Questo pezzo sarebbe dovuto partire con una certa dose d’ironia, con la riesumazione di una dovuta tirata per il culo a quel fandom tossico che solo alla quarta stagione di The Boys, pensa un po’ quale arguzia, tirerebbe un filino verso tutta una serie di posizioni che, messe insieme, andrebbero a formare quello spettro che a loro avviso si starebbe aggirando per l’occidente minandone la cultura. No, non lo spettro di Karl Marx, quell’altro. Quello inconsistente. Quello che chiamano woke. Lo spauracchio per conservatori delusi che ancora non hanno digerito la faccenda del dover bere dalle stesse fontane dei neri. The Boys è “diventato” woke. Che se già il dare credibilità al woke come minaccia non sarebbe stata la migliore delle posizioni per qualificarvi come esseri dotati di senso critico, quel “diventato” è un fattore oggettivo nel definire un pensiero come poco atto a processare la realtà come fatto complesso. E sì, prendo il giro largo perché se no va a finire che il pezzo rimane quel che avrebbe dovuto essere nelle mie intenzioni di partenza.
E invece.
Invece è arrivato il 5 novembre 2024 e non avevo ancora scritto il pezzo. E due o tre cosine sono cambiate. Sì, perché ok, poteva vincere l’uno o l’altro, non è che gli scenari fossero molteplici, ma il come hanno vinto conta e, in maniera non trascurabile, lo spettro del woke ha fatto i suoi danni. In che senso? Anzitutto, per quanto non è che Kamala Harris fosse nemmeno lontanamente un leader politico considerabile come la cura ai mali degli Stati Uniti, Trump è… insomma… Trump. Il peggio possibile. E una vittoria come quella verificatasi è un disastro, senza mezzi termini.
Il nesso fra i due punti di quanto detto finora?
Presto detto. Trump rappresenta efficacemente coloro che a rendersi conto delle posizioni politiche espresse in The Boys ci hanno messo quattro stagioni. Quelli che hanno scaricato quintalate di tossicità in ambienti come il gaming e il mondo nerd in generale. Trump si rivolge, con evidente successo, a un elettorato in pieno collasso cognitivo, sempre meno in grado di processare la complessità del reale. Trump parla a quella gente lì, quella che all’idea di riconoscere la specificità e non solo il diritto di respirare, troppa grazia, ma anche quello di fare una vita il più possibile decente, magari addirittura serena, si fanno venire il mal di stomaco. Trump parla a chi si adopera per precludere il diritto all’aborto, a chi bandisce i libri dalle biblioteche e a chi si batte perché la mia ignoranza venga riconosciuta tale e quale alla tua competenza. Trump parla alla pancia ma quella bassa, nemmeno allo stomaco, all’intestino proprio. Trump dà, con le sue affermazioni ma anche con i suoi risultati, credibilità a quelli che si sono accorti che Patriota non è il buono da tifare solo alla quarta stagione di The Boys. E questo non è nemmeno il punto più basso.
Ah no?
Seguimi, le sorprese non sono finite. Il punto è questo: lo schifo è percolato. Il peggio dei contenuti del peggio dei gruppi un tempo marginali, fringe e poi sempre più presi in considerazione non è più visto come un discorso tra il delirante e complottista. Ciò che una volta QAnon, i suprematisti bianchi e compagnia berciante esprimevano suscitando per lo meno un sopracciglio alzato è entrato a far parte del senso comune. Ciò che un tempo era il farfugliare di un branco di squinternati è un discorso che merita di essere approfondito senza che nessuno tolga il fiasco di mano a chi lo pronuncia. Certo, non parliamo di una novità, il processo non è in atto da ieri ma in occasione delle ultime elezioni ha subito un’accelerazione che ce lo sbatte sotto gli occhi, impossibile da negare. Se Trump e Musk, che si sono attivamente adoperati per trasformare il dibattito pubblico in una cloaca sono considerati una forza di governo credibile non è, pare, per un broglio elettorale concepito col favore nelle tenebre o per come funziona un sistema che, al di là di tutto, si sa da sempre che non è una democrazia ma altro. Trump e Musk, e tutto quel che rappresentano insieme alla squadra che si tireranno dietro, sono dove sono perché tante persone li hanno votati. Più di quelle che hanno votato Harris che comunque non è che fosse proprio composta al 50% da Gandhi e al 50% da Mandela. Eppure non era Trump. Ma Trump ha preso tanti voti. Milioni di voti. Ha vinto il voto popolare. Ergo, tante persone lo hanno voluto lì dove s’insedierà, considerando per lo meno accettabile tutto quel che ha detto e fatto finora. Compreso considerare Patriota come l’eroe di The Boys. E non è questo il punto più agghiacciante.
Ah no?
No, se consideriamo che s’insedia a gennaio.
Stefano Tevini e l’Onorevole Beniamino Malacarne sono un reboot del classico Dottor Jekyll e Mister Hyde ma, invece di seguire il trend contemporaneo dell’inclusività, deviano dal canone nel fatto di essere ambedue dei fetenti. Nati entrambi nel 1981, uno è una specie di scrittore (romanzi, fumetti, articoli, quella roba lì), l’altro è un lottatore di wrestling. Tevini ti parlerà di fumetti, fantastico e simili, Malacarne di Wrestling (oltre a occuparsi della gestione operativa dei reclami e soprattutto di chi li esprime).