituali di una oscura tradizione religiosa stregonesca toscana che, afferma Leland, era sopravvissuta per secoli fino alla scoperta della sua esistenza nel decennio del 1890. Vari studiosi hanno contestato la veridicità di tale affermazione. In ogni caso il libro è diventato uno dei testi da cui almeno in parte hanno tratto ispirazione i movimenti neopagani della Wicca e della Stregheria. […]»

Incuriosita da questi racconti, Adeline chiede al pittore se può portare con sé la tiara, promettendo di restituirla il giorno dopo per la sessione di posa. Hamilton acconsente.
Adeline rientra a casa a piedi percorrendo una parte di Londra (in un tour simile a quello che Moore fa fare a Gull e Netley in From Hell) e passando di fronte alla chiesa di San Giorgio col suo caratteristico campanile, fino a giungere al suo appartamento situato sopra la libreria Atlantis Bookshop (ai giorni nostri, un riferimento imprescindibile per gli “appassionati” di magia, occulto ed esoterismo).
Sul tragitto percorso da Adeline vi rimando a un bel pezzo esplicativo dello stesso Coulthart apparso sul suo blog.
Rientrata a casa, Adeline decide di “sondare” il diadema lunare, sostanzialmente per curiosità ma anche in ragione delle pressioni fatte ad Hamilton per averlo in prestito. Così indossata la tiara, sorseggiato qualche bicchiere di vino, si spoglia improvvisando di fatto un involontario rituale.

«Vagamente, le venne in mente che avrebbe dovuto dire qualcosa, una formula o un incantesimo improvvisato.
“Diana, dea della Luna, concedimi la tua benedizione e… ehm… la tua visione.”»

Il rituale è stato messo in moto. Ma non succede nulla. Adeline va così a dormire e, in un sogno che le appare tremendamente reale, si ritrova nella Chiesa di San Giorgio da cui emergono un enorme drago cornuto accompagnato da una figura incappucciata, una sorta di sacerdote o un monaco.

«Quell’uomo irradiava una presenza così straordinaria, un’intensità così feroce nello stare lì, in quel nulla scintillante, che Adeline non riusciva a contenere il suo affanno spaventato, al che lui si voltò verso di lei. […]
Sapeva, con improvvisa assoluta convinzione, che intendeva farle del male.
Voleva distruggere la persona che lei era, fare a brandelli la sua cara, familiare esistenza ed esporla al vuoto ululante in cui dimorava. Voleva trasmutarla, alterarla finché non rimanesse più alcuna traccia del suo sé attuale; renderla una creatura sottomessa alla sua volontà. Con straziante lentezza e determinazione, il personaggio in tunica sollevò la bacchetta alata e la puntò direttamente verso di lei. Adeline sentì qualcosa lacerarsi nel suo stesso spirito mentre…»

Adeline si risveglia ed il giorno dopo, ancora terrorizzata, racconta il suo sogno ad Hamilton che le indica come il figuro incappucciato possa essere un mago malvagio e che sarebbe meglio se cercasse un modo per difendersi scoprendo di più sulla magia. Fine dell’episodio (pagina 42).
Immagino che nelle prossime puntate Adeline inizierà un processo di apprendimento e crescita che la porterà a padroneggiare la Magia. Vedremo, o meglio, leggeremo.

Ma facciamo un tuffo nel passato, tra il finire degli anni ‘90 e i primi anni del nuovo millennio. È in quegli anni che il nome The Soul era circolato come titolo di una nuova serie, per i disegni di John Coulthart, scritta da Moore per la sua “America’s Best Comics”. In qualche intervista del periodo era stata descritta come “una strip, decadente, sui temi dell’occulto, parzialmente creata al computer”. Il fumetto rimase in uno stadio embrionale e non fu mai pubblicato ma è, evidente, l’idea si è evoluta e trasformata fino a concretizzarsi per il Bumper Book of Magic.
Ho nuovamente raggiunto Coulthart via e-mail e mi ha risposto così:

«The Soul era una delle tre nuove serie previste per l’antologico ABC “Cascade”, un titolo che Alan aveva ideato ispirandosi allo Showcase della DC degli anni ’60. Le altre due storie sarebbero state Pearl of the Deep, un’avventura sottomarina disegnata da John Totleben, e Limbo, una storia con protagonista un personaggio morto disegnata da Shane Oakley. Alan aveva scritto una sinossi di undici pagine delle storie per i tipi della ABC/WildStorm; io avevo fatto alcuni schizzi per il personaggio, penso che Shane avesse fatto lo stesso per la sua serie, ma “Cascade” non divenne mai realtà.
Nella incarnazione originale The Soul si chiamava Isla Pascal Lamb, una donna che sarebbe stata l’equivalente femminile dei detective dell’occulto che fiorirono per un po’ nella fiction dell’era edoardiana, personaggi come John Silence e Thomas Carnacki. L’idea per i testi era di una combinazione di poliziesco e weird tales, mentre i disegni sarebbero stati un amalgama del mio interesse per l’Art Nouveau, la cultura decadente e gli illustratori degli anni dal 1900 al 1925.
All’epoca ero molto preso dalla computer art e dal design, da qui l’intenzione di utilizzare quell’approccio per la nuova storia, ma non sono mai arrivato al punto d’essere soddisfatto dell’amalgama tra disegno a mano e digitale. The Soul pensata per la linea ABC sarebbe stata leggermente più vecchia di quanto non sia nel Bumper Book, probabilmente sulla quarantina, e avrebbe avuto l’aspetto di una star del cinema muto o di una delle stravaganti aristocratiche dell’epoca, donne come Ida Rubenstein e Luisa Casati. Isla era decisamente più aristocratica di quanto non sia nel grimorio. Alan voleva che andasse in giro a bordo di un’enorme automobile di lusso come una Duesenberg, con uno scarabeo decorativo sul cofano.»

«Adeline Carr, The Soul nel Bumper Book, è ovviamente una versione “ridotta” di Isla Lamb: è una donna più giovane che vive in un appartamento sopra una libreria. La storia conserva alcune delle caratteristiche previste per Cascade – i capitoli e la storia stessa fanno tutti riferimento alla weird fiction – mentre la Duesenberg con scarabeo è diventata l’automobile più modesta di Alban. The Soul originale aveva già avuto esperienze occulte mentre la storia di Adeline racconta il suo primo incontro col mondo della magia.»

Continua…

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