[(Quasi) parla del bello, del buono e dell’utile. Questo vincolo spesso ci condiziona e ci costringe a sedare la scarica di insulti che ci monta dentro, come lettori e lettrici, mentre facciamo questa rivista. Ma qui non è (Quasi). Sto facendo lo squatting d’agosto, ricordi? Se ti infastidiscono acidità e incazzatura, ci sentiamo domani. Ti prometto che mi sarò tranquillizzato.]
Poco più di un anno fa moriva Francesco Coniglio. È stato un editore importante. Ha pubblicato cose interessantissime e al passo coi tempi. Ha fatto l’ultima grande rivista di fumetti, “Blue”.
C’è un sottotitolo di quella rivista che mi è molto caro, perché mi sembra riferirsi direttamente a quelli – meravigliosi – di “Raw”, rivista voluta e diretta da Françoise Mouly e Art Spiegelman.
[Mi permetto un inciso, ché quando si occupa un servizio pubblico come una rivista di critica si può perfino divagare e perdere tempo, come si faceva nelle assemblee infinite in Aula Magna.
Per dire l’edonismo crescente degli anni Ottanta del secolo scorso, “Raw” ha usato questi sottotitoli: “The Graphix Magazine of Postponed Suicides”; “The Graphix Magazine for Damned Intellectuals”; “The Graphix Magazine That Lost Its Faith in Nihilism”; “The Graphix Magazine for Your Bomb Shelter’s Coffee Table”; “The Graphix Magazine of Abstract Depressionism”; “The Graphix Magazine That Overestimates the Taste of the American Public”; “The Torn-Again Graphix Magazine”; “The Graphic Aspirin for War Fever”.
Per la confusione degli anni Novanta, durante i quali – lo sai – il sistema del fumetto ha dichiarato (mica sempre a ragione) con sempre più vigore il rilievo culturale del proprio prodotto: “Open Wounds from the Cutting Edge of Commix”; “Required Reading for the Post-Literate”; “High Culture for Lowbrows”.]
Mentre le altre riviste italiane di fumetti hanno usato il sottotitolo per rimarcare i propri contenuti ed eventualmente la loro qualità, da “Rivista dei fumetti e dell’illustrazione” di “Linus” a “I fumetti più belli del mondo” de “L’Eternauta”, “Blue” si è concessa un atto di sublime snobismo. Poco sopra il titolo, con un carattere piccolo ma leggibile, capeggiava la scritta “Contemporanei all’imbecillità”.
A me pare che “contemporanei all’imbecillità” sia una bella definizione per Francesco Coniglio e il suo fare editoria disinvolto e disincantato, a volte addirittura cialtronesco. Mi sembra che il suo obiettivo sia sempre stato quello di costruire prodotti che mirassero alla vendibilità, anche giocando sulla furbizia e sugli equivoci. Eppure, pur muovendosi con vincoli di tempo e denaro spesso molto stringenti, mi pare abbia mostrato quanto più rispetto si potesse per l’intelligenza di chi comprava i suoi libri e le sue riviste.
Nell’ultimo periodo della sua carriera, i vincoli si erano fatti sempre più grandi e difficili da aggirare. Le riviste che faceva per l’editore Sprea avevano un target mirato, poco avvezzo alle sorprese e facile alla delusione. Per non tradire un pubblico che sarebbe stato contemporaneo a “Blue”, costruiva delle riviste molto noiose per tutti quelli che non appartenevano alla nicchia alla quale erano rivolte. Probabilmente si annoiava perfino lui quando, poco prima di morire, ha dichiarato l’intenzione di rifondare Coniglio editore.
Mi pare tristissimo che, alla sua morte, Sprea, per “omaggiarlo”, abbia pubblicato uno speciale “Blue 201”, costruito ravanando sul fondo dei cassetti.
Mi sembra di pessimo gusto che, a quell’operazione necrofaga, sia seguita una nuovissima rivista di bruttezza esemplare come “Cult Comics”.
Per una decina di euro, l’eventuale acquirente porta a casa un pacchetto di fogli di carta così così, stampato così così e spillato. Contenuti affastellati con la medesima casualità che può garantire l’immersione del braccio nel cassonetto del riciclo. Il sottotitolo è esemplare: “Storie e ricordi del fumetto d’autore anni ‘80”.
È un po’ come quando va via la luce in agosto e tutto quello che c’era in freezer si scongela. Inviti a cena tutti quelli che sono rimasti in città per non buttare via tutto. Monti un tavolo improvvisato fatto con tutte le superfici a portata nel locale un po’ sozzo messo a disposizione dal condominio. Copri quelle assi di legno con un patchwork casuale di tovaglie e servi roba di qualità diversissima. Anche le cose che un sacco di tempo fa erano buone, adesso sanno di freezer e attesa. Ah… a quella cena contro gli sprechi sei un invitato quasi casuale: non conosci nessuno e ti sembrano tutti antipatici, soprattutto il padrone di casa.
A proposito del padrone di casa. Siccome il pessimo gusto è difficilissimo da arginare, la casa editrice ha affidato la gestione di questo mostro fatto con avanzi di cadavere all’ex direttore di una delle riviste nate per imitare “Blue” di Coniglio, una delle riviste cui “Blue” era contemporanea.
Buon appetito.
Scrive e parla, da almeno un quarto di secolo e quasi mai a sproposito, di fumetto e illustrazione . Ha imparato a districarsi nella vita, a colpi di karate, crescendo al Lazzaretto di Senago. Nonostante non viva più al Lazzaretto ha mantenuto il pessimo carattere e frequenta ancora gente poco raccomandabile, tipo Boris, con il quale, dopo una serata di quelle che non ti ricordi come sono cominciate, ha deciso di prendersi cura di (Quasi).