Prima della pausa e dell’intervista a Ben Wickey, che spero abbiate apprezzato, ci eravamo fermati a pagina 42 del grimorio. 42: sempre un bel numero, no?
Ma non divaghiamo e… proseguiamo la nostra magica lettura.
Si riprende ancora con Wickey e le sue mono-tavole dei Grandi Incantatori: episodio 5 è dedicato a Re Salomone, al suo presunto legame con demoni & affini e al suo fondamentale lascito, seppur di dubbia attribuzione, per la magia cerimoniale; episodio 6 riassume la vita e le opere di Pitagora, «il mago quale archetipo dell’ ‘uomo divino’, della cui saggezza beneficia tutta l’umanità»; episodio 7 è infine un intenso sunto sulla figura leggendaria di Ermete Trimegisto.
Eccoci giunti alla seconda puntata di Cose da fare in una giornata di pioggia col sottotitolo “No. 2: Magic for the Motionless!”, ovvero “Magia stando fermi!”: otto pagine di testo con una sola immagine d’apertura che ritrae un bambino addormentato, circondato da falene testa di morto.
Continuiamo così il nostro viaggio pratico, dopo i primi rudimenti che indicavano l’arte e la scrittura come utili strumenti per esplorare il mondo della Magia.
«Ora prenderemo in esame altri metodi che i maghi hanno impiegato nel corso dei secoli per modificare il loro stato di coscienza, tecniche che potrebbero essere considerate dei percorsi “interiori” verso l’esperienza magica, in quanto non richiedono quasi alcuna attività fisica e possono essere praticati per lo più stando comodamente in piedi, seduti, sdraiati o persino mentre si dorme!»
Tra questi metodi viene in primis menzionato il Sogno.
«Trattandosi di un reame in cui i maghi alle prime armi possono incontrare divinità o spiriti, l’importanza dell’esperienza onirica per la Magia è evidente. Ma come possiamo incorporare i nostri sogni in un approccio pratico alla Magia?»
La risposta dei Moore è semplice: occorre tenere un diario e trascrivere i propri sogni.
«Dopotutto, tenere un diario dei propri sogni è una disciplina, e la capacità di avere auto-disciplina è vitale per la propria crescita come maghi. Inoltre, studiando la trascrizione dei sogni per un lungo periodo è possibile notare temi ricorrenti e diventare maggiormente consapevoli di come funzioni il nostro subconscio.»
Dai sogni ordinari il passaggio successivo è… il Sogno lucido, ovvero «un sogno in cui il sognatore è consapevole di stare sognando.» Seguono alcuni consigli su come raggiungere questo stato (comprerete e leggerete il libro prima o poi, no?) e la considerazione che:
«Il sogno lucido è di enorme valore in quanto, se possiamo diventare consapevoli e coscienti in un sogno, allora potremo controllare consapevolmente l’immenso potere potenziale della mente inconscia. Finché riusciremo a evitare di svegliarci, il mondo intorno a noi obbedirà a ogni nostro capriccio.»
Oltre al sogno, più o meno lucido, l’altro strumento che il praticante mago deve padroneggiare è la Meditazione, o meglio «quelle forme di meditazione che sono maggiormente applicabili alla Magia.»
Si suggerisce quindi di meditare sull’immagine della propria divinità guida oppure di focalizzarsi sulla visualizzazione delle tattvas o di una carta dei Tarocchi.
«Prima di trattare l’ultimo percorso interiore verso la coscienza magica, dovremmo considerare altri semplici esercizi, meditazioni che possono essere effettuate mentre conduciamo una vita ordinaria. […] Altre attività per impegnare utilmente la nostra mente in questi esercizi includono la proiezione della nostra coscienza in un luogo diverso da quello in cui di solito immaginiamo si trovi, dentro le nostre teste e proprio dietro i nostri occhi. Un attimo di riflessione renderà chiaro che la coscienza, al di là di una definizione scientifica, priva di una consistenza fisica misurabile, “è” ovunque immaginiamo che sia. Prova a immaginare come sarebbe la stanza in cui ti trovi se la tua coscienza fluttuasse in alto, in uno degli angoli del soffitto. Prova a immaginare come sarebbe la strada che stai percorrendo se tu fossi gigantesco, con la tua coscienza posizionata a quindici metri da terra, o come apparirebbe la stessa strada se fossi un piccolo insetto che sfiora a pochi centimetri le lastre di pavimentazione improvvisamente enormi. Oppure, in modo più avventuroso, prova a posizionare la tua coscienza e le tue percezioni nella mente di qualcun altro, di un estraneo, persino di un cane randagio o di un bambino in carrozzina che incontri sulla tua strada.
Possedere la capacità di vedere le cose dal punto di vista di un’altra creatura vivente offre un notevole vantaggio a maghi, scrittori e a qualsiasi persona ordinaria dotata di coscienza.»
L’ultimo (immancabile, direi) percorso “interiore” implica l’utilizzo di… sostanze psichedeliche e, specificamente, funghi.
«Utilizzate dai maghi fin dall’Età della Pietra per generare stati visionari, queste piante psicoattive forniscono il percorso più immediato, spettacolare e diretto verso la coscienza magica. Nonostante o forse proprio per questo, sono anche uno dei metodi più pericolosi per raggiungere questo scopo, sia fisicamente che psicologicamente. Dovrebbe anche essere chiaro che queste sostanze, a seconda del tipo nonché del Paese e del periodo storico in cui stai leggendo questo articolo, potrebbero essere illegali. […]»
In particolare, i Moore suggeriscono l’utilizzo del fungo magico Psilocybe semilanceata noto anche come “Liberty-cap”. Se ve lo state chiedendo, no, non sono un esperto micologo né, men che meno, di stati di coscienza alterata: cerco soltanto di “farmi una cultura” sul tema e di tenere il passo del Bumper Book; per cui vi rimando alla pagina inglese del fungo in oggetto e a questa qui più generica. Studiate anche voi!
