Piove da tre giorni. Ininterrottamente.
Niente di grave, solo una pioggerellina fitta che non ti aspetti da queste parti e che prendo come giustificazione per fare, senza sensi di colpa o giudizi, quello che più mi piace: perdere tempo.
È arrivato ieri… un pacco che aspettavo, che ho corteggiato a botta di proposte e ribassi e, alla fine, per la mia goduria di feticista, ho acquistato a una cifra accettabile.
Un’altra versione di Amy + Jordan di Mark Bayer ora poggia comodamente sulle mie gambe impigiamate da giorni. Sorrido soddisfatta e annuso le pagine gialle.
Questa è la versione libro standard verticale; l’altra che ho sullo scaffale è la versione orizzontale che contiene le strisce, così come sono nate e pensate.
Mi perdo nel grigio, mi perdo in quello che per qualcuno è inguardabile e illeggibile. Questa massa di bidimensionalità che mi farà soffrire ancora e ancora, acutamente.
Il mondo di Bayer è un mondo in bianco e nero fatto di trattini e puntini in cui posa le sue immagini piatte, trasformando le vignette in qualcosa di illeggibile e inquietante ma nello stesso tempo intimo e riconoscibile.
In questo mondo prevalentemente grigio, si passa dalla noia alla paura, dal terrore all’orrore, senza perdere l’ironia nel racconto a fumetti e rendendo oggettivamente visibili le emozioni, come quelle lacrime che cadono graficamente.
In questo discorso bidimensionale troviamo Amy e Jordan, alle prese con l’affitto, con l’assistenza sanitaria e la salute mentale, spesso cattivi tra di loro e spesso disperati. Litigano, piangono, si torturano, ma non è tanto quello che succede a loro a essere interessante, ma quanto la percezione delle loro paure e l’agonia intorno.
Beyer rende visibile quello che è invisibile, il minaccioso, e lo fa scegliendo punti di fuga e prospettive claustrofobiche, paesaggi deformati e deformanti, creando tutto un nuovo alfabeto visive che aspetta solo di essere visto e letto.
Guardatelo e amatelo.
È una perdigiorno. Ha vissuto ovunque. Capita che si accompagni a Rosso Foxe.