Un gioco da ragazzi

Alessandro Lise | post-it |

A circa un terzo del libro c’è questa vignetta incredibile: una gatta antropomorfa esce di casa con una pala (deve andare a seppellire il tecnico della televisione che ha incidentalmente ucciso con un’overdose di “viagra”): guarda verso di noi ed è incorniciata – come dire? – all’interno dall’atto sessuale tra un cavallo e un papero. Per intenderci, i bordi della cornice sono le gambe piegate del papero (a destra e in basso), i pantaloni calati sulle gambe del cavallo (a sinistra) e il suo pene dritto (sopra). La gatta li saluta: «Ci vediamo, fate come a casa vostra»; il papero risponde: «Sì, sì!», ma è chiaro che non si sa se sta veramente rispondendo, e a chi.

Sono convinto che il porno debba essere roba da scuole medie. Che debba avere quello spirito adolescenziale da ragazzə, che permette di raccontare tutto fregandosene delle regole: regole sociali, certo; regole della narrazione, senz’altro; ma anche le regole del porno stesso. “Fregandosene delle regole” non è la frase giusta: “mettendo le regole a 90°” potrebbe essere l’espressione più corretta per quel che riguarda Planplan Culcul. Perché Anouk Ricard prende i cliché del porno e li piega come vuole, li fa diventare un balletto buffo e sguaiato, ma soprattutto giocoso: esibisce gli stereotipi senza negarli, e li usa per creare attesa o per prendere per il culo il lettore. Ragazze che aprono la porta di casa coperte solo da un asciugamano, elettricisti galanti e tonti, cetrioli enormi sotto al letto, infermiere con la passione per le temperature corporee, trenini, cadaveri con erezioni straordinarie, pompieri che si spogliano con una rapidità incredibile, poliziotti curiosi, alieni con bocche a forma di imbuti nel culo, doppi, tripli sensi… l’ho già detto trenini?

E poi lo spirito della gag. Un personaggio solitario – una sorta di cane di mezza età – se ne sta in un angolo: siamo in un locale dove quasi subito un’avventrice e il barista perdono il controllo “on the dance floor” (siamo pur sempre in un porno). Il cane è un elemento di sfondo, ma quando i protagonisti del fumetto escono di scena l’inquadratura si avvicina a lui: si sta masturbando da un paio di tavole mentre guarda, sul palco, la lap-dance di una ciambella (sic); viene (gli occhi a palla), lo sperma finisce nel suo drink (plof); lui se lo beve con la cannuccia, mentre il suo sguardo cambia orizzonte: dopo la sega il mondo è tornato a esistere. E via così, di scena in scena: dettagli e gag passano dal primo piano allo sfondo e viceversa, con una grande attenzione espressiva, dove tutto è chiaro, preciso, e divertente.

Si è parlato troppo poco di Planplan Culcul. Altri autori della stessa collana in cui è uscito hanno ricevuto più attenzione, credo perché hanno una visione del sesso più rassicurante e convenzionale, una visione che rispecchia meglio lo spirito di chi legge questi fumetti: l’idea che la rappresentazione del sesso serva a eccitare oppure a solleticare fantasie più o meno dicibili, ma codificatissime. Anche il segno contribuisce a questo immaginario: l’esagerazione delle misure o delle situazioni nasconde, spesso, delle rivendicazioni, o comunque un’adesione a un modello maggioritario. Invece in questo fumetto di Anouk Ricard il sesso è prima di tutto un elemento di socialità, al pari del bere, qualcosa che si fa per gioco, per amicizia, per amore o anche solo per conoscersi meglio: una cosa da ragazzə, appunto.

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