Articolo di Garbat e Alessandro Lise
Il frutto di quest’anno portatomi da Lucca Comics and Games è, per quanto mi riguarda, L’alba dei morti viventi, il nuovo gioco da tavolo dedicato all’indagatore dell’incubo Dylan Dog. Il sasso, neanche a dirlo, lo ha lanciato – salvo poi tirare indietro la mano – il “maledetto” editore: per questo sono sempre più solidale con Boris e Paolo. Avremo memoria anche di questo “socio” Claudio Calia, sappilo! Torneremo come non morti a tormentarti, mentre risparmieremo i complici Alessandro Lise, Massimo, il portatore di doni, e Giacomo, con me e gli altri al tavolo nella lotta per sopravvivere alle oscure e tremende trame di Xabaras.
È stata dura, lo diciamo subito, il che non è un male per un gioco estremamente collaborativo, ma molto severo nei confronti dei contendenti. Comunque, non abbiate fretta: ci arriveremo, “giuda ballerino!” Il gioco, prodotto da Clementoni su licenza di Sergio Bonelli Editore, si basa tutto sulla storia narrata nel primo numero di “Dylan Dog”, L’alba dei morti viventi, fumetto nato da una idea di Tiziano Sclavi, elaborato nelle grafiche da Claudio Villa e Angelo Stano, e dato alle stampe – per la prima volta – nel 1986. Le grafiche che caratterizzano il fumetto, sono ovviamente le stesse della scatola e dei componenti di gioco.
La scatola, di grandezza media, racchiude molti elementi di gioco: un tabellone, cinque schede personaggio, cinque pedine e dischetti in legno, un dado in legno, trenta tessere illustrate, quarantotto carte malus chiamate “Incubo”, quaranta carte bonus chiamate “Sogno”, una plancia più piccola per le tessere Trama, una per le tessere Zombi. Tutti gli elementi sono di pregevole fattura e molto belli, in particolare le due tombe componibili, in cartone, per contenere le carte Sogno ed Incubo con i relativi scarti. L’ unica pecca, grave, è, a mio parere, l’utilizzo dei segnalini in legno per i cinque protagonisti; la mancanza dell’elemento fisico e visivo della figura di Dylan e dei suoi alleati abbassa il già alto livello immersivo e coinvolgente dell’esperienza di gioco.
Nel gioco, i giocatori assumono i ruoli degli iconici personaggi del primo numero e cioè: Dylan Dog ed il suo sodale assistente Groucho, poi il flemmatico ispettore di polizia Bloch con Sybil, moglie del defunto John Browning e ultima la misteriosa ed intrigante Morgana. I cinque personaggi, molto ben caratterizzati nella loro asimmetria grazie ad abilità specifiche e differenti che si rifanno ai loro ruoli nel racconto, garantiscono il mix di abilità fondamentali necessarie per il buon esito del gioco.
La missione, infatti, è investigare sulla misteriosa morte del dottor Browning, partendo tutti dalla casa del nostro indagatore dell’Incubo al centro di Londra e muovendosi attraverso le sue strade per combattere orde di zombie, raccogliere indizi e oggetti, riannodare i fili della trama, visitando anche l’oscuro villaggio di Undead e alla fine sventare il diabolico piano di Xabaras sconfiggendolo in un epico scontro finale, oppure – ovviamente – morendo provandoci.
Ambientato in una Londra gotica e nel sinistro villaggio dei non morti, il gioco offre un’esperienza immersiva che oltre a tenere i giocatori con il fiato sospeso è ricca di pericoli e difficoltà. Per questo è richiesta la massima collaborazione di tutti giocatori i quali, colpiti alla fine di ogni singolo turno di gioco dagli inevitabili attacchi delle carte Incubo, se non collaborano usando al meglio le abilità attribuitegli dalle carte Sogno, che permettono di affrontare le crescenti avversità, con il passare del tempo e la mancanza di punti vita, sono presto e facilmente condannati a un’inevitabile sconfitta.
Le meccaniche di gioco sono semplici e la cosa che coinvolge maggiormente è la voglia di rivalsa contro la sfortuna o l’inesperienza che nelle prime partite conduce i contendenti a una rapida e tragica fine… si muore male e rosica peggio. A chi scrive e a chi lo ha provato sono servite tre partite per avere la meglio sul diabolico Xabaras, per altro pareggiando i valori del nemico all’ultimo tiro di dado; una volta imparate le dinamiche è possibile, con l’utilizzo di specifiche regole, rendere l’esperienza ancora più orrenda e punitiva se ritenete che la cosa sia divenuta troppo semplice… sopravvivere facilmente alla notte non è poi così divertente.
