Ho dovuto aspettare 50 anni. Cinque decenni prima di vedere un album di figurine dedicato esclusivamente alle calciatrici del campionato italiano.
Nel 2015, dieci anni fa, la mia famiglia mi ha fatto arrivare dalla Francia l’album del Mondiale femminile in Canada. Quel campionato fu poi vinto dagli USA che portavano in campo la generazione che vedeva la carriera di Abby Wambach agli sgoccioli e faceva scoprire al mondo intero Megan Rapinoe e Alex Morgan. Due grandi giocatrici che, oggi, a loro volta, si sono ritirate dalla vita agonistica.
Quando, quattro anni dopo, nel 2019, la Nazionale italiana femminile è tornato al Mondiale dopo vent’anni, Panini finalmente ha prodotto e distribuito l’album anche qui da noi. E io, dopo tanto tempo, ho ripreso a collezionare figurine.
Nel 2020, il calcio femminile è diventato professionistico. Cinque anni dopo, a febbraio di quest’anno, ecco finalmente l’album Calciatrici: la prima raccolta interamente dedicata alle giocatrici del campionato italiano. È la prima volta che succede nei miei primi cinquant’anni di vita.
Nel libro Giovinette: Le calciatrici che sfidarono il Duce, Federica Seneghini racconta la storia delle prime squadre femminili italiane e scrive:
«Quando entravamo in campo, era come lasciarsi ogni veleno alle spalle, come entrare in un terreno incontaminato, in un porto franco dal fascismo, dalle regole, dalle costrizioni e da quello che la società e gli uomini volevano da noi, ragazze e donne, nel 1933.
Ci mettevamo gli scarpini, il gonnellino, quella maglietta così bella che ci eravamo fatte fare e per un’oretta non c’era nient’altro che la nostra libertà di divertirci, di difendere la rete o di tentare di far gol.
E chissà, forse fu proprio per questo che poco alla volta i fascisti iniziarono a farci capire che in quel gioco così bello, proprio come nella vita, quelli che stabilivano le regole erano solo loro.»
Adesso, oltre novant’anni dopo, il fucsia della scritta Calciatrici sulla copertina dell’album è un segnale chiaro: quelle donne, realmente esistite nel 1933, ce l’hanno fatta.
Ce l’abbiamo fatta.

Di pregiudizi da superare ne restano, e ogni conquista va difesa, perché può esserci tolta da un momento all’altro. Ci sono state generazioni di donne che sono riuscite a far capire al mondo che le donne possono indossare una maglia e dei pantaloncini da calcio, possono mettersi i parastinchi, calzare scarpini coi tacchetti e correre, e cadere nel fango, e rialzarsi, e sudare, e segnare un gol, ed esultare. Donne che non hanno mai visto la loro passione diventare uno sport vero, senza fascisti che imponessero loro di essere solo madri, senza nessuno che potesse dire loro cosa è giusto o sbagliato per una donna.
Il successo dell’album ci dice qualcosa: a dieci giorni dall’uscita, era già introvabile. Panini ha già annunciato la ristampa.
L’altro giorno mio nipote, con il suo album dei Calciatori, ha trovato la figurina di una giocatrice del Milan femminile e me l’ha passata: «Ce l’hai?». Forse è stato un errore di confezione. O forse è il segnale di un cambiamento radicale, con una trovata accattivante di Panini per mescolare i pubblici.
Decenni di «Ce l’ho… ce l’ho… manca…» hanno generato miti e leggende delle figurine. La più famosa è quella di Pier Luigi Pizzaballa, portiere di buona affidabilità e che vinse la storica Coppa Italia con l’Atalanta nel 1963-64, diventato sinonimo di figurina introvabile. Tanto che «Ti manca Pizzaballa?» è stato a lungo un modo di dire d’uso comune.
Forse, un giorno, chissà, ci sarà un Pizzaballa introvabile anche tra le Calciatrici. Speriamo di non dover aspettare altri 50 anni.
Rimini 1975, disegnatrice di fumetti, fumettara, illustratrice. Pubblica dal 1999. Qualche titolo: la fanzine “Hai mai notato la forma delle mele?”, le graphic novel Io e te su Naboo e Cinquecento milioni di stelle, il fumetto sociale Dalla parte giusta della storia, il reportage a fumetti scritto dalla giornalista Elena Basso Cile. Da Allende alla nuova Costituzione: quanto costa fare una rivoluzione?.