A noi la locuzione “letteratura disegnata” mette un po’ di inquietudine. Un bel po’. E non perché la reputiamo sbagliata o offensiva. Lo sappiamo bene che è un claim: uno slogan pubblicitario che serve a sintetizzare il senso profondo – e commerciale – di un prodotto. Se può servire a semplificare un dialogo, siamo disposti a dimenticare che «la pubblicità è l’anima del commercio e che, quindi, il commercio ha l’anima che si merita» (dobbiamo questa arguzia a Eduardo Galeano).
La locuzione “letteratura disegnata” ci mette inquietudine perché sappiamo che chi la usa è attanagliato da un terrore paralizzante nei confronti della parola “fumetto”. Persone che non arrossiscono dicendo “io leggo graphic novel” e cui, a un certo punto della serata, sentirai finalmente usare la parola “fumetto” per dire che « non è un genere», come se la parola “genere” fosse un insulto anche peggiore di “fumetto”.
Nel tempo ci siamo dati un sacco di regole implicite, mai formalizzate. Con “graphic novel” intendiamo il formato commerciale del libro a fumetti, composto di almeno un centinaio di pagine con una base di diciassette centimetri e un’altezza di ventiquattro. Ci ostiniamo a chiamare picture book o libri illustrati i volumi apparentemente destinati all’infanzia che mescolano parole e immagini, anche quando abbiamo delle difficoltà a distinguerli dai fumetti. Quando parliamo di “letteratura disegnata” di solito aggiungiamo aneddoti su quanto Pratt fosse agile e furbo nei discorsi e usasse quel nome nobilitante, rubato a Oscar Marota, per posizionare meglio il proprio lavoro.
La parola “fumetto” ci piace proprio tanto.
Quando “Il Tascabile”, rivista online a vocazione enciclopedica edita da Treccani, ha pubblicato l’articolo di Matteo Gaspari, ci siamo infranti sul sottotitolo e nel suo uso di “letteratura disegnata”. Poi Peppe Liberti, di cui ci fidiamo ciecamente, ci ha suggerito di leggerlo. Se quell’incredibile macchina per il “fact checking”, vestito da autore di articoli sul “quark e il pinguino”, ci invita a leggere un articolo, noi obbediamo.
Ti chiediamo di fare lo stesso.
“La nuova via del fumetto di divulgazione scientifica” di Matteo Gaspari inizia così:
«La componente visiva è alla base della scienza. L’osservazione è il primo tassello del metodo scientifico classicamente inteso che poi, attraverso la formulazione di una teoria, la costruzione e realizzazione di esperimenti e infine la rigorosa modellazione logico matematica, giunge (sperabilmente) alla completa o momentanea comprensione del fenomeno trattato. E non è soltanto la ricerca scientifica a poggiarsi in qualche modo sulla necessità di visualizzare un fenomeno, ma anche la sistematizzazione e conseguente esposizione della ricerca: articoli e presentazioni fanno largo uso di grafici e immagini che, a corredo del corpo testo, consentono tanto di riassumere quanto di chiarire dati, metodi e conclusioni.»
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