The Great When – Partenza

Omar Martini | Leggere Long London |

In cui l’incauto scrivano si rende conto che forse ha sopravvalutato l’importanza del romanzo di Alan Moore… o forse che la distribuzione libraria e i corrieri non sono così efficienti come pensava.


Se sei (stato) un nerd, non ci sono santi o auto-convinzioni che tengano: rimani nell’animo un fan facilmente manipolabile e suggestionabile, che pensa che tutto il mondo ruoti attorno a quel geniale e incompreso linguaggio chiamato fumetto. È questa la grande lezione che ho imparato martedì 1° ottobre. Se ricordate, con una certa sicurezza (e supponenza), la settimana scorsa avevo affermato che il nuovo romanzo di Alan Moore era senza alcun dubbio un titolo importante nel catalogo di Bloomsbury. Ero convinto che avrei trovato dozzine di vetrine che esponevano con fierezza The Great When, che ci sarebbero stati tavoli con pile di copie, situazioni che avrei fotografato per illustrare questo articolo, ma anche per farmi bello con alcuni amici (compreso l’editore Claudio Calia e il compagno di chiacchierate quasiane Francesco Pelosi). Per cui, la mattina del primo ottobre, prima di andare al lavoro, devio verso la libreria Waterstones del centro, ancora chiusa, e rimango stupito nel vedere che non c’è ancora nulla di esposto: in vetrina, l’unica pila che fa bella mostra di sé è quella di Intermezzo, il nuovo romanzo appena uscito di Sally Rooney, una giovane autrice irlandese letteralmente esplosa qualche anno fa con Parlarne tra amici e Persone normali. Beh, mi dico, probabilmente non avranno fatto la vetrina a causa di quell’uscita importante, però sicuramente avranno preparato qualcosa all’interno. Mi reco quindi in ufficio, aspettando impaziente la pausa pranzo.

Arriva mezzogiorno e mezzo e mi dirigo di nuovo verso la libreria. Giro tra i tavoli all’entrata, dove vengono disposte le novità e i titoli di catalogo più importanti: niente. Mi dico che sarà nella sezione di fantascienza/fantasy, considerato il genere di storia. Ancora niente: né nei posti deputati alle novità né sullo scaffale generale. Giro due volte per essere sicuro di non essermi perso nulla, poi chiedo a un commesso dove posso trovare The Great When. Guarda al computer e mi conferma che non ce l’hanno ancora. Aggiunge che è strano che abbiano scelto quel giorno come data di uscita, considerando che di solito i libri escono il giovedì. Probabilmente lo riceveranno entro la fine della settimana (sebbene non sappia confermarmi il possibile giorno di consegna) e mi consiglia di controllare periodicamente la disponibilità sul loro sito, ordinarlo e passare a ritirarlo. Sconsolato, torno al lavoro e poi, a fine giornata, a casa.

Di fronte alle potenzialità di vendita di autori affermati e rodati che hanno pubblicato negli ultimi mesi le loro novità ( come, per esempio, il nuovo romanzo di Richard Osman, che comincia una nuova serie di gialli, oppure il nuovo saggio di Yuval Noah Harari sull’evoluzione dell’informazione), il volume di Moore non risulta poi essere così importante come pensavo. La fama ottenuta nell’ambito del fumetto non si è trasferita automaticamente in un altro ambito editoriale, e i lettori non sono tutti lì pronti ad acquistare nel giorno di uscita il tomo tanto pubblicizzato. Da appassionato, un bagno di umiltà in cui colui che ritenevo quasi un profeta della parola disegnata non ha un’analoga considerazione da parte del mondo esterno al fumetto.

Mentre sto per iniziare a preparare la cena, per curiosità, do un’occhiata al sito di Waterstones e noto che, effettivamente, in alcune librerie fuori città, compresa quella di un centro commerciale vicino a casa, è presente una disponibilità limitata dell’edizione speciale che volevo acquistare. Guardo l’orologio: sono le 18.40, la libreria chiude alle 19.00, ma è a circa dieci minuti di macchina. Sotto lo sguardo tra il divertito e lo stupito della mia compagna, esco velocemente di casa e sfreccio verso la mia destinazione. Parcheggio e, a passo spedito, supero quegli spazi desolati, dove la maggior parte dei negozi sono ormai già chiusi. Mentre oltrepasso la soglia della libreria, mi guardo attorno. Scruto i tavoli delle novità, e si ripete la stessa situazione di qualche ora prima. Stavolta non c’è tempo di fare un giro più accurato e mi dirigo subito verso la commessa alla cassa, probabilmente già in attesa che scatti l’ora tanto attesa per emettere lo scontrino totale delle vendite della giornata. Chiedo se hanno una copia del libro e ci dirigiamo, mentre verifica la posizione del volume sul suo cellulare, verso la sezione di fantascienza/fantasy. Lo troviamo: c’è solo una copia, messa di costa, come qualsiasi libro pubblicato da qualche mese/anno. Probabilmente si aspetta che mi metta a esaminarlo per decidere se acquistarlo oppure no, ma la stupisco affermando all’istante che lo compro.