Soprattutto nel caso di quest’ultimo percorso è importante circoscrivere la pratica all’interno di un rituale.
«Sogno e Meditazione trarranno beneficio dal rituale, ma entrambi possono essere praticati e apprezzati senza di esso ma questo non vale per le sostanze psichedeliche. A meno che tali droghe non vengano utilizzate ritualmente, allora per scopi magici sono quasi completamente inutili. […]»
Seguono alcune riflessioni sulla natura della pratica magica (da condurre in solitaria oppure con un ristretto numero di amici) e indicazioni su alcuni, iniziali rituali (tra questi, il rito della Croce Cabalistica) di cui è sempre utile tenere un resoconto scritto.
«Se, a tuo parere, il rituale è fallito, allora pensa a come potresti migliorare le cose la prossima volta, anche se non giudicare i tuoi “fallimenti” troppo frettolosamente: un sogno, una meditazione o un’allucinazione che sembrano privi di senso potrebbero improvvisamente acquisire rilevanza quando avrai accumulato maggiore conoscenza occulta. D’altra parte, fai attenzione a non attribuire troppa importanza a ciò che potrebbe essere stato solo una fantasia passeggera. Scrivi semplicemente quello che hai visto. Valuterai in seguito.
Se i risultati sono stati particolarmente incoraggianti, forse suggerendo un contatto effettivo con una divinità o uno spirito, è allora che hai più bisogno di ricordare quanto abbiamo detto in precedenza sui due modi in cui il rituale può essere considerato: se gli dèi sono entità indipendenti, allora hai appena incontrato qualcosa di meraviglioso. Se d’altra parte gli dèi sono parte del nostro subconscio, allora vale lo stesso. Hai incontrato qualcosa di meraviglioso e dovresti essere altrettanto grato in entrambi i casi. Ricorda soltanto che non sei obbligato a decidere se l’esperienza sia psicologica o soprannaturale. Un approccio scettico è probabilmente il migliore e farà molto per allontanare qualsiasi ossessione pericolosa. […]»
Rimandandoci alle puntate successive per «altre tecniche più fisiche», si chiude qui il secondo appuntamento con gli svaghi per affrontare un pomeriggio piovoso.
Si riprende con episodio 8 e 9 dei Grandi Incantatori: stavolta Wickey illustra le storie di Simon Mago e Apollonio, menzionando nella vignetta conclusiva di quest’ultimo «il poco raccomandabile Alessandro di Abonutico, il primo mago archeologicamente verificato.» Alessandro, il “papà” di Glicone: nomi di certo familiari per chi segue il Barbuto di Northampton.
Eccoci infine giunti ad un’ampia sezione dedicata alla Cabala: 24 pagine, dal titolo “Cabala: arrampicata per principianti sull’Albero”, introdotte da una splendida illustrazione dell’Albero della Vita a opera di John Coulthart, seguite da altre 4 pagine intitolate “Scalare l’albero”.
«La Cabala è un sistema di conoscenza sviluppato nel mondo antico, che tenta di mappare l’intero universo concepibile delle idee umane su un diagramma costituito da trentadue elementi noto come L’Albero della Vita. Questo semplice disegno, di dieci sfere collegate da ventidue percorsi interconnessi, svolge diverse funzioni. […]»
Si tratta di una densa “panoramica” sul tema con particolare attenzione all’Albero sefirotico, alla descrizione delle varie Sephirah, ai Quattro Mondi e alle Qelipot.
“Scalare l’albero” propone invece alcuni esercizi “pratici” per fare esperienza diretta delle Sefirot.
L’articolo si conclude così:
«Mentre lo studio della Cabala nei suoi infiniti dettagli e variazioni può essere realizzato con l’ausilio di una moltitudine di libri sull’argomento, speriamo che quanto sopra abbia fornito un’introduzione solida e utile a questa illuminante attività arborea. Utilizzala per pianificare le tue avventurose scalate e preparati per almeno qualche spettacolo metafisico: ricorda, quando ti arrampichi su un albero, di non disturbare qualsiasi cosa possa esserci di vivo, e che salire troppo in alto per il gusto di farlo è soltanto per mettersi in mostra con gli altri bambini e potrebbe portare a una brutta caduta, insieme a un viaggio in qualche tipo di ospedale.
Vestiti in modo sensato, arrampicati in sicurezza e se hai domande sui ventidue percorsi dei Tarocchi che collegano le Sefirot allora stai certo che risponderemo nella nostra prossima sezione “Guida per principianti ai Tarocchi” di questo Bumper Book of Magic, pieno zeppo di cose e mozzafiato! […]»
E siamo a pagina 83: la nostra lettura finisce qui per il momento. Si chiude con due annotazioni finali.
La prima: per un viaggio colorato e fumettoso nel mondo della Cabala raccomando caldamente una lettura o rilettura di tutto Promethea, o per lo meno a partire dal numero 15. Io lo farò. Credo (tempus fugit).
La seconda: considerando il lavoro incredibile di John Coulthart che ha permesso la stampa del Bumper, riporto le parole di Moore da una recente intervista (ovviamente da leggere!):
«[…] il libro siamo io e Steve, ma se ci fosse un terzo collaboratore dovrebbe essere John [Coulthart], non solo per i suoi bellissimi disegni ma per il design dell’intero libro, e per aver fatto sì che tutti gli altri artisti vi si adattassero in un modo così meraviglioso […].»
Continua…