Il demone di Frank Miller, lo spirito di Will Eisner, l’universo e tutto quanto

Claudio Calia | Affatto |

Tributata doverosamente la figura di Heather Glenn, ora non scherziamo. Mentre leggevamo quelle storie, a nessuno di noi fregava qualcosa di Heather Glenn. Era un personaggio che Frank Miller si è trovato evidentemente tra le scatole una volta presa in mano la conduzione della serie, il che ha portato poi alla sua triste fine: Heather non è morta a causa di una sceneggiatura ben scadenzata, o di precise scelte drammaturgiche. Heather muore, in una storia di Denny O’Neil e David Mazzucchelli, perché Miller non la vuole intorno in previsione del suo ritorno sulla testata alla sceneggiatura di Born Again, nei numeri dal 226 al 233 della collana Daredevil. Dunque, con un cinismo incredibile, Heather muore – e viene presto dimenticata – giusto per fare spazio.

Nessuno di noi ha in mente Heather quando pensa al ciclo di Frank Miller su Daredevil (ti ricordo: i numeri dal 158 del maggio 1979 al 191 del febbraio 1983), quando ricordiamo quelle storie gli eventuali triangoli amorosi che ci possono venire in mente non sono senz’altro Elektra/Heather Glenn/Matt Murdock, o Vedova Nera/Heather Glenn/Matt Murdock. Per tutto il tempo la storia d’amore bruciante di passione che emanano quelle pagine è quella tra Matt e Elektra, con l’ombra di Karen Page – che non si vede mai, lei tornerà in Born Again – la sua compagna storica, a stagliarsi su tutto.

Come detto, io comincio a leggere il Devil di Miller su I Fantastici Quattro Star Comics numero 2, per cui intanto mi manca tutta la parte scritta da McKenzie, pubblicata a spizzichi e bocconi ai tempi dall’editoriale Corno, ma soprattutto entro nel flusso della narrazione senza aver letto il numero 168, ovvero l’esordio di Elektra. Ma andiamo per gradi. Vi ricordo che per la stesura di questi articoli mi sto avvalendo della lettura del saggio Frank Miller’s Daredevil and the Ends of Heroism di Paul Young (Rutgers University Press, 2016).

Miller su Daredevil arriva con il numero 158, scritto da Roger McKenzie, e dai suoi primi passi sulla testata è già evidente che ci troviamo di fronte a un cambio di marcia. Nel dettaglio Paul Young nel suo libro si sofferma sulla copertina del numero 158, il primo realizzato da Miller, e quella del numero 163. La caratteristica che accomuna entrambe le copertine è quella di un supereroe in pericolo, differente dalle pose trionfanti e plastiche a cui siamo generalmente abituati. Soffermiamoci un attimo su quella del numero 163.

È un numero ispirato a una vecchia storia di Daredevil, un vero classico, Devil contro Sub-Mariner, firmata da Stan Lee e Wally Wood nel numero 7 della collana, uscita nel luglio 1970. L’idea era ed è quella di far confrontare l’eroe più umano e urbano di tutti con una minaccia incredibilmente più forte di lui. Nella copertina Devil è stretto all’angolo, in fondo a un vicolo buio, un rivolo di sangue (colorato di nero, sia lodato il Comics Code) gli scende dalle labbra. È letteralmente sovrastato dall’ombra di Hulk, di cui vediamo solo la mano, enorme, in primo piano. Un eroe all’angolo, stringe disperatamente tra le mani il suo ridicolo bastone mentre una forza senza pari sta per scatenarsi contro di lui. Un eroe cieco, senza super poteri a parte il senso radar, disposto a tutto per difendere il suo quartiere. Un eroe incosciente, come dice il suo stesso nome, ma senza paura. Tanto da infilarsi, letteralmente, in un vicolo cieco per allontanare la minaccia di Hulk dagli abitanti di Hell’s Kitchen.

Tornando alle memorie del lettore da piccolo, io questa storia la leggo molto più tardi, quando la Star Comics pubblicherà lo speciale Bersaglio per la morte nel 1991, che presenta metà del ciclo di McKenzie/Miller a uso e consumo dei lettori arrivati tardi come me. Nel frattempo ho già leggiucchiato qualche albo sparso di Elektra Assassin disegnato da Bill Sienkiewicz, e ho recuperato il tanto agognato numero 1 de I Fantastici Quattro, in una raccolta. Ancora oggi la mia collezione de I Fantastici Quattro è composta, misteriosamente, dalle prime tre raccolte (con il numero 2 doppio) e poi tutti fino alla fine del ciclo di Miller, con una raccolta numero 7 nel mezzo vai a capire perché (ho ovviamente recuperato il tutto negli anni successivi in edizioni più dignitose, presenti sul mercato e adatte a tutte le tasche, avessi mai la curiosità di provare).

Ti ho descritto più volte su (Quasi) qual era il clima dell’epoca: non c’era internet, i fumetti si compravano in edicola e esistevano le riviste, che per un ragazzo di provincia come me erano l’unica possibilità di reperire notizie sugli autori che mi appassionavano. Ma non potevo comprare tutto. Per cui Comic Art, L’Eternauta e Corto Maltese erano riviste che mi capitavano in casa ma che compravo solo ogni tanto, spesso abusando del Free-Time, il negozio dell’usato in cui sperperavo i miei (non) averi da piccolo. Questo per dire che recuperare notizie su quello che stavi leggendo, a parte le preziose note che erano una caratteristica che amavo degli albi Star Comics, era difficile. In questo momento mentre scrivo ho difficoltà a ricordare come, probabilmente era scritto tra le note del numero 1 de I Fantastici Quattro (non lo so, te l’ho detto che ce l’ho in una raccolta e le prime raccolte Star non comprendevano le note degli albi), ma vengo a sapere che Elektra è ispirata a Sand Saref, un personaggio apparso in due storie dello Spirit di Will Eisner.

Ecco, in questo mio tentativo di affacciarmi al mondo dei fumetti, io Spirit di Will Eisner già lo conoscevo. Possedevo, grazie al negozio dell’usato, l’”Eureka Pocket” Spirit, un detective creduto morto (Editoriale Corno, 1972), e in più usciva centellinato a episodi su Comic Art, in una edizione di grande formato e con dei colori che ricordo pastosissimi. Ecco, io non credo di riuscire a trasmettertela questa emozione che forse, oggi, non si può più vivere allo stesso modo. L’emozione di unire i puntini di un universo che ti si sta aprendo davanti cogliendo che io, quelle storie di Spirit, Il passato ritorna e Arrivederci Sand, ce le ho.

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