Investimento emotivo con un tir in tangenziale 

Beniamino Malacarne | Due calci al balloon, Squared Circle |

6 gennaio 2025. Raw, lo show ammiraglia della WWE, sbarca su Netflix a seguito di un accordo faraonico. Cinque miliardi di dollari. E cosa fai, John Cena, The Rock, Hulk Hogan! Eh, peccato che il filotto di tre su tre non ti riesce, perché al suo ingresso nell’arena che ospitava l’evento l’Hulkster si becca una bordata di fischi mai vista che lo turbano non poco. Ok, ma per quale motivo l’idolo di grandi e piccini si becca un’accoglienza degna di Henry Landru che viene a prendere un the da tua nonna? Beh beh beh, diciamo che due cazzatelle qua e là le ha fatte. Tipo andare a letto con le mogli degli amici. E farsi beccare. In video. Oppure certe frasi a sfondo razzista nei confronti di un ex moroso nero della figlia. Insomma, la WWE prima lo molla e lo defenestra dalla Hall of Fame, poi lo ripiglia ma al pubblico non è andata proprio giù. Non a tutti, quanto meno. Non al pubblico californiano. No di certo.

Ora, per quanto l’ambiente del wrestling professionistico sia notoriamente ad alta densità di teste di cazzo con un ego sovradimensionato, ci sono alcuni casi che spiccano e, talvolta, destabilizzano. Come quello dell’altro inventore, insieme a Hogan, del wrestling per come lo abbiamo conosciuto e amato: Vince McMahon, che ha ereditato la federazione dal padre e l’ha trasformata in una superpotenza mondiale dell’intrattenimento. Noto per il suo carattere fumantino e per la sua imprevedibile creatività, non s’è fatto mancare niente, ivi compreso uno scandalo sessuale che lo ha spodestato dalla sua posizione di primo piano.

Parliamo poi di Chris Benoit, lottatore dalla preparazione tecnica impareggiabile, l’underdog amato dal pubblico che dai ring di mezzo mondo è arrivato alla cintura di campione mondiale WWE against all odds, sorprendendo e soprattutto commuovendo il pubblico degli appassionati con il suo storico abbraccio con l’amico di sempre, l’altro grande underdog arrivato sul tetto del mondo, Eddie Guerrero, al termine di Wrestlemania XX. Tragico il suo destino che, pochi anni dopo, lo vede perdere il senno e sterminare la famiglia in un drammatico omicidio-suicidio.

Tre personaggi scomodi, tre motivi d’imbarazzo che, con diversa risolutezza a seconda del caso, almeno per un momento sono stati messi in ombra dalla WWE che va bene che controversy creates cash, ma come dicono i giovani così è un po’ too much. Se l’esilio di Hogan è durato poco, Benoit è stato quasi del tutto cancellato dagli annali della compagnia. Ciò è giusto o no? Ora, non prendiamoci per il culo: stiamo parlando di un colosso dell’intrattenimento che, in quanto corporation attiva nel libero mercato e non nel campo delle ONLUS ha uno scopo ben preciso: fare soldi. E gli show venduti come per tutta la famiglia, questa è la china presa dalla WWE, non amano un certo tipo di situazioni. Quella di Chris Benoit in particolare è una red flag grande come il Connecticut.
E i fan?
Anche loro sono divisi. Certo, è innegabile che le tre figure di Hulk Hogan, Vince McMahon e Chris Benoit siano fondamentali per la storia del Wrestling. Nel loro campo, dei giganti assoluti. Questo nessuno lo nega e chi lo fa è in cattiva fede. C’è un prima e un dopo ognuno di loro. Qualcuno resta loro fan, qualcuno se ne distacca, non ce la fa a riguardare i loro match. Specie nel caso di Benoit.

E tutto questo è giusto? Di certo è naturale. Succede, quando entrano in ballo gli idoli.

Come Neil Gaiman. Non è che passiamo ai fumetti così, de botto, senza senso, eh. Ha senso. C’è un filo rosso. Perché Gaiman è un gigante nel suo campo. C’è un prima e un dopo Neil Gaiman, un prima e dopo Sandman, ma anche altre opere sue, come American Gods, hanno impresso un marchio a fuoco nell’immaginario collettivo. E anche Neil Gaiman è coinvolto in uno scandalo di cui, a meno che non abbiate sottoscritto un servizio di connessione internet solo ora, dovreste sapere già abbastanza e se così non è scrollatevi un po’ di peso dal culo e chiedete a Google. E prima di Gaiman ci mettiamo, in misura minore, Warren Ellis e per diversi motivi Frank Miller, che la sua dose di isolamento, giustificata o meno decidetelo voi, l’ha avuta. Ebbene, il loro operato nella vita di tutti i giorni, fuori dalle loro opere, li rende artisti di minor caratura?
No.

Proprio come Hulk Hogan, Vince McMahon e Chris Benoit, anche Neil Gaiman, Warren Ellis e Frank Miller stanno sulla mappa delle rispettive discipline. E ci stanno per un motivo. Sono imprescindibili e lo sono per quel che hanno realizzato, e quel che hanno realizzato non si cancella. E qui arriviamo alla madre di tutte le domande: si può scindere l’opera dall’artista?
Sì e no.

L’investimento emotivo di milioni di persone esiste e ignorarlo non ha semplicemente senso. C’è gente che su quel ring e in quei libri ha spremuto il cuore, esistenze che almeno in parte sono state definite dal lavoro di questi artisti. Non temo di esagerare se dico che qualcuno probabilmente non s’è ammazzato perché quel giorno s’è visto un match esaltante o ha letto il suo fumetto preferito. Non esagero perché quando vuoi farla finita, quando ti trovi su quel confine lì che basta una spinta per farti finire di sotto, a volte la differenza la fa un pacco di Amazon con quel libro che aspettavi da tempo. A volte basta una giornata che fuori c’è il sole e qualcuno che nemmeno lo sa t’invita a bere un aperitivo. Quindi sì, capisco bene chi ci ha investito tonnellate di emozioni e, dopo che il disastro è successo, è finito sotto un treno per fortuna metaforico. Capisco chi ci ha versato una lacrima, capisco chi non riesce più a leggere quei libri o a vedersi quei match. Le passioni sono una faccenda estremamente seria, specie in un mondo cannibale come il nostro. Sono tutto quello che abbiamo, a volte.

Tuttavia, non esiste solo il cuore. Il fatto che qualcuno non ci riesca, a scindere, non vuol dire che sia impossibile. Non è obbligatorio, ma non è impossibile. Quel che è necessario, perché esiste il cuore ma esiste anche la verità, che non è meno importante, è mantenere la lucidità quando si parla dell’importanza degli artisti e del loro operato. Non importa se sono delle semplici teste di minchia o dei delinquenti, le loro opere hanno contribuito a modellare il mondo com’è oggi e dimenticarsene è mentire nella maniera più sbagliata. Com’è sbagliato cancellarli. La tessera del partito nazista non cancella il lavoro di Martin Heidegger o di Leni Riefenstahl. Sono esistiti e hanno cambiato le cose, nonostante quello che erano, nonostante quello che hanno fatto. Poi, certo, anche i loro sbagli contribuiscono a inquadrare la loro opera nella misura in cui essa è connessa alla loro biografia, ma anche se li odiamo, anche se li allontaniamo da noi per sempre, e abbiamo il diritto di farlo, non possiamo né cancellarli né dimenticarli. La memoria muore da sola, se la uccidiamo commettiamo un delitto a nostra volta.

Ti è piaciuto? Condividi questo articolo con qualcun* a cui vuoi bene:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

(Quasi)