“Post-it” è la rubrica di (Quasi) destinata alle recensioni brevi, quasi estemporanee. Quando l’abbiamo pensata, in redazione, eravamo felici. Pensa che bello: uno spazio in cui chiunque fa (Quasi) può lasciare un messaggio anche molto breve per suggerire a chi non legge questa rivista cosa guardare, leggere, giocare, ascoltare, assaporare, vivere… Claudio, editore e webmaster, colto da un raro sprazzo di vitalità, ha deciso di riservare a questo gioiello di pensiero uno spazio speciale nel sito: una striscia movimentatissima capace di trasformare la nostra pagina in una sarabanda di caroselli e di non farti sentire la mancanza di popup e finestre volanti di “Fumettologica”.
Dopo l’iniziale entusiasmo, la striscia dei “Post-it” si è fermata. Adesso è più immobile dei rilievi della Colonna Traiana di cui ti dicono sempre quando ti raccontano la storia del fumetto a muzzo. Claudio non l’ha presa bene. Ha enfatizzato quanta poca considerazione abbiamo per il suo lavoro. Lo ha fatto con relativa veemenza, perché, nonostante il cognome isolano, è un veneto doc. Quindi ci ha coperti di contumelie, punteggiando il discorso di “diocàn” e altri intercalari locali.
Il problema dei “Post-it” è che (Quasi) è fatta esclusivamente da gente che sbrodola: pare che tra noi non ci si senta soddisfatti se non abbiamo scritto almeno tre pagine di spiegazione, manco fossimo sceneggiatori di fumetti.
Mi sono detto, allora, che non possiamo perdere questa opportunità. Dobbiamo assumere con decisione le nostre responsabilità. Abbiamo il dovere di usare questo spazio per scopi più nobili. Dobbiamo parlare di valori da difendere a prescindere, cose vituperate dalla maggioranza (tipo “I promessi sposi”) perché fraintese, guardate dal punto di vista sbagliato. Eppure, basterebbe così poco per cambiare prospettiva: un passetto di lato e, oplà, il gioco è fatto! Il mondo assume ai nostri occhi una forma diversa. All’improvviso abbiamo capito tutto e il dubbio non avvolge, nebbioso, i nostri pensieri confusi.
Pensa all’estinzione, sempre così vituperata. Quando parliamo dei gravi danni che stiamo infliggendo al pianeta, in realtà ce ne freghiamo del pianeta, ché quello bada benissimo a se stesso ed è destinato a proseguire la sua caduta fino alla morte termica o ad altro nobilissimo punto di arrivo di cui non so un cazzo. La nostra grande – e comprensibile – preoccupazione è solo per gli umani. Magari non per tutti gli umani, ma per la nostra discendenza… Siamo drammaticamente spaventati dall’estinzione. Fa paura, eh?
Ma prova a cambiare punto di vista. Assumi quello del dodo. Hai presente?
No, non ti devi concentrare sul fastidio che ti potrebbe dare il grosso becco in mezzo agli occhi! Quella del punto di vista è una metafora. Come fai a non capirla? Cosa sei? Uno sceneggiatore?
Hai mai visto un dodo? Certo, ci sono le riproduzioni, i pupazzi, le storie che li raffigurano, perfino alcuni esemplari impagliati. Ma uno vero, che zampetta qua e là, non l’hai mai visto. E sai perché? Si è estinto.
Il dodo era buonissimo! Ce lo siamo mangiati. E – dannata ingordigia! – c’è stato nessuno cui venisse in mente di dire: «Ehi, aspetta! Sono gli ultimi! Non mangiamoli, facciamo un allevamento!»
Niente. Mangiati tutti. In mezzo alla tavola non è rimasto nemmeno il boccone del prete!
E al dodo? Al dodo, secondo te, è andata così male? Non credo proprio. Quell’animale magnifico, capace di gestire un becco enorme senza incrociare gli occhi, è scomparso con dignità.
Non ha dovuto subire l’affronto delle “Dodo wings”, dei “Dodo nuggers” e del “Kentucky Fried Dodo”!
Scrive e parla, da almeno un quarto di secolo e quasi mai a sproposito, di fumetto e illustrazione . Ha imparato a districarsi nella vita, a colpi di karate, crescendo al Lazzaretto di Senago. Nonostante non viva più al Lazzaretto ha mantenuto il pessimo carattere e frequenta ancora gente poco raccomandabile, tipo Boris, con il quale, dopo una serata di quelle che non ti ricordi come sono cominciate, ha deciso di prendersi cura di (Quasi).