The Great When – La pittura come una delle belle arti

Omar Martini | Leggere Long London |

In cui l’incauto scrivano rimane affascinato dalla descrizione dell’inaugurazione di una mostra di Austin Osman Spare al Temple Bar e prova il desiderio segreto di tornare indietro nel tempo e partecipare a quella esposizione.

Self as Hitler” / “Essere come Hitler”

La settimana scorsa avevamo lasciato Dennis mentre si risvegliava da un incubo che, per l’atmosfera surreale, mi aveva fatto venire in mente David Lynch (il momento in cui Grace si avvicina per sussurrare una manciata di parole a Dennis mi ha immediatamente richiamato alla memoria la visione di Laura Palmer che si china per rivelare i segreti di Twin Peaks all’agente Cooper del futuro). Ora, se avete letto il precedente pezzo qui, avete già un’idea di quali saranno i due eventi principali del capitolo: l’inaugurazione della mostra di Austin Osman Spare e l’appuntamento al pub con Clive.

I quattro giorni che mancano per arrivare a venerdì trascorrono senza che accada nulla di memorabile. Ogni tanto Dennis ripensa al sogno che ha fatto, ma non riesce a interpretarlo. Il giovedì sera si lava per bene (l’ultima volta Grace aveva fatto delle considerazioni sul suo odore) e Ada gli lascia il pomeriggio libero di venerdì. Si reca da Grace e decidono di andare alla mostra in autobus. Chiacchierano e Dennis dice che, a differenza di quanto affermato in precedenza, ora non vuole più diventare un agente segreto, bensì fare lo scrittore. Lei invece rivela che il suo sogno segreto è quello di diventare una famosissima ballerina.

Arrivano al Temple Bar e c’è già un po’ di gente che riempie il locale, trasformato per l’occasione in galleria d’arte. Dennis vede Ironfoot Jack che sta parlando con Spare: i due uomini sono colpiti da Grace, che entra subito in sintonia con loro. Dopo un po’ i ragazzi si spostano per andare a vedere la mostra. Lei nota Augustus John, un famoso pittore, e Dennis rimane colpito dalla sua conoscenza e osserva che probabilmente è stata molto più attenta di lui a scuola. Lei ribatte che in realtà la scuola le ha solo insegnato a leggere e a usare la biblioteca, tutto il resto l’ha fatto da sola. In questa affermazione vedo molto delle origini di Alan Moore, che venne espulso a 17 anni e che si è praticamente costruito da solo la sua conoscenza enciclopedica, seguendo passioni e interessi, e mettendo in tal modo le basi della sua carriera.

Siccome questa non è una mostra inventata da Moore, ma un’esposizione che ha realmente avuto luogo, lo scrittore introduce al lettore l’opera pittorica di Spare, descrivendo i quadri e, attraverso lo scambio di opinioni e interpretazioni dei due giovani, ci fornisce delle ulteriori informazioni. In un certo senso, questo capitolo è un’introduzione di questo artista sia ai due personaggi del libro che a una parte dei lettori (io faccio parte di questo gruppo) che non hanno una conoscenza (approfondita) di queste opere. Prima Grace e Dennis osservano “Theogy”, il disegno a matita di un volto di donna, a cui segue “Spiv Rex”, il ritratto di uno degli spavaldi “nuovi criminali” che si stanno diffondendo in città in quel periodo, e che sfidano tutto e tutti.

Vengono raggiunti da Ironfoot Jack e, chiacchierando, si spostano per la sala, che si sta riempiendo della gente più varia. L’uomo parla del suo passato e di come l’attuale welfare istituito da Aneurin Bevan, il laborista gallese che ha gestito la creazione del servizio sanitario nazionale, nonostante le buone intenzioni abbia creato problemi alla popolazione che ha più difficoltà a sopravvivere. Anche Grace commenta che altre donne che fanno le prostitute come lei hanno notato che la situazione è peggiorata, e che gli stessi clienti ora sono molto più sgarbati e violenti. Si fermano davanti a un altro quadro, questa volta il ritratto di Bette Davis, e Dennis rimane stupito per il fatto che il pittore abbia utilizzato una stella del cinema, indirettamente citando quello che avrebbe fatto la pop art pochi anni dopo; Grace invece nota che il carattere distorto del quadro è una forma di anamorfismo (cioè l’immagine appare distorta ma, guardandola da una certa angolazione, la si può vedere correttamente) di cui aveva letto in un libro su Hans Holbein il Giovane. Sono raggiunti da Tom Driberg, un parlamentare laburista che faceva anche il giornalista e, sotto lo pseudonimo William Hickey, aveva iniziato negli anni Trenta una rubrica di gossip sul “Daily Express”. L’uomo prima fa molti complimenti a Grace e poi a Dennis, che passa da un sentimento di irritazione, perché l’uomo stava parlando con molta naturalezza con l’amica, naturalezza che avrebbe voluto avere lui, all’imbarazzo perché intuisce che l’uomo ci sta provando con lui. Poi Ironfoot, pungolato da un’affermazione dell’ultimo arrivato, racconta il suo passato, di quando dirigeva un locale aperto a tutti ma, a causa della presenza di persone queer, fu arrestato e si fece venti mesi di lavori forzati.

