In una sera dello scorso gennaio, tra i fumi di una cena molto pesante annaffiata da forse troppe bottiglie di rosso, abbiamo malauguratamente deciso di fare una rivista che non leggesse QUASI nessuno. Durante quella chiacchierata alcolica, avevamo deciso anche un’altra cosa.
Facciamo così, c’eravamo detti, QUASI sarà una rivista propositiva di analisi, storia, memoria e problemi che indagherà la complessità del nostro immaginario. E ci divertiremo un sacco a farla. Parleremo del bello, del buono e dell’utile (questo lo sai a memoria, viste che sono… quante settimane? dieci? undici? che lo ripetiamo come un mantra); trascurando la mediocrità. Perché in fondo è vero, quando attacchi la mediocrità, rischi di offendere l’essere reale che l’ha prodotta, in quanto quella, la mediocrità, non riesce mai ad astrarre il proprio esistere dal proprio fare. Vogliamo che QUASI sia la nostra parte costruttiva.
Bene.
Solo che per farlo, dovremo sforzarci di tenere a bada il lupo cattivo ch’entro ci rugge. Non azzanneremo nessuno. Non attaccheremo nessuno.
Già. Ma i lupi si sa non lo perdono mica quel vizio che è la loro ragione di vita. Se non esercitano la loro sana passione predatoria, se restano in cattività nella gabbia della gentilezza, lentamente si spengono.
Quindi, che fare?
E mentre stecchiamo l’ultima bottiglia, l’illuminazione. Un’altra rivista! Quattro pagine formato tabloid, tutta in bianco e nero tranne la testata, rossa. Con una periodicità variabile, che insegua le date dei festival più significativi d’Italia: quello piccolo di Cremona e poi, va da sé, Padova, Comicon e Lucca. Quattro numeri l’anno di cattiveria, di opere e autori fatte a brandelli. Critiche serratissime e articolate sulla grammatica visiva, sulle scelte di stile, di ritmo, di segno, di inquadratura, di impaginazione nei fumetti che meno apprezziamo. Abbiamo anche il titolo: l’avverbio che è il contrario di QUASI, AFFATTO.
Stavamo già affilando zanne e artigli, quando KLANG! ci si è chiusa addosso la gabbia sanitaria della resistenza alla pandemia. E, allora… addio QUASI, addio AFFATTO.
Poi invece QUASI lo abbiamo fatto. Sai, avevamo un sacco di tempo, chiusi in casa a leggere fumetti, e mettere su il blog è stata una conseguenza spontanea. Ma AFFATTO, no. Quello doveva essere di carta, di cartaccia, doveva sporcarti le mani di inchiostro e far incazzare fino ad accartocciarlo e buttarlo nel cestino.
Alla fine è passata anche questa. Siamo in fase due da un po’, e stavolta – durante una meritata pausa dalla realizzazione del QUASI cartaceo (che sta proprio arrivando) – davanti a un certo numero di pinte di stout, ci è ribalenata l’idea di fare AFFATTO.
Ora, immaginati la scena: Boris e Paolo seduti al tavolo del pub e, al loro fianco, due metalupi grassi e grossi come il loro ego. I lupi si guardano negli occhi e poi, parla uno per tutti e due, ma è un ragionamento concordato.
«Dieci settimane che pubblicate analisi, che affilate strumenti, che provate le basi di un metodo, che distribuite gioia, che strutturate storia e memorie… e cosa è successo? Tutto quello che avete avuto in resto è qualche richiesta di recensioni e stroncature. Di un po’ di critica cattiva. HAR HAR HAR…
È comprensibile. Gli autori passano la maggior parte del loro tempo nel loro mondo interiore. Sono quindi degli egomaniaci senza speranza. E questo non è un male: ci danno le storie. Ma questa clausura produce alienazione e scatena una conseguenza ineludibile. Gli autori della mediocrità si trovano a loro agio solo con la piaggeria o con la critica negativa. Se non stai, inspiegabilmente, lodando il prodotto del loro corpo, sei tollerabile solo se dici che quello che fanno fa schifo. Perché allora ti possono accusare di farlo per invidia, perché in fondo tu non sei capace. Se invece fai una critica costruttiva, dalla quale devi escludere per forza, ciò che non vale, la prendono come un’offesa personale.
Questa cosa non potete evitarla.
Perché, diciamoci la verità, ormai a leggerli ‘sti fumetti sono rimasti quattro gatti e i lettori che non siano anche autori sono un’esigua minoranza e sono, quasi tutti, o critici o studiosi. Figurati quelli che leggono critica… nessuno. Ecco… QUASI è la rivista che non legge nessuno proprio perché non parla delle cose brutte o inutili.
Questa immaturità industriale, culturale, critica, ideologica è la gabbia entro cui ci muoviamo. E noi lupi ci moriamo nelle gabbie. Stavolta non ci stiamo. Stavolta ce ne andiamo!»
E se ne vanno. Davvero. Lasciano pure il conto da pagare (e, ammazza, se bevono ‘sti lupi!) a Boris e Paolo. I due finiscono le stout e convengono, che hanno ragione i lupi. Non è tempo. Non ancora.
In questo momento una critica feroce, quelli lì, non se la meritano AFFATTO.