Quando i fumetti erano illeggibili

Francesco Pelosi | Fuori tempo |

Da bambino, illeggibili erano i fumetti. Però si potevano guardare.

Il nonno te li comprava all’edicola, quelli che gli indicavi tu, e poi a casa, fianco a fianco sul divano, ti leggeva le parole. E tu guardavi. Guardavi Tom e Jerry. Supertopo. Geppo, Soldino e Nonna Abelarda. Tiramolla. Pugacioff. Cucciolo e Beppe.

Poi, pian piano, hai cominciato a distinguere quelle forme acute e sinuose che galleggiavano nelle nuvolette, a loro volta galleggianti dentro ai riquadri, tra le sagome più disparate. E quelle forme hanno cominciato a diventare «Squack!», «Gulp!», «Bang!», «Splash!», «Yuk!», «Gosh!», «Glab!», «Sbaraquack!»: il dorato mondo delle onomatopee. Che un po’ le guardi e un po’ le leggi, insieme. La porta mistica del fumetto.

I personaggi ora parlavano, tu sapevi capirli e i fumetti non erano più illeggibili. O meglio, non tutti. Perché se con Topolino, Pippo, Paperino, Paperoga e Zio Paperone andavi perfettamente d’accordo e si facevano chiacchierate lunghe pomeriggi interi, al sole del cortile di casa della nonna, o della lampada mai spenta della tua cameretta (e lo stesso accadeva con Asterix e Obelix, le Sturmtruppen, Lupo Alberto, Cattivik, Snoopy e Beetle Bailey, le cui strisce leggevi e rileggevi, chimicavi e studiavi, quasi avessi dovuto risponderne alla maestra il giorno dopo) le pagine degli albi che trovavi negli scaffali più alti della biblioteca di tuo padre, erano invece ancora mute. Ruvide. Strane. Illeggibili. C’è voluto tempo per quelle.

All’inizio ascoltavi solo Corto Maltese: solo le vignette dove spuntava il suo grugno con cappello, cigarillo e basette, era leggibile. Tutte le altre, con quei noiosi militari, aborigeni, cosacchi e treni, no. Le saltavi a piè pari (Alan Ford invece era già leggibile tutto, dall’inizio alla fine, soprattutto se c’erano Bob Rock e il Conte Oliver). Ma anche lì, a poco a poco, che ormai avevi bisogno di calzoni più lunghi e magliette più larghe, tutte quelle vignette hanno perso la loro aura di misteriosa illeggibilità, e sono diventate il tuo mondo (mentre già gente discinta in calzamaglia, vi imperversava).

E allora, super leggibili sono diventati gli eroi Bonelli, quelli che non scherzavano mica e che se la giocavano con la vita e le sofferenze ogni mese: Nathan Never, Dylan Dog, Magico Vento, Dampyr, Julia. Tex solo d’estate, quando la sua illeggibilità veniva sublimata dai grandi disegnatori che gli offrivano il pennello e che tu avevi imparato a chiamare per nome: il primo, per forza, il più grande, il tuo preferito, era Magnus. Poi Ivo Milazzo. Joe Kubert. Bruno Brindisi (che già amavi su Dylan Dog, quando faceva esplodere interiora e cervella o tratteggiava ammiccanti signore in lingerie: era arrivata la pubertà, non c’era dubbio).

E a quel punto, sapevi il nome di tutti gli altri che avevano reso quell’illeggibilità un codice segreto e straordinario: Akira Toriyama e Hiroiko Araki, e ogni cosa portasse i loro nomi, la compravi compulsivamente; Leo Ortolani, lo stesso destino; John Romita Jr., Joe Madureira, Adam Kubert, Mike Wieringo, Ian Churchill… che dire: avevi comunque 14 anni! E ancora, sempre, Magnus, persino quando lo Sconosciuto ti raccontava una storia verbosissima sul traffico di droga (quella, anche allora, illeggibile).

Ed ecco che, cresciuto com’eri, illeggibile era diventato il mondo. E quei segni sulla pagina erano il segno più intimo che lui, il mondo, ti aveva messo davanti per decifrarlo. Per decifrarti. E allora hai cominciato a chiacchierare con Will Eisner e con Jiro Taniguchi. Ti sei intrattenuto (certamente più del consigliabile) col vecchio Alan Moore. Sei andato in paranoia, al bar, con Chester Brown, Seth e Joe Matt. E hai tirato tardi con Frank Miller e con Ennis e Dillon.

E quando, ormai con barba e peli in abbondanza e in ogni dove, ti sono ricapitati in mano alcuni fumetti che avevi perso, vuoi per età, vuoi per distrazione, ecco che la storia è tornata indietro. È ricominciato tutto da capo.

Quando hai visto Kirby. Quando hai visto Barks. Quando hai visto Gottfredson. Quando hai riaperto, con stupore, quelle pagine piene di freaks, che arrivavano direttamente da Alice nel paese delle meraviglie, da Pinocchio e dalle fiabe dei Grimm, sintetizzati da Steve Ditko. Di colpo, quelle forme acute e sinuose che galleggiavano nelle nuvolette, a loro volta galleggianti dentro ai riquadri tra le sagome più disparate – le parole – non avevano più importanza. E i fumetti erano di nuovo illeggibili. Era sufficiente, è sufficiente, guardare.

A questo ti sono serviti, e ti servono i fumetti. A darti una mappa della tua terra, dei tuoi passi, delle tue parole. A volte son stati buoni maestri, a volte pessimi. Ma sempre, splendidi e perfetti compagni di viaggio. Amici irrinunciabili.

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