Passo così poco tempo a pensarmi che la rivelazione del peso mi coglie di sorpresa. Quando, trent’anni fa, consultavo la bilancia con discreta assiduità, stavo lottando con un chilo.
Oscillavo tra i 74 e i 76 chili: avevo vent’anni, mangiavo come un Sasquatch ed ero sempre in palestra. Quel chilo poteva fare la differenza. Praticavo una disciplina di combattimento (una di quelle tradizionalissime, mica una di quelle che usano ora dove ci si mena pesante e in modi variegati) e c’erano delle categorie di peso. Veramente poche: c’erano quelli leggeri che pesavano meno di 65; quelli in mezzo tra i 65 e i 75; e tutti gli altri.
A seconda di come arrivavo alla pesa, mi poteva toccare di essere il più pesante dei medi o il più leggero degli open. Sono alto un metro e un barattolo e, quando ti tiri calci e pugni, cinque o dieci centimetri di allungo in più fanno la differenza.
Ora, come ti dicevo ieri, ho scoperto che dall’ultima volta che mi sono pesato sono passati trent’anni e quindici chili. E improvvisamente, nella mia percezione del mondo, sono diventato un ciccione.
Dovrei pensarmi meraviglioso: un corpo bellissimo e indifferente al mondo che piace a persone che adorano le masse morbide e burrose. Ma in testa mi risuona solo quell’aggettivo: ciccione!
Tutti i bei discorsi sentiti sulla body positivity, all’improvviso, mi sembrano meno sensati. Continuo a trovare bellissimi corpi di forme diverse. Li amo proprio, ma non sono il mio.
Questa nuova consapevolezza di cicciosità mi cambia la prospettiva.
Per esempio, il giorno prima di scrivere questo post-it, sono salito su un aereo per raggiungere un luogo di villeggiatura per una settimana.
Viaggio in aereo da un bel po’ di anni. Per un periodo piuttosto lungo ho lavorato per un operatore di telecomunicazioni che aveva sedi in un sacco di nazioni: facevo i progetti di armonizzazione e globalizzazione e, un po’ di quelle sedi, dovevo visitarle. Mediamente tre voli la settimana, tutte le settimane, per una decina di anni. Le mie carte da “frequent flyer” avevano addosso così tante miglia che nella lounge per i vip ordinavo «il solito!» (e questo ti dice anche come ho fatto a prendere quei quindici chili).
Di quegli anni di voli costosi, in business class, pagati da una multinazionale, ho un ricordo preciso: il personale di bordo pareva essere stato selezionato con un casting accurato. Hostess alte e toniche, con pettinature impeccabili e steward alti, muscolosi e curatissimi.
Da anni viaggio in economy, comprando biglietti di compagnie low cost che hanno prezzi che mi fanno chiedere quanto paghino il carburante (lo sai quanto consuma un Boeing 737 di linea?).
Il personale di bordo mi somiglia. Tutti e tutte sovrappeso e con pettinature che sembrano provenire da una sessione di capriole nel campo minato. Per riuscire a guardare nella cappelliera, a volte, devono salire in piedi sul mio sedile.
Un po’ come se dal casting per un porno di serie A si fosse passati a quello per un film amatoriale su un portale carico di contenuti generati dagli utenti.
Scrive e parla, da almeno un quarto di secolo e quasi mai a sproposito, di fumetto e illustrazione . Ha imparato a districarsi nella vita, a colpi di karate, crescendo al Lazzaretto di Senago. Nonostante non viva più al Lazzaretto ha mantenuto il pessimo carattere e frequenta ancora gente poco raccomandabile, tipo Boris, con il quale, dopo una serata di quelle che non ti ricordi come sono cominciate, ha deciso di prendersi cura di (Quasi).