Quando Grace mostra interesse nei confronti del catalogo della mostra che Driberg esibisce sotto il braccio, Dennis si allontana per andarglielo a comprare. Si dirige verso il banchetto delle vendite, ma ha diverse difficoltà a raggiungerlo a causa della folla che sta diventando sempre più grande. Passa anche accanto ai coniugi Kenneth e Steffi Grant che stanno parlando con Augustus John di Much-Binding-in-the-Marsh, una trasmissione televisiva con l’attore comico Terry-Thomas che hanno visto la sera prima. Dennis è stupito da quella conversazione: sa dell’esistenza dei televisori, anche perché sono descritti in 1984, ma non pensava che, considerato soprattutto il costo dell’apparecchio, si fossero diffusi così tanto da diventare argomento di conversazione. Immagina che, in un futuro lontano, probabilmente quando sarà già morto, si diffonderanno in maniera capillare, con le persone che se li porteranno ovunque, legati alla schiena.

Raggiunge il banchetto e compra la pubblicazione, nonostante l’altissimo costo. Poi cerca di tornare indietro, ma ha qualche problema a muoversi, finché non arriva davanti all’autoritratto “Self-re-Hitler” e si ferma a osservarlo. Di nuovo, c’è una descrizione del quadro stesso, oltre a qualche informazione sulla sua genesi, che Dennis legge nel catalogo (vedendo l’originale di quest’opera, il Führer invitò Spare a Berlino per farsi fare il ritratto, ma il pittore si rifiutò). Guardandolo, comprende che con quell’opera il pittore si domanda che cos’ha in comune con il gerarca nazista e, analogamente, Dennis si domanda se c’è una parte della sua persona che potrebbe scatenare un’apocalisse sul mondo (è forse una “domanda retorica” che dà un indizio su quello che potrebbe accadere in un futuro romanzo?).

Si accorge che dietro di lui c’è proprio Spare e gli chiede come fa a realizzare quei quadri: risponde che parte del merito, come era accaduto in passato anche con William Blake (altro autore fondamentale per Moore), è dovuto alla sua conoscenza di certe zone di Long London. Al che, Dennis gli chiede che cos’è il “Grande Quando” e lui cerca di spiegargli che è una Londra eterna, composta di tutte le idee che le persone hanno di Londra quando ne sentono il nome o pensano a quel luogo. È l’immaginario della città, è quello su cui si fonda la metropoli (rievocando la celebre frase di William Shakespeare tratta dalla Tempesta “Siamo fatti anche noi della materia di cui sono fatti i sogni”), formato da secoli di sogni di Londra che si sono accumulati, ed è accessibile solo ad alcune persone. Bisogna fare attenzione perché è un luogo pericoloso da visitare con una certa attenzione; ma è possibile muoversi agevolmente dopo un paio di volte che si è andati lì, soprattutto se si ha avuto modo di vedere l’Oxtercross, la mappa del Grande Quando, un oggetto che non potrà mai andare nella Short London, pena delle conseguenze incalcolabili (una possibilità che avverrà in un futuro libro?). Dennis deve anche essere cosciente che non è detto che lui non avrà più a che fare con Long London, come il ragazzo desidera, perché è quel luogo a decidere quando e come quel rapporto si interromperà. Spare viene chiamato da Steffi Grant e Dennis va alla ricerca di Grace: la trova in lacrime di fronte al quadro “Horses to the Slaughter: Railway Horse”, commossa dallo sguardo riprodotto dell’animale.

Dennis le consegna il catalogo e lei ne rimane piacevolmente colpita. Restano ancora un po’ e poi decidono di andarsene. Mentre lui l’attende fuori, arriva Clive, in ritardo per l’esposizione. Gli rivela che tutti e tre i nomi che gli aveva dato erano vittime di omicidi rimasti insoluti, e ipotizza che probabilmente il taccuino su cui aveva visto quelle annotazioni fosse quello di un poliziotto. Dennis ne rimane profondamente colpito e pensa che quei riferimenti possano essere collegati a delle indagini in cui Clive è in qualche modo coinvolto. Lo ringrazia e gli dà appuntamento per un’altra sera, per offrirgli da bere e ringraziarlo. Quando Grace ricompare, la riaccompagna a casa e sulla strada prendono del fish and chips da mangiare nell’appartamento. Dennis sta un po’ da lei a chiacchierare e a cenare, e poi ritorna a casa.

