Roberto Amato è un grande vecchio del wrestling italiano, forse addirittura un’eminenza grigia, presente se non proprio dall’alba sicuramente dal primo periodo dell’epoca da qualcuno definita come rinascimento del wrestling italiano, gli anni che vanno dalla nascita delle prime realtà made in Italy, come IWS – Italian Wrestling Superstar e ICW – Italian Championship Wrestling, ai giorni nostri. Attivo in passato come wrestler, famigerato il genio del male da lui interpretato con il nome “Il Drago”, e in tanti altri ruoli, Roberto Amato sta oggi conducendo una ricerca storica molto importante che sta ricostruendo una vera e propria Storia del wrestling italiano, combattuto da atleti italiani per decenni, sconosciuta al grande pubblico. Proprio così, in Italia il wrestling esiste da tanto tempo ma nessuno lo sa. Com’è possibile? Ce lo spiega Roberto Amato.
D: Buongiorno Roberto. Iniziamo dalla fine. Vorresti introdurre ai lettori di QUASI, non tutti appassionati di wrestling, la storia recente della disciplina, di cui fai parte in prima persona, e lo stato attuale dell’arte?
Buongiorno a tutti. Lo stato dell’arte in Italia è molto simile a quello di tantissimi altri paesi del mondo dove NON è presente una realtà celebre e molto presente a livello televisivo. Quindi quasi tutte le nazioni tranne USA, Messico, Giappone, Inghilterra. Ci sono tante sigle che organizzano tanti spettacoli per pubblici tra le 50 e le 500 unità (mediamente), senza contratti vincolanti, con retribuzioni per la singola serata che vanno dallo 0 a qualche centinaia di Euro. Tutto questo in Italia c’è dal 2001, inizialmente a livello davvero amatoriale, dal 2005 con le prime retribuzioni e i primi grandi pubblici, spinti anche dal boom mediatico della WWE in Italia (2004-2006)
D: La tua è una ricerca lunga e complessa ma che sta portando frutti interessanti. Quali? Puoi riassumere a grandi linee le decadi di storia del wrestling italiano dalla testimonianza più antica che hai trovato fino al rinascimento di fine anni Novanta?
Dall’800 ai primi anni Venti il wrestling c’era già, con incontri in circhi e teatri che erano venduti come “veri” ma erano quasi sempre in realtà predeterminati. Inizialmente per truffare gli scommettitori, da un certo punto in avanti semplicemente per vendere più biglietti. C’era tutto questo anche in Italia, ma quando la predeterminazione divenne molto più palese il numero di spettacoli calò di numero, a differenza degli Stati Uniti dove questa evoluzione portò a grandi successi. In ogni caso di wrestling, chiamato nel nostro paese catch (o lotta americana) fino al 1986 (quando si prese a chiamarlo con l’attuale denominazione) ce ne fu sempre, ininterrottamente, dagli anni Trenta fino a metà anni Sessanta a livello nazionale e dal ’65 agli anni Ottanta a livello locale. Ovviamente per quel che ne so io, qui si fa vera e propria archeologia, tra infinite difficoltà.
D: Nella tua ricerca hai trovato una ricca varietà di fonti: giornali, programmi televisivi, locandine, foto, testimonianze dirette e persino spezzoni di film famosi, usciti al cinema. Eppure, in pochi sembrano ricordarsi che per tanti anni si è praticato wrestling in Italia. Secondo te per quale motivi?
In questi mesi mi sono fatto quest’idea: oggigiorno con internet conserviamo tutto, più andiamo indietro nel tempo più troviamo testimonianza solo di ciò che era ritenuto “importante”. Questa cosa succede anche a tutti noi, buttiamo via (chi più chi meno) tante cose, nel corso degli anni, conservando solo quel che sul momento riteniamo più “importante”, salvo poi pentirci tanti anni più tardi. Il wrestling non era visto come sport, bensì come qualcosa di più simile al circo. Non esistono “risultati” degli spettacoli circensi, al massimo si ricordano solo gli incidenti. A tutto questo aggiungo che il cambio di nome, da catch a wrestling è stato devastante, perché probabilmente moltissimi anziani han sempre visto le due cose come totalmente separate.