Garbat
Dunque. Divertente. Sì, dai. Partivo con le peggiori premesse. Intanto ho dei pregiudizi: i giochi tratti dai fumetti fanno spesso cagare. O l’opera di partenza è invasiva e quindi non c’è il gioco, o il gioco c’è, ma il fumetto vi è appiccicato sopra, non c’entra nulla, ed è solo uno specchietto per i nerd. E poi: è un cooperativo, e sappiamo tutti che il vero divertimento di ogni gioco sta invece nel tentativo di schiacciare l’avversario. Non si comprenderebbe altrimenti il successo di Monopoli, o di Risiko.
Va bene, va bene, sto (forse) esagerando; ma sono sicuro che il gioco di Dylan Dog emetteva verso di me vibrazioni ostili. Sarà stato il tabellone, così squadrato e pieno di spigoli, o la scelta delle immagini, tutte forse troppo perfette, o la questione degli zombie, che non mi appassionano… Insomma un insieme di cose che secondo me hanno impensierito anche l’editore – e infatti si è defilato, all’ultimo momento, nello spazio che separa un congiuntivo da un indicativo.
Insomma, eravamo io, Bloch, Sibil e una particolare Morgana dall’accento abruzzese a Craven Road, quando bussano alla porta: è uno zombie. Lo aggiro, perché voglio vederci chiaro. Se ne occuperanno gli altri, io prendo un taxi e scopro un indizio. Ma un indizio è solo un indizio: ce ne serviranno quattro per costruire una prova. Ci sparpagliamo, qualcuno va in cerca di una pistola, ma trova solo un clarinetto, o una bici; un altro attacca gli zombie con successo: intanto l’orrore orroreggia senza controllo, ci risucchia, il cielo diventa un vortice nero, ci manca il fiato e nel giro di poche ore soccombiamo sotto i morsi dei non morti.
Ci ritroviamo a Craven Road, redivivi: cerchiamo una linea d’azione comune. Litighiamo sul modo di attirare gli zombie: Bloch propone la ribolla gialla, Morgana le olive ascolane, ma proprio quando dice “ascolane” Xarabas, xarasb, XrsbaX… echeccazzo, quello lì appare di colpo e non ci lascia scampo! Al terzo giro, forti di una dotta disquisizione sul termine “bagigi”, capiamo finalmente che gli zombi sono lenti, e che noi possiamo muoverci qua e là, mentre loro restano immobili. Il segreto è mantenere alta l’energia. La sfiga c’è, comunque, si manifesta in molte forme, ma riusciamo a tenerla a bada. Xrbxxx muore male, con un colpo di Bloch in fronte, dopo che la città è stata ripulita dai non morti.
Non vorrei che si fosse capito il contrario: a me i giochi collaborativi piacciono. Certo, avrei preferito scontrarmi contro un cattivo vero, in carne e ossa, un po’ come in Whitechapel, invece che contro un automa, i cui meccanismi alla lunga diventano ripetitivi, e quindi prevedibili. Non è comunque un brutto gioco. Anche la presenza del culo – che ha una parte importante, tra il setup variabile, la pesca casuale e il tiro del dado – non è sgradevole. Si sente l’assedio degli zombie, la loro crescita lenta ma inesorabile, la tensione del tempo che sta per finire. Divertente, sì.
Ma il fumetto? Ecco, mi è sembrato che il fumetto qui fosse più una facciata. Non è tanto il fatto che si possa giocare anche senza utilizzare Dylan Dog (anzi, potrebbe essere un vantaggio) – e neppure l’assenza della dimensione narrativa, delegata a quattro indizi striminziti –, quanto, forse, piuttosto, un uso molto limitato del citazionismo e dell’ironia.
Adesso però voglio anche Jack lo squartatore!
Alessandro Lise
Il nome di battesimo è troppo lungo e complesso, l’ho abbreviato a Duccio ed è comunque complesso. Ho studiato per fare lo storico e non è andata, ho fatto il rivoluzionario e non è andata … in generale non è andata ma non mi arrendo: la vita è un gioco, l’unico che sai come finisce, quindi divertiamoci.