Il fine settimana passa lentamente, come quello precedente, sebbene Dennis si senta nervoso, senza una particolare ragione; in più, ora teme l’arrivo del lunedì e dell’incontro con Clive a causa del sogno che ha avuto. Per tutto il giorno di lunedì continua a valutare se chiamare Clive per rimandare l’incontro, ma alla fine decide di uscire. Ripensa alla telefonata che ha avuto con l’amico e a quando l’ha incontrato per caso. Si rende conto che quando l’aveva visto non poteva essere venuto a cercarlo perché durante la telefonata che avevano avuto gli aveva detto che sarebbe stato per un po’ da un’altra parte; inoltre, Clive aveva accennato a un dettaglio sullo scagnozzo di Jack “Spot” Comer che non gli aveva mai detto, e questo significava solo una cosa: era stato presente all’incontro con Harry Lud, probabilmente nascondendosi dentro una macchina che aveva notato in quel luogo. Ne è sconvolto e pensa che forse Clive si è recato nella Long London e che lui, Dennis, ha tradito quel luogo. Decide di dissuadere l’amico a ritornare nell’altra dimensione, ma poi si rende conto di un errore nel suo ragionamento. Clive non poteva avere ragioni professionali per essersi segnato quei nomi, per cui forse li aveva scritti perché era stato lui a uccidere quelle persone. E se lui era un pazzo maniaco, ora rischiava di lasciarlo libero di aggirarsi nell’altra Londra. Arriva al pub, entra e Clive lo saluta. Ora l’incubo sta per cominciare.

Il capitolo finisce su questo attimo di sospensione e dovremo aspettare ancora una settimana per sapere come si svolgerà quell’incontro e come finirà il romanzo (Clive sarà davvero un semplice assassino, oppure è la creatura che Dennis aveva visto in sogno e che è passata nella nostra dimensione, come mostrato nel prologo? O ci troviamo davanti al classico depistaggio di uno scrittore esperto, e in realtà la creatura, colpevole di quei delitti irrisolti, è qualcun altro… magari proprio il giornalista che, temendo di essere scoperto dall’amico, aveva creato un po’ di fumo attorno a sé?)

Il punto principale del capitolo è, ovviamente, l’esposizione di Spare. In questa ventina di pagine, Moore opera su più livelli: parla diffusamente dell’opera di Spare, in modo ancora più accurato di quanto avesse fatto con Arthur Machen, descrivendo le opere, fornendo dettagli della biografia dell’artista ed esponendo varie opinioni attraverso i commenti dei personaggi. Si percepisce l’amore che ha lo scrittore nei confronti del mago-pittore, che lo rende il protagonista di questa sezione. L’unica cosa ancora poco chiara è l’importanza che ha, a livello della storia nel suo complesso, se cioè avrà un altro scopo in futuro, oltre ad avere rappresentato, nei confronti di Dennis, il “compagno dell’eroe”, assieme ad Ironfoot Jack e Blincoe.

L’altro aspetto interessante, già presente in precedenza ma che qui viene ulteriormente sottolineato, sono i riferimenti alla cultura pop di un’epoca che si sta trasformando a una velocità sempre più crescente: dalla radio, simbolo dell’intrattenimento dell’epoca di cui avevamo avuto un assaggio nel capitolo precedente, quando Ada e Dennis passano l’intero sabato sera ad ascoltare diversi programmi, passiamo alla televisione, sia nella conversazione del discepolo di Aleister Crowley, in cui parla di quanto si fossero divertiti a vedere la prima puntata di una serie comica con protagonista Terry-Thomas, un comico che avrebbe avuto un certo successo anche al cinema negli anni Sessanta (l’elemento caratteristico del suo aspetto, oltre ai baffetti, era la grossa fessura che aveva tra i denti incisivi), che nelle considerazioni che fa Dennis sul futuro della tv, soprattutto alla luce del romanzo di George Orwell. A mio parere, l’elemento interessante è il fatto che il ragazzo immagina una possibile diffusione della televisione in un tempo lontano, dopo la sua morte, perché non è ancora abituato alla velocità della scienza e dell’innovazione che avrebbero acquisito in seguito (l’accelerazione sempre più frenetica dell’innovazione scientifica è un altro dei temi cari allo scrittore). Non riesce a concepire che quello che lui pensa posso accadere probabilmente su una grandezza di un secolo sarebbe in realtà avvenuto nel giro di qualche decennio.

Infine, quello che si percepisce è anche il semplice piacere di partecipare all’inaugurazione di una mostra, a quell’infilarsi tra persone che guardano e chiacchierano perché prendono quell’evento come un modo per socializzare e non solo per vedere delle opere, di entrare e uscire da una conversazione, di guardare il tipo di visitatori e fare degli apprezzamenti. Sono sensazioni che chiunque si sia trovato in situazioni del genere conosce bene e che Moore riesce a rappresentare efficacemente, nei suoi aspetti positivi ma anche negli aspetti più satirici dei “presenzialisti” a momenti di questo tipo.

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