Il mondo si contrae. Si fa più piccolo, asfittico. È cronaca di questi giorni, un pensiero politico che si riflette nei social media, nei media tradizionali, nei colossi dell’intrattenimento. Macchine enormi che producono storie, ma sempre più vincolate a un equilibrio precario tra innovazione e rassicurazione. L’ultima notte degli Oscar ha reso chiara l’incertezza che regna in questo nuovo panorama politico-culturale: la narrazione cerca di avanzare, ma la paura del cambiamento la frena. Il pop è diventato un palcoscenico di tensioni permanenti, dove ogni icona si polarizza, si ritrova etichettata, usata come strumento.



È come se l’idea di confine stesse cambiando prospettiva, piegandosi su sé stessa. Non è più una linea distante e immaginaria, ma un serramento che ci spinge l’uno contro l’altro, che toglie margini di manovra, che porta i discorsi a saturarsi e a ripetersi in un’eco infinita. Le storie, per definizione, dovrebbero raccontare il cambiamento. Eppure, troppo spesso, lo sfiorano senza mai abbracciarlo del tutto.
In questo scenario, il tema al centro del dibattito diventa la diversità. Che cos’è, chi la decide, chi ne ha il controllo? È una parola che si fa carico di paure e speranze, quasi fosse un virus o una cura, a seconda di come la si pronunci.

Gli X-Men sono sempre stati il simbolo dell’outsider, dei rifiutati, di coloro che la società percepisce come altri. Per decenni hanno incarnato le tensioni legate all’inclusione e all’identità, ma oggi qualcosa si è spezzato. La loro storia non è più quella di supereroi ansiosi di piacere, di ottenere l’approvazione del mondo. È una storia di sopravvivenza, di resistenza, di lotta per il diritto di esistere. Non è più solo una questione di accettazione e rifiuto. È una questione di chi ha paura e di chi usa quella paura come arma politica.
Negli anni Sessanta, gli X-Men nascevano in un’America in ebollizione. Diritti civili, rivolte, proteste. Xavier e Magneto come Martin Luther King e Malcolm X, due visioni opposte di una stessa battaglia. Il fumetto Marvel diventava una metafora potente di un’epoca in cambiamento. Negli anni Ottanta e Novanta, gli X-Men diventano il fumetto Marvel per eccellenza. La saga di Fenice Nera, Giorni di un futuro passato, Inferno. Storie che parlano di evoluzione, persecuzione, identità. I mutanti non sono solo eroi: sono una nazione in esilio, un popolo senza patria, una rivoluzione che lotta per sopravvivere. E poi, lentamente, il messaggio si cristallizza. La ribellione diventa formula. Il cambiamento diventa status quo.


Con la prima elezione di Donald Trump, il dibattito pubblico implode in un vortice di rancore e polarizzazione. Il sogno della coesistenza sembra remoto, quasi un’illusione. E così, nel 2019, Jonathan Hickman compie un passo radicale: trasforma gli X-Men in qualcosa di nuovo. Non più perseguitati, non più alla ricerca di approvazione. Krakoa diventa la loro nazione, un’isola vivente, con una cultura, una lingua, una politica. I mutanti non chiedono più il permesso di esistere: se lo prendono. Si definiscono i confini, si stabiliscono le regole, si decide chi è dentro e chi è fuori. Gli X-Men non chiedono più di firmare un patto di pace. E molte minoranze, reali o virtuali, sembrano non accontentarsi di mediazioni. Esistere è un atto radicale. L’idea di integrazione muore. Non si spera più nella tolleranza. La rivoluzione diventa istituzione, e l’utopia di Xavier assume contorni sempre più ambigui. Se il sogno di Martin Luther King era un’America in cui bianchi e neri potessero vivere fianco a fianco, Krakoa rappresenta un’alternativa radicale: non l’integrazione, ma l’autosufficienza. È il sogno (o l’incubo?) di una comunità chiusa, separata dal resto del mondo, che non cerca più l’approvazione altrui ma impone le proprie regole.
Ma in un momento storico in cui il mondo reale sembra ripiegarsi su sé stesso, in cui le tensioni identitarie si esasperano e il sogno dell’integrazione appare più fragile che mai, il pop non può che riflettere questa incertezza. Così, ancora una volta, gli outsider tornano a essere solo questo: outsider.
Così, nel settembre 2024, Marvel lancia X-Men: From the Ashes, chiudendo l’era di Krakoa e riportando i mutanti nel loro eterno ciclo di emarginazione e persecuzione. Ancora una volta, gli X-Men tornano a essere una minoranza senza patria, braccata, in fuga.
Esiste però un’altra ragione oltre quella politica: la narrazione. Il fumetto seriale, come qualsiasi medium mainstream, si nutre di conflitto. E quando una storia si spinge troppo avanti, diventa difficile trovare nuove sfide credibili. Krakoa, come idea, portava con sé una promessa affascinante, ma anche un problema narrativo: come raccontare il dramma degli outsider quando gli outsider hanno trovato una casa?

Forse è per questo che gli X-Men non possono vincere del tutto. La loro lotta non è solo una questione politica, ma una necessità strutturale del racconto. Se il POP! fatica ad accettare il cambiamento è perché il conflitto è il suo carburante. E così, ogni rivoluzione viene rimessa in discussione, ogni passo avanti viene frenato, ogni sogno di stabilità si trasforma in una nuova battaglia.
Nessuna storia, però, può restare immobile per sempre. Per quanto il passato cerchi di ripetersi, per quanto il mondo resista, l’evoluzione trova sempre un varco. Prima o poi, ogni rivoluzione smette di essere un’eccezione e diventa realtà. Anche quando fa paura. Anche quando nessuno è pronto ad accoglierla.
Laureato in archeologia del Vicino Oriente Antico alla Sapienza Università di Roma. Ha collaborato con diverse missioni archeologiche in Italia e all’estero (Siria e Turchia). Da sempre appassionato di fumetti, ormai quarantenne, decide di studiare sceneggiatura presso la Scuola di Fumetto Online di ComicOut. Ha all’attivo, nella veste di sceneggiatore, collaborazioni con diverse realtà editoriali, tra cui il settimanale Internazionale. Con Alessio Lo Manto crea i personaggi dellɜ archeologɜ Isa e Melano. I due appaiono prima su un breve articolo a fumetti per la rivista “Ex-NOVO Journal of Archaeology”, poi in alcune vignette per la Confederazione Italiana Archeologi e infine nel Graphic Novel «Diario di Scavo. Considerazioni finali» (Oblò-APS, 2021).
Moglie e figlɜ permettendo, continua a scrivere fumetti.