D: A tuo avviso c’è stato uno iato fra il wrestling pre rinascimento e quello attuale? Ci sono stati anni di nulla assoluto?
Gli ultimi spettacoli totalmente italiani, quindi non una semplice ospitata di un incontro in una riunione di arti marziali, che io sappia furono quelli organizzati dal Maestro Agostino Moroni nell’83 o ’84 a Roma. Il primo del rinascimento fu nel 2001. Quindi sì, oltre 15 anni di nulla. Ma furono anche anni molto duri per tutto il wrestling europeo, perfino nei territori più “forti”. Per quanto la nostra storia sia diversissima da quella di Francia, Inghilterra e Germania non credo che questa convergenza di date sia una totale coincidenza.
D: Chi praticava wrestling prima del rinascimento è al corrente del fatto che oggi la disciplina viene praticata?
Non ne ho idea, sono quasi tutti morti che io sappia. E nemmeno so se gente come Giuseppe Arbore, grande campione e promoter del passato, mancato il 2008, fosse al corrente di quel che facevamo, anche dalle sue parti (passò gli ultimi anni di vita a San Vincenzo, vicino a Livorno).
D: Per quanto hai avuto modo di vedere, quali sono le differenze del wrestling pre rinascimento e quello attuale? Esiste qualche aspetto di ideale continuità?
Onestamente credo ci sia stato un reset totale. Gli unici punti di contatto sono casuali. In Italia ci siamo appoggiati molto all’Inghilterra, agli inizi. Il wrestling italiano antico si rifaceva molto alla Francia. Francia e Inghilterra storicamente hanno stili diversi ma più simili fra loro se rapportati ad America e Giappone. Quindi qualcosina in comune c’è, ma davvero poco, anche perché il wrestling italiano di una volta usava quasi solamente la nostra lingua, quello attuale è ossessionato dall’uso dell’inglese, spesso anche a sproposito.
D: Il wrestling pre rinascimento a tuo avviso rispecchiava in qualche modo l’Italia e gli italiani?
Ho purtroppo in mano pochissimo. Foto, resoconti, qualche video sbiadito e velocizzato dell’Istituto Luce. Per quel poco che ne so, credo che fosse molto italiano (inteso come complimento, non come lo direbbe Stanis La Rochelle) fino a fine anni Cinquanta. Gli anni Sessanta furono anni di spettacoli importati quasi interamente dalla Francia, ma quantomeno i nomi di tutti gli atleti venivano tradotti, così che “L’ange Blanc” diventava “L’Angelo Bianco”, per esempio. In ogni caso era mille volte più italiano di adesso, tanto che c’era anche una terminologia tecnica per le mosse, ripresa spesso dalla lotta libera e greco-romana, andata anch’essa quasi del tutto persa, solo parzialmente preservata dal leggendario Tony Fusaro, durante le sue telecronache di wrestling giapponese.
D: Il wrestling dell’epoca era pesantemente influenzato dalla scena estera con cui entrava in contatto o esisteva un modo di farlo all’italiana?
Direi che ho già risposto nelle domande precedenti, a un occhio attento e informato erano visibili gli elementi “esteri”, ma il pacchetto completo era, a mio parere, sufficientemente nostrano
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Stefano Tevin e l’Onorevole Beniamino Malacarne sono un reboot del classico Dottor Jekyll e Mister Hyde ma, invece di seguire il trend contemporaneo dell’inclusività, deviano dal canone nel fatto di essere ambedue dei fetenti. Nati entrambi nel 1981, uno è una specie di scrittore (romanzi, fumetti, articoli, quella roba lì), l’altro è un lottatore di wrestling. Tevini ti parlerà di fumetti, fantastico e simili, Malacarne di Wrestling (oltre a occuparsi della gestione operativa dei reclami e soprattutto di chi li esprime).