(i disegni sono di Titti Demi)
«Noi tutti facciamo un lavoro che solo in superficie riflette il mondo in cui viviamo e, nel migliore dei casi, serve soltanto a fare il solletico, nel migliore dei casi manca il bersaglio. […] Il giullare di corte è stato sostituito dal sovversivo di corte e non c’è atteggiamento che chiunque possa assumere ovunque, il quale non finisca per agire, in ultima analisi, a favore del sistema. La satira non è più un commento al nostro modo di vivere. La satira è il nostro modo di vivere.»
Lo scorso 17 gennaio è morto Jules Feiffer. Lo piangeremmo disperati, se non fosse che, nove giorni dopo, avrebbe compiuto 96 anni. Quasi un secolo di vita intensa, trascorso tra cartoon, fumetti, sceneggiature, romanzi, picture book e un sacco di vita. Un gigante. Che, a leggere la sua biografia, se l’è proprio goduta.
Avevamo deciso di dedicare questo secondo numero del 2025 al tema “Il giullare di corte”, molto prima di quella notizia, facendo riferimento proprio alla lettura del mestiere dell’autore satirico fatta da Feiffer ormai sessant’anni fa. Ci pare che in questo mondo in cui “Non sta succedendo niente” siamo un po’ tutti sovversivi di corte. Se non fosse così, all’apparire di un saluto nazista in mondovisione eseguito con vigore da una carica della nuova amministrazione della più grande democrazia mondiale, avremmo visto i palazzi in fiamme e lo scoppio di una guerra civile. Invece, abbiamo visto solo Najeem Osama Almasri, capo della polizia giudiziaria libica verso il quale la Corte penale internazionale ha spiccato un mandato di arresto per crimini contro l’umanità, atterrare a Tripoli con una bandierina italiana tra le mani, brandita a mo’ di flaccida virilità, dopo che era stato scarcerato a Torino per un vizio di forma, un errore procedurale.
Facciamo (Quasi) perché vogliamo capire un po’ meglio il mondo. La critica ci serve a quello. E cerchiamo di muoverla agendo tra cazzeggio e rigore. Però, rischiamo di non renderci conto fino in fondo di quanto il nostro rigore e la nostra onestà verso di te creino anche una forma di distanza. A volte sembra freddezza e arroganza, altre, probabilmente più spesso, lascia percepire la nostra volontà (forse addirittura consapevolezza) di essere altro rispetto al sistema cui ci rivolgiamo. È come se dicessimo: «Siamo qui per mostrare una possibilità, ma non scenderemo al livello in cui tutto si muove per farlo; bisogna far fatica per incontrarci davvero».
Questo atteggiamento, intenzionale o meno, può essere percepito come un invito a superare un confine, ma anche come un muro invalicabile.
Eppure, come chiunque altro, siamo solo eversivi di corte, umani vulnerabili e spaventati che vorrebbero sentire meno solitudine mentre cercano di capire il mondo.
Noi critici facciamo un lavoro che solo in superficie riflette il mondo in cui viviamo e, nel migliore dei casi, serve soltanto a fare il solletico, nel migliore dei casi manca il bersaglio. Siamo giullari di corte e vorremmo capire il mondo. Insieme a te.
Se tutto questo è solo solletico, dicci: dove ti fa più ridere?