La rivalutazione dell’opera omnia di un regista o di un attore, in prossimità della morte o addirittura dopo, è stato per molto tempo lo sport preferito della critica cinematografica. Personaggi considerati così così in vita, a un certo punto, diventano protagonisti di pellicole da reputarsi pietre miliari.
Pensiamo a veri giganti come Totò o Alfred Hitchcock, ma anche a figure decisamente più marginali come Aristide Massaccesi o Russ Meyer. Gente con una grandissima attenzione artigianale e un’indiscutibile riconoscibilità autoriale. A Meyer si devono (o forse, visto il pegno pagatogli, il debito è suo) Vixen (1968), Supervixens (1975), Up! (1976) e Beneath the Valley of the Ultra-Vixens (1979). Ricordiamo ancora lo stupore provato quando, sulle pagine del “Comics Journal”, abbiamo scoperto che Gary Groth dileggiava l’enorme riconoscibilità di Russ Meyer, definendolo regista per i drive-in.
Meyer racconta storie di donne dai seni enormi con uno stile filmico inconfondibile. Ha iniziato a riprendere carne balzante nel 1959 con The Immoral Mr Teas e, da quel momento, dopo aver definito un genere della cinematografia minore statunitense, non si è più fermato. Un paio di dozzine di film che chi è cresciuto alla luce del “Fuori Orario” ha potuto vedere tutti.
Sono film divertenti, con un eccellente impianto visivo, costruiti attorno alle carni abbondanti di donne bellissime. Visti nel momento giusto, possono cambiarti la vita. Per noi – con ogni evidenza – non era il momento giusto e fatichiamo a ricordarli e a distinguerli l’uno dall’altro. Tranne uno. Faster, Pussycat! Kill! Kill!
Auto che sfrecciano nel deserto, combattimenti stereotipati e un sacco di Tura Satana. Ogni inquadratura ci è rimasta impressa nella memoria, in quel bianco e nero contrastatissimo.
Se c’è una cosa che ci piace fare al mattino è scorrere le immagini che la nostra View-master, Alessandra Falca, ha scovato nella rete. Rimbalziamo tra le foto con didascalia, trascinati da una sequenzialità apparentemente sghemba che però acquisisce un valore narrativo nella nostra ricostruzione.
Troviamo questa foto e subito pensiamo a Varla, Rosie e Billie, le tre protagoniste del film di Russ Meyer. Uno strano anello che cortocircuita i nostri pensieri: l’auto nera con una targa leggibile e quella bianca con simboli che non riusciamo a interpretare e, forse proprio per questo, assolutamente seducenti; la sterpaglia sotto le ruote in un deserto che in fondo è un enorme spiaggia senza mare e la sabbia dura vicino alla riva; i corpi in pose seducenti; i piedi calzati negli stivali di Tura Satana e quelli nudi e sovrapposti della ragazza iraniana.
Abbiamo dell’Iran un’idea falsata che ha il volto di Khomeynī. Non riusciamo a immaginare che forma avesse il paese fino al 1977. Abbiamo letto tutti i fumetti di Marjane Satrapi e quelle gambe scoperte ci riportano alla memoria il paese dell’infanzia della fumettista, raccontato nella prima parte di Persepolis, e i pettegolezzi tra donne presenti in Taglia e Cuci (il suo libro che preferiamo). Memorie degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso non troppo diverse da quelle che troviamo negli album di fotografie di famiglia.
Quell’auto bianca ce ne fa venire in mente un’altra. Quella guidata da Vittorio Gassman / Bruno Cortona nel film Il sorpasso, diretto da Dino Risi nel 1962. Il sogno di un’estate illuminata dalla speranza e dal miracolo economico. E sembra quasi che il bianco e nero e la datazione delle immagini ci impediscano di uscire da questo vortice.
Ma non è così. È appena stato pubblicato in italiano Loud della spagnola Maria Llovet. In questo fumetto, colmo di personaggi femminili esuberanti ed erotici, i corpi sono sottili quasi efebici, i colori acidi al limite del lisergico, il montaggio serratissimo. Nelle pagine quasi completamente prive di balloon si percepisce un rumore che sovrasta il racconto e costringe a parlare a voce altissima (Loud, appunto) o a tacere. Una vicenda dinamica che molto deve alla cinematografia minore statunitense (Roger Corman e, appunto, Russ Meyer) e al fumetto giapponese (l’autrice cita tra le sue influenze Suehiro Maruo, Taiyō Matsumoto e Katsuya Terada).
E quando arriviamo alle pagine in cui balla, non riusciamo a non pensare a Mondo Topless (1966) di Russ Meyer.
Questo strano anello si compone di:
- Russ Meyer, Faster, Pussycat! Kill! Kill!, 1965.
- Alessandra Falca, View-master, QUI oppure seguila sulla timeline della sua pagina Facebook.
- Marjane Satrapi, Persepolis, Rizzoli Lizard, 2009.
- Marjane Satrapi, Taglia e cuci, Rizzoli Lizard, 2009.
- Maria Llovet, Loud, Edizioni BD, 2020.
- Russ Meyer, Mondo Topless, 1966.
Bevendo Birra Messina Cristalli di sale che, pur avendo il solito insopportabile marchio Heineken, viene prodotta nel birrificio di Massafra.