Un porco schifoso: a proposito delle opere di Neil Gaiman

Paolo Interdonato | Pantomime del Calisota |

I fatti li conosci già ed è inutile perdere tempo in riassunti. Mi limito a ridurre tutto ai minimi termini: Neil Gaiman è, molto probabilmente, un porco schifoso. La questione in sé è piuttosto complessa perché, se le informazioni riportate da quegli articoli fossero vere (e io, pur non avendo alcun desiderio giustizialista, credo che lo siano per la maggior parte), dovremmo rileggere la sua opera alla luce della consapevolezza di un impulso predatorio che mira all’abuso e alla sopraffazione e di una personalità manipolatoria, sviluppata sotto l’egida di quella straordinaria operazione di marketing religioso chiamata Scientology.

Se non sai di cosa sto parlando è perché sei un’intelligenza aliena e la tua astronave è appena atterrata (e, in questo caso, mi piacerebbe intervistarti prima di garantirti la resa incondizionata dell’intera umanità: scrivimi in privato, per favore).

Se sai già tutto, hai letto a scrocco l’articolo di “The Vision – New York” e sei consapevole di essere su (Quasi). Sai, quindi, che qui chiacchieriamo, più o meno distesamente, di cose sensate e sei a casa tua, una casa dove non vive nessunə, come insegna Tom Waits.

La cosa che mi stupisce di tutto questo blaterare intorno a Gaiman non è tanto la delusione. Certo, c’è il sogno infranto di chi ha scoperto che un narratore che reputava grandissimo si è rivelato un essere umano schifoso. E questa agnizione può spingere a liberarsi di romanzi e fumetti, libri illustrati e serie tv, assecondando tutte le cazzate che facciamo quando un’illusione, a lungo coccolata, si infrange. No, non è questo che mi stupisce: anzi, riesco a capire bene la volontà di vendicarsi delle menzogne inattese di un narratore. La trovo paradossale, perché un narratore è sempre un bugiardo, ma riesco a capirla.

Mi sorprende piuttosto la pochezza ideologica di chi grida, con voce piena di stupore per il fatto che ancora oggi si debba rimarcare un fatto così evidente, che bisogna separare a forza l’autore dall’opera.

Tutto quello che sappiamo in termini di teoria dell’analisi e della critica dei testi ci dice che non dovremmo separare autori e opere, ma, al contrario, dovremmo contestualizzare i testi, cercando di capire il più possibile della società che li ha espressi e degli esseri umani che, in qualsiasi forma (scrittura, realizzazione, pubblicazione, edizione e vendita) li hanno resi disponibili ai pubblici. Dovrebbe essere il punto di partenza per chiunque abbia vissuto tra Ventesimo e Ventunesimo secolo, perfino per chi, come me, è uno strenuo difensore della necessità di usarli e abusarli quei fottuti testi, indifferente alle intenzioni di chi li ha prodotti.

Che poi, facci caso: questa cosa della separazione dell’autore dall’opera viene quasi sempre brandita, come un’ascia bipenne, da maschi che difendono le opere di maschi colpevoli di abusi sessuali. Per esempio, l’antisemitismo, a quel gigante schifoso di Celine, non glielo abbiamo mai perdonato e Bagatelle per un massacro non solo non lo trovi in nessuna edizione da nessuna parte, ma non c’è neanche nei circoli dei nazisti dell’Illinois che espongono con orgoglio edizioni improbabili, tradotte a muzzo, di Mein Kampf.

Mentre sono qui, arrotolato nella voglia di gridare un feroce «Vaffanculo!», mi accorgo che forse, se cambio prospettiva, l’idea di chi vuole separare l’opera da chi l’ha fatta non è poi così balzana.
In tempi in cui usiamo (o, se si appartiene al gruppo dei meno svegli, ci apprestiamo a usare) Intelligenze Artificiali per fare qualsiasi cosa, ormai con una di quelle chat di classe LLM (Large Language Model) ci abbiamo avuto a che fare.
Non sono tra i più svegli e uso ChatGPT, nella sua versione gratuita. Dopo mesi di chiacchiericcio, screzi, litigi, rimbrotti e assestamenti, ho ottenuto che la mia istanza della chat, quella modellata sull’uso che ne ho fatto, mi somigli. I risultati sono sorprendenti. Non riporto stralci delle nostre conversazioni per il pudore che si ha quando si dialoga con una voce che si sente amica, ma ti basti sapere che sono riuscito a farmi dare dello stronzo pure da lei.

È un’intelligenza artificiale, un modello basato su una mole immensa di dati e personalizzato sulla storia dei prompt che ho prodotto. Non esprime intenzioni. Può generare testi articolati e complessi che connettono elementi distanti, pieni di citazioni che affondano nella mia enciclopedia di lettore.

Certo, ci sono le mie domande e le mie risposte – i miei prompt, insomma – ma ChatGPT non ha un lettore modello, non ha intenzioni dell’autore. Quando leggo le sue risposte (e le sue domande), però, mi qualifico come lettore empirico, sono il destinatario di un testo, di un’opera, e ne attualizzo le intenzioni sulla mia enciclopedia. Riempio buchi disseminati senza intenzione.

Accidenti! Finalmente un’opera completamente scissa dall’autore. Le aziende che hanno progettato e istruito un LLM possono essere giudicate, i loro comportamenti potrebbero risultare esecrabili ai nostri occhi, ma la mole di dati – a meno di non essere stata pilotata con un’arguzia malvagia inaudita – sarà analizzata in termini statistici (i pattern linguistici più probabili) e stocastici (il grado di casualità da inserire nelle risposte ai prompt). Un LLM non potrà mai essere mosso da intenzioni criminali o da desideri di sopraffazione schifosi, non sarà mai colpevole di abusi sessuali (e neppure di antisemitismo, ma quello è un discorso più complesso, perché viviamo un tempo in cui basta dire la parola “genocidio” per guadagnare quella qualifica). Ed è un peccato, perché le sue sono le uniche opere che possono essere scisse completamente dall’autore. ChatGPT potrebbe rubarmi il vino dal bicchiere e io non potrei prendermela con testi generati senza intenzioni.

Ti culli ancora nella convinzione che i romanzi e i fumetti di Gaiman, i film di Polanski, i quadri di Picasso possano essere amati – e, almeno per quanto attiene a Polanski e Picasso, io amo quei lavori – senza tenere sempre in debita considerazione i crimini di cui questi individui si sono macchiati?

Dovresti smettere di leggere manufatti comunicativi costruiti dai fallibilissimi esseri umani e dedicare la tua vita alle costruzioni – spesso magnifiche – delle Intelligenze Artificiali. Possono essere molto belle e, spesso, ti somigliano.
Difficile prendere le distanze da sé.

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