Per completezza di informazione sulla distribuzione non eccelsa di questo romanzo, due giorni dopo il sito di Waterstones mi segnala che il libro, nell’edizione che ho trovato, è disponibile in abbondanza nella sede del centro (mentre in tutte le altre segnala sempre uno scarso numero di copie). Mi reco di nuovo lì per vedere come è stato disposto, giro per il negozio ma non trovo nulla da nessuna parte: probabilmente i librai non hanno ritenuto, rispetto alle novità recentemente uscite, che meritasse immediatamente uno spazio espositivo. A questo punto, verifico anche in un’altra libreria rivale, Blackwell, e lì finalmente lo vedo, vicino all’entrata, disposto con la copertina frontale, in mezzo agli scaffali che raccolgono vari titoli del fantastico. Ormai non mi faccio più domande su come possa funzionare la distribuzione libraria e mi dico, per l’ennesima volta, che probabilmente Moore è stato trattato come un autore qualunque, e non come l’uomo che ha influenzato il fumetto e, in parte, anche l’immaginario contemporaneo. O meglio, questo probabilmente è il trattamento riservato agli autori medi perché, se fosse stato uno scrittore poco conosciuto, probabilmente non l’avrei nemmeno visto (e trovato) da nessuna parte.

Ma ritorniamo al tardo pomeriggio del primo ottobre. Dopo l’acquisto, mi dirigo a casa e finalmente posso osservarlo e sfogliarlo con calma. Questa edizione esclusiva (come recita il bollino in copertina) ha un aspetto che colpisce immediatamente: l’illustrazione di Nico Delot che ho già avuto modo di osservare con attenzione sul web è stampata su una sovracoperta patinata opaca a cinque colori (il titolo e alcune stelle hanno il quinto colore oro), il blocco esterno delle pagine nella parte verticale continua il disegno della sovracoperta, mentre nella parte superiore e inferiore il bordo è di colore blu e riprende la tonalità principale del disegno. Sotto la sovracoperta, c’è un disegno stampato in oro che ripropone, a mo’ di cornice, alcuni elementi della città, dove è ambientata la storia, e uccelli e insetti che, immagino, avranno una certa importanza nel romanzo.

Quando si apre il libro, il risguardo a un colore (viene mantenuta la tonalità dorata) ritrae un cielo stellato quasi completamente coperto dalle nuvole (probabilmente realizzato ancora da Delot) che sembra richiamare i disegni cesellati di Gustave Doré (penso soprattutto a quelli della Bibbia o della Divina Commedia. Si arriva all’elenco delle opere precedenti dello scrittore e noto, non inaspettatamente, considerato ciò che ho scritto nel precedente articolo, che nella lista ci sono le sue opere di narrativa, il suo libro di non-fiction Unearthing e, per quello che riguarda i fumetti, solo gli ultimi libri, cioè gli unici che non ha ripudiato, da From Hell in avanti (l’unica eccezione è Crossed +100, probabilmente perché uno spin-off di una serie non creata da lui).

Segue una dedica a Michael Moorcock e Iain Sinclair, «entrambi vissuti per più tempo a Londra e arrivati prima di lui», l’indice (composto da un’introduzione, otto capitoli e un epilogo) e una mappa, disegnata da Nicolette Caven, della Long London nel 1949, sui cui bordi volteggiano di nuovo uccelli e insetti. Alla base è presente un essere fatato (questi elementi richiamano quelli rappresentati nel disegno della copertina cartonata) e al suo interno sono indicati alcuni luoghi (per esempio, la casa di Arthur Machen, famoso e influente scrittore del fantastico, e la piazza Red Lion, dove si trova la testa di Oliver Cromwell) che, posso immaginare, avranno anch’essi la loro importanza (uno dei capitoli si intitola “A London Walk”, per cui forse si ripeterà, come in From Hell, una passeggiata per la città a osservare la Londra alternativa). Continuando a sfogliare, noto che ogni capitolo ha una piccola illustrazione sopra il titolo e in fondo al libro, dopo il romanzo, c’è un breve testo di cinque pagine scritto da Alan Moore nell’aprile 2024 e dal titolo “London Peculiar”, preparato in esclusiva per questa edizione.

