Jon Klassen è bravissimo. Non dico «Jon Klassen è un genio», perché non vorrei che questo articolo venisse subito snobbato; ché quando si esagera coi superlativi, è sempre così. Ma Jon Klassen è un genio. Un genio silenzioso, leggero, forse addirittura inconsapevole della sua genialità (ma non ci giurerei).

Le forme che disegna sono semplici e accattivanti allo stesso tempo, estremamente moderne – di più: contemporanee – e profondamente antiche, dell’antichità più antica di tutte: quella che parla il linguaggio del nostro inconscio bambino. Basta guardarne qualcuna, da quelle che sono forme e basta, a quelle che sono oggetti, a quelle che sono animali o uomini. Il segno di Klassen è come il segno di Attilio Cassinelli, il grandissimo illustratore e narratore italiano, nato nell’estate del 1923 e scomparso nell’estate del 2024 (a un secolo di vita), che con la sua arte antica e moderna ha cresciuto generazioni e generazioni di occhi, ma tradotto per il XXI secolo e per il mondo globalizzato.

Le opere di Klassen sono pubblicate in Italia da ZooLibri e dopo la “trilogia del cappello” (Voglio il mio cappello!, Questo non è il mio cappello! e Toh! Un cappello! – se non sapete di cosa stia parlando, andate a cercarvi questi tre libri, spassosi, dolcissimi e spietati), alcuni altri volumi in solitaria o in coppia con Marc Barnett (su tutti Sam e Dave scavano una buca) e la riscrittura di un racconto popolare tirolese, Il teschio (che richiama fortemente il Giovannin senza paura tramandatoci da Italo Calvino nelle Fiabe Italiane), a inizio 2025 se ne sono aggiunte tre al catalogo, uscite quasi in contemporanea con la pubblicazione mondiale: un ciclo di tre libretti cartonati e rettangolari dal titolo cumulativo di Your places, “I tuoi luoghi”.
È stato proprio sfogliando questi tre albi che mi si è palesata in mente la parola “genio”. Perché? Perché con questa manciata di pagine di cartoncino spesso (pensate per bambini dai due anni in su, ci avvisano gli editori), Klassen mette in comunicazione istantanea il mondo virtuale e videoludico con quello cartaceo.
Già in Sam e Dave scavano una buca il rapporto tra i due universi era accennato, con pagine che flirtano apertamente con il fumetto da una parte (richiamando quei comics americani che lavoravano coscientemente con lo spazio oltre che col tempo: una lezione che dai primi del Novecento, con Winsor McCay e Frank King, arriva all’oggi con Chris Ware, passando per l’italiano Gianni De Luca) e con i videogiochi dall’altra: le pagine di Sam e Dave, per segno e scansione, danno la sensazione a chi legge di potervisi muovere all’interno, scavando gallerie nella terra virtuale come un Lemming. Ma nella trilogia Your places, che comprende Your forest (La tua foresta), Your island (La tua isola) e Your farm (La tua fattoria), Klassen fa un ulteriore passo in avanti, anzi di lato, e sembra dialogare direttamente con il modello videoludico che negli ultimi anni va per la maggiore tra i bambini della Scuola Primaria: Minecraft.

Minecraft è un videogame che immerge chi gioca in quello che viene detto “sandbox”, ovvero un ambiente test per la creazione di scenari virtuali. L’estetica del gioco è quindi a blocchi cubici pixellati e chi si muove in quel mondo è invitato principalmente a scavare e costruire, andando a realizzare, in sostanza, un’immensa e potenzialmente infinita copia carbone delle attività umane sulla terra (in estrema sintesi: scavare e costruire, appunto). Ci sono ovviamente alcune leggi che governano il mondo di Minecraft, la più importante delle quali riguarda la luce e il buio: di giorno puoi lavorare, scavare, costruire, procurarti cibo, espanderti, ricercare tesori e compiere varie altre azioni (a seconda anche della modalità di gioco che scegli); di notte è meglio se trovi un rifugio e dormi, così da arrivare subito alla mattina dopo, altrimenti rischi di incontrare zombie, scheletri, ragni e Creeper (i mostri-simbolo del gioco).
Credo che una delle fortune di Minecraft, o forse proprio LA fortuna di Minecraft, stia nell’intuizione fondamentale del permettere al giocatore di fare tutto il possibile in quell’ambientazione, come se, soprattutto nella modalità di gioco in “prima persona” con la visuale in soggettiva, fossi esattamente tu a farlo. Anche se tale modalità di gioco esiste da decenni e giochi simili sono stati prodotti in precedenza, probabilmente non si è mai raggiunta una così perfetta armonia di intenti tra gioco e giocatore: Minecraft dà infatti la possibilità, oltre che di costruire oggetti, anche di costruire storie (molti, ad esempio, sono gli youtuber con un grande seguito proprio per la loro attività di creatori di storie in Minecraft: in Italia, probabilmente il più famoso è Lyon, arrivato anche a portare le sue storie in formato fumetto, con le sceneggiature di Davide Costa e i disegni di Emanuele Virzì).
Narrare è l’attività umana fondamentale, quella che dall’immaginazione di qualcosa porta alla concretizzazione della stessa, e in definitiva, Minecraft è un gioco in cui si gioca a scavare, costruire e distruggere una realtà. Un Mondo Secondario i cui bisogni primari sono esattamente quelli del nostro Mondo Primario, quello che viviamo “davvero”.

