Un istituto indipendente di ricerca medica della Nuova Zelanda, il MRINZ (Medical Research Institute of New Zealand), negli ultimi anni ha usato i social media, in particolare Facebook, per coinvolgere il pubblico nella ricerca clinica, sia per reclutare partecipanti che sostenitori, e per disseminare informazioni sulla salute. Di quest’attività si è occupato un piccolo gruppo di interni e stagisti, in aggiunta al lavoro svolto da ciascuno all’interno della struttura. Solo da qualche anno l’istituto ha affidato a un illustratore medico-scientifico il compito di creare contenuti originali per la comunicazione e la visualizzazione di dati. Sembra sia stata una scelta riuscita.
Da un’analisi retrospettiva dei post degli ultimi cinque anni risulta che quelli contenenti immagini abbiano ingaggiato molto più pubblico rispetto a quelli contenenti solo testo o video. Il riscontro della superiorità delle immagini è in linea con molti altri dati. Tra i diversi tipi di materiali visivi – dalle foto alle grafiche, dai video alle animazioni – sono i fumetti ad avere attratto più persone e per più tempo. Il confronto tra i due anni e mezzo senza e i due anni e mezzo con un illustratore professionista dimostra un notevole incremento di popolarità dei post.
Si tratta di risultati che confermano due studi precedenti dell’istituto sul ruolo speciale dei fumetti nel coinvolgere su scala locale e nazionale il pubblico neozelandese che cerca informazioni mediche e scientifiche sui social media.
Cosa hanno di speciale i fumetti? Hanno risposto a questa domanda gli stessi autori dello studio, pubblicato a fine agosto sulla rivista scientifica “Journal of Visual Communication in Medicine”, il cui primo nome è proprio quello del medico e artista Ciléin Kearns. Gli autori non sono rimasti affatto sorpresi da questi risultati, conoscendo l’efficacia dell’interazione tra fumetti e medicina, che viene preferita nella divulgazione di informazioni istituzionali sulla salute, a partire dall’Organizzazione Mondiale della Sanità fino ai governi locali, dal giornalismo e dalle riviste scientifiche.
I fumetti, nelle diverse combinazioni di immagini e testi, producono narrazioni visive che, se accuratamente realizzate, possono essere di accesso immediato a tutte le persone, indipendentemente dalla fluidità nella comprensione della sequenza di immagini di ciascuna, che, sappiamo, è legata all’esperienza visiva individuale. Le vignette ancorano l’attenzione visiva e l’esplorazione rapida dei diversi elementi permette di ricostruire i significati e le indicazioni veicolate. In medicina, e nelle discipline cliniche in generale, i fumetti sono usati per illustrare patologie o condizioni e per istruire alle cure. Sono un valido alleato per la divulgazione scientifica, per l’incremento della consapevolezza e per la promozione della salute in generale, quella mentale e e quella fisica.
La scommessa del MRINZ è stata vincente. Investire sulla comunicazione attraverso i social media e farlo costruendo un apposito gruppo di lavoro che include un illustratore per la creazione di fumetti originali e personalizzati, ha incrementato notevolmente le interazioni e la partecipazione di un pubblico che negli anni precedenti tendeva a seguire passivamente i vari post.
La rilevanza dei fumetti per la promozione della salute è stata evidente anche durante la pandemia, come riportato da un articolo pubblicato a ottobre 2020 sulla rivista “The Lancet”, proprio per la peculiarità di rappresentare aspetti spaziali, temporali e relazionali. Sono stati uno strumento per l’educazione ma anche una via intrapresa da alcuni operatori sanitari per raccontare la vita lavorativa, assieme al carico di paure e angoscia dell’emergenza sanitaria.
Si tratta di un’estesa documentazione visiva che va ad aggiungersi alla narrazione storica delle epidemie.
Una storia visiva alla quale sta contribuendo anche la scuola di medicina dell’Università Nazionale di Singapore con la serie The COVID-19 Chronicles, arrivata all’episodio #134.
Dal 2007, il medico e fumettista britannico Ian Williams ha fondato “Graphic Medicine”, sviluppato assieme all’infermiera e artista statunitense MK Czerwiec allo scopo di raccontare e recensire attraverso i fumetti le storie di malattia, gli articoli e i libri accademici con contenuti grafici, le strisce educative per i pazienti e per gli studenti, i reportage visivi, e altre storie di realtà e fantasia. “Graphic Medicine” esplora le intersezioni tra fumetto e temi sanitari, attraverso il lavoro di un gruppo di accademici, artisti, operatori sanitari e appassionati di fumetti e di medicina.
Esiste anche una sorella spagnola, “Medicina Gráfica”, la cui coordinatrice Mónica Lalanda elenca le ampie possibilità fornite dal fumetto: permette al professionista di comprendere come viene vissuta la malattia in modo spesso lacerante dai pazienti, andando ben oltre ciò che possono raccontare durante una visita; aumenta la capacità di osservazione e umanizza le situazioni, dando visibilità al paziente oltre che alla sua malattia; offre la possibilità di apprendere, fornendo un’immagine critica della professione sanitaria che talvolta è mostrata come poco umana; permette di trattare qualsiasi argomento in modo diretto e senza troppi preamboli o spiegazioni; favorisce il riconoscimento da parte di pazienti e famiglie in una storia narrata che dà senso immediato alla propria esperienza di malattia; può essere uno strumento molto prezioso per trasmettere informazioni sulle malattie.
Insomma, ci vorrebbero più vignette della salute, realizzate da professionisti, pure nelle pagine social dei nostri centri sanitari e di ricerca.
Sto arrivando! poco di fumetti e quello che sa ha a che fare con la psicologia e con il modo in cui il cervello li elabora. Ne scrive nella sua rubrica “Spaziami” – che ha per sottotitolo “e di dati saziami”. Mal sopporta gli interessi personali spacciati per scienza, i sensazionalismi venduti come informazione, il gregarismo. Colleziona storie di scienziate dimenticate. La maggior parte del tempo però la trascorre lavorando come neuropsicologa clinica e a volte insegna.