Ora posso iniziare a leggere il libro.

The Music at the Beginning” / “La musica agli albori” (prima parte)

Il prologo (sebbene non venga definito in questo modo) è un semplice capitolo con un titolo e senza nessun tipo di numerazione. È ambientato nel 1945 (la collocazione cronologica viene dichiarata solo alla fine della sezione e questo rende misteriosi gli accenni a una guerra in corso) e si apre con una breve sequenza in cui due personaggi, un uomo e una donna, conversano e bevono del tè, vicino a una pensione. I loro nomi non vengono mai dichiarati, ma da vari dettagli che costellano queste pagine (il luogo dove si trovano, l’accenno alla pensione, il nome del servitore dell’uomo, alcuni riferimenti esoterici specifici, la previsione della morte imminente) si intuisce che l’uomo è sicuramente Aleister Crowley, mentre la donna è probabilmente la scrittrice e attivista politica Nancy Clara Cunard.

Il linguaggio è ricco, sia nella scelta dei termini che nell’uso di simboli e metafore. Crowley, debilitato dalla malattia che l’avrebbe ucciso due anni dopo, viene descritto come un uomo ormai debole e con un aspetto simile a quello di un insegnante di educazione artistica che aspira a essere un nuovo Sargent (cioè il pittore John Singer Sargent, vissuto tra il XIX e XX secolo, e del quale, tra l’altro, qui a Edimburgo, la città in cui vivo, c’è uno dei quadri più famosi e, a mio modesto parere, più belli). Crowley si autodefinisce l’Eone di Horus, una figura che simboleggia la trasformazione e il cambiamento verso una nuova era, come descritto dall’occultista stesso nella Thelema, la filosofia di sua invenzione (tra l’altro, l’Eone è uno dei personaggi raffigurati nei Tarocchi di Thot, creati dallo stesso mago e disegnati da Lady Frieda Harris). La donna, invece, afferma di fare parte dell’era dell’Acquario, un’età che, in astrologia, si ritiene essere l’epoca attualmente in corso, oppure quella che seguirà, a seconda dei metodi di calcolo usati per determinarla. C’è una sensazione di calma, perfino di malinconia, sebbene il dialogo sia punteggiato anche da momenti di ironia (i due sono coscienti che, pur rappresentando epoche diverse, alla fine finiranno tutti e due in una discarica). Si percepisce che i due personaggi appartengono ormai al passato e che un’epoca di grosso cambiamento sta per arrivare e iniziare. Durante la conversazione ci sono continui riferimenti al loro passato ma anche a quello che accadrà e ai cambiamenti radicali che porterà. I due non stanno attraversando un bel momento, soprattutto ripensando alla loro gloria passata, e ritengono che, una volta che saranno scomparsi, si creerà una frattura spaventosa in Inghilterra e un grosso vuoto nella magia. Infine, accennano al fatto che sono stati testimoni di un’altra Londra. Un’introduzione che, considerato anche il titolo di questa sezione, serve come presentazione del mondo magico che si dipanerà nelle pagine seguenti, delle situazioni che avverranno nei capitoli seguenti (e forse anche nei libri futuri) e del genere di personaggi che il protagonista di questo libro incontrerà. Oltre al fatto che, immagino, Moore abbia voluto anche utilizzare un personaggio come Aleister Crowley verso cui prova una certa fascinazione. Non a caso, l’ha utilizzato anche nel n. 12 di “Promethea”, uno dei punti più alti della sperimentazione grafica e narrativa di questa serie esoterica (con cui si intuisce che questi romanzi possano avere dei punti di contatto), facendogli raccontare una barzelletta. La visione che ne ha lo scrittore inglese non sembra essere quella dell’essere diabolico e bestiale, come è stato a volte rappresentato, ma probabilmente riesce a vedere, dietro la seriosità del personaggio, anche umorismo e astuzia, come si intuisce anche dal rapporto con il segretario che ebbe alla fine della sua esistenza, Kenneth Grant, che veniva pagato non in denaro ma in insegnamenti di magia.

John Singer Sargent, “Gertrude Vernon, Lady Agnew of Lochnaw (1864-1932)”.

A questa prima scena, ambientata alla fine della Seconda Guerra Mondiale, seguono altre quattro situazioni, tutte legate a degli strumenti (ottoni, timpani, archi, percussioni) e separate dal disegno di una nota musicale… ma di questo parleremo più approfonditamente la prossima settimana.

L’Eone, dipinto da Lady Frieda Harris per il mazzo di tarocchi di Thot.

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