È il 1951. Carl Gustav Jung compie settantacinque anni nel silenzio opaco del suo studio di Kusnacht, sulle rive tranquille del lago di Zurigo. Tra le mani, un regalo insolito: un manoscritto antico, quasi surreale nella sua estraneità. Non è un romanzo, non è un saggio. È un testo scritto in una lingua morta, dimenticata da secoli, custodita forse per errore o forse per disperazione.

La storia del manoscritto inizia sei anni prima, nel 1945, in un villaggio dell’Alto Egitto. Alcuni contadini stanno scavando nel terreno alla ricerca di fertilizzante. Ma in quel giorno particolare, estraggono invece un orcio, simile a quelli conservati nei musei, crepato e coperto di terra. A differenza di tanti altri ritrovamenti, questo è pieno. Contiene libri, pagine scritte su papiro e rilegature in cuoio.
La scena è quasi irreale: un contadino che apre un vaso e scopre tredici manoscritti. Non sa di cosa si tratti e nessuno è in grado di capirlo sul momento. Li porta a casa, dove sua madre li usa per accendere il fuoco. Fogli forse non letti da quindici secoli bruciano in una stufa per preparare un pasto modesto.
Ma la storia non finisce qui. L’operaio che aveva trovato l’orcio resta coinvolto in una faida di sangue. I dettagli sono scarsi: si sa solo che qualcuno muore e qualcun altro si dà alla fuga. Lui è costretto a sparire e, prima di farlo, porta con sé ciò che può: non oro o denaro, ma quei manoscritti. Li cede a un antiquario, probabilmente senza nemmeno sapere cosa stia davvero vendendo.

A questo punto la vicenda prende una piega inaspettata. Pare che uno di quei codici — e potrebbe sembrare una leggenda metropolitana, ma non lo è — finisca proprio a casa di Carl Gustav Jung. Prima di approdare sul tavolo dello psichiatra svizzero, il testo passa di mano in mano: viene acquistato quasi per caso da un antiquario al Cairo. Uno dei codici ritrovati, il Codice I, suscita particolare attenzione tra gli studiosi. Grazie agli sforzi del teologo olandese Gilles Quispel, si iniziò a capire che il testo si riferiva allo gnosticismo, una misteriosa corrente spirituale antica che considera il mondo materiale un’illusione, opera di una divinità minore e ingannevole. Secondo gli gnostici, la vera conoscenza (gnosi) non si trova nelle dottrine ufficiali, ma nel risveglio personale, in un’intuizione profonda che libera l’anima dalla prigionia della realtà apparente. Successivamente, questo codice fu acquistato nel 1951 dall’Istituto Carl Gustav Jung di Zurigo come dono per il suo settantacinquesimo compleanno.
Nel 1955, quasi tutti i codici vengono riuniti al Museo Copto del Cairo, riportati nella loro patria linguistica: il copto sahidico, lingua antica di monaci e mistici. Ma non si tratta solo di una raccolta di testi religiosi: è una biblioteca clandestina, una sfida silenziosa al potere religioso del tempo.

Questi manoscritti parlano di arconti, dominatori oscuri, e della gnosi, quella conoscenza interna e segreta che sfida apertamente dogmi e autorità. Forse per questo qualcuno li ha nascosti, seppelliti in fretta per paura degli uomini più che degli dèi. Per proteggere idee troppo libere, troppo pericolose.
Ottant’anni dopo quella scoperta casuale, i codici di Nag Hammadi continuano a parlare. Non raccontano solo la storia di un passato remoto. Piuttosto, pongono domande inquietanti sulla natura della realtà, del potere e della fede personale. La loro sopravvivenza sembra un miracolo, ma forse è qualcosa di più inquietante e necessario: una sfida perpetua al nostro modo di vedere e capire il mondo.
Laureato in archeologia del Vicino Oriente Antico alla Sapienza Università di Roma. Ha collaborato con diverse missioni archeologiche in Italia e all’estero (Siria e Turchia). Da sempre appassionato di fumetti, ormai quarantenne, decide di studiare sceneggiatura presso la Scuola di Fumetto Online di ComicOut. Ha all’attivo, nella veste di sceneggiatore, collaborazioni con diverse realtà editoriali, tra cui il settimanale Internazionale. Con Alessio Lo Manto crea i personaggi dellɜ archeologɜ Isa e Melano. I due appaiono prima su un breve articolo a fumetti per la rivista “Ex-NOVO Journal of Archaeology”, poi in alcune vignette per la Confederazione Italiana Archeologi e infine nel Graphic Novel «Diario di Scavo. Considerazioni finali» (Oblò-APS, 2021).
Moglie e figlɜ permettendo, continua a scrivere fumetti.