Tornando a Jon Klassen, quindi: cosa succede nei tre albetti di Your places? Succede, filosoficamente, la stessa cosa che succede in Minecraft: in piccolo, con la voce e i disegni dell’autore a fare da guida e senza la possibilità di intervenire attivamente, vediamo un mondo costruirsi davanti ai nostri occhi. Ma non si tratta di un mondo qualsiasi, una semplice foresta, una semplice isola, una semplice fattoria: quelle che vedi rappresentate, come dicono i titoli, sono la tua foresta, la tua isola, la tua fattoria. E attraverso le domande che Klassen pone a chi legge, la sensazione è precisamente quella di essere noi a costruire quei luoghi.

All’inizio dei tre albi sorge sempre il sole. Il testo dice: «Questo è il tuo sole. Sorge per te».
Proseguendo, giropagina dopo giropagina, vengono presentati, sempre sulla pagina di destra (che si delinea così come la pagina in cui le cose “appaiono” e vengono proposte, mentre la pagina di sinistra, quella in cui sorge il sole, è lo spazio in cui le cose sedimentano, “rimangono”), gli elementi che andranno a comporre e costruire “il tuo luogo”. Nel caso di La tua foresta ecco degli alberi, poi una baita, qualche roccia, un fiume, un ponte. Ogni volta che Klassen te li fa apparire davanti agli occhi, usa la stessa formula: «Questi sono i tuoi alberi. Possono andare laggiù vicino al sole». E ancora: «Questa è la tua baita. Può andare fra gli alberi». E via così. L’autore ti fa una proposta su come costruire la tua foresta. Certo, è una proposta in qualche modo illusoria, perché girando pagina si vedrà l’elemento posizionato esattamente dove lui ha proposto. Ma in quel momento, rapito dall’incantesimo dei disegni e delle pagine che procedono, non pensi più all’elemento precedente, sei già concentrato sul successivo.

«Ecco il tuo fiume. Così avrai sempre acqua». «E qui c’è un ponte, così potrai attraversare il fiume per andare alla baita». Ora la voce narrante non propone più, ti guida dolcemente. E ciò a cui assisti, quando la tua foresta è completa (il libro dice proprio così: «Questa è la tua foresta. Adesso è completa»), è la meraviglia di una creazione che hai visto comporsi, ma che credi, sei assolutamente convinto, di aver composto tu. E in effetti lo hai fatto: con gli occhi hai preso gli elementi dalla pagina di destra, e girando pagina li hai posizionati nella pagina di sinistra. E lì sono rimasti, fino alla fine. Perché una volta costruite, la tua foresta, la tua isola, la tua fattoria, sono tue, e lì rimangono, per te.
Alla fine, quando il sole che era sorto all’apertura del libro torna giù, tutti chiudono gli occhi e «la foresta è addormentata». In quel momento «anche tu puoi dormire e pensare a cosa farai là domani». Di nuovo una proposta: «puoi dormire». E se vuoi, puoi pensare, puoi immaginarti cosa farai domani nella foresta che hai costruito. La tua foresta.
La trilogia di Your places di Jon Klassen è ciò che precede Minecraft e Minecraft è ciò che precede la realtà. Un allenamento, uno studio, un gioco, che struttura la sottile linea magica che dalla tua immaginazione porta alle mani e a ciò che possono fare nel Mondo Primario: scavare e costruire una realtà.
In entrambi c’è poi una cifra soprannaturale. Se Minecraft, più materialisticamente, è popolato di mostri che attentano alla tua vita, nei tre albi di Klassen c’è invece una visione animista del reale. Tutte le cose rappresentate, dagli alberi, alle rocce, al granaio, al ponte e la staccionata, hanno gli occhi e ti guardano. Ti guardano mentre tu guardi loro creare il mondo, in uno scambio continuo che suggerisce l’apertura di un ulteriore livello: quello del mistero. Un altro elemento con cui, se vuoi, puoi costruire.
Scrive fumetti e scrive di fumetti, poi scrive anche canzoni e le canta, insieme a quelle degli altri che gli piacciono. Il suo sito è www.francescopelosi.it.