di Massimo Galletti
(la prima parte è QUI)
Casa mia era un castello. Povero, ma c’era tutto quel che serviva a un castello. Torre e scale e feritoie, cortili e giardino, cunicoli e antri e segrete, e un’ardita alta passatoia. Ideale per due sedie e una pila di “Alter” a recuperare a volte un senso, a volte i ”continua”.
Un disco volante non può atterrare a Lucca
Oh, mica crediate fosse facile leggere le graphic novel e i romanzi sperimentali all’epoca delle riviste!
Per andare a scuola non scendevo mai in stazione. Di rado. Solitamente prendevo l’8 insieme a Paolo Valera, andava a Picenengo ma si fermava anche lì, nebbie e campi per pochi.
Il 16 dicembre del 1978 non può essere stato un caso che sono sceso in stazione a far cambio autobus, nella bolgia.
Voi se il 16 dicembre 1978 (avete 18 anni e un mese) vedete uno che legge ben in vista il Corriere della Sera, e il Corriere della Sera titola a piena pagina che sono scesi gli extraterrestri da qualche parte sulla terra, davvero non ci credete? È proprio così impossibile?
Davvero non andate in edicola a chiedere il giornale per scoprire che quello avevate visto prima era un falso? Una burla? Una provocazione? Insomma, che era “Il Male”?
Cioè, voi che leggete Giannelli e Osho e Biani, ma perfino i miei amati Bucchi e Altan, la vignettina elegante, davvero pensate che questa è satira? Che questo è perculare? Che questo sposta qualcosa?
Io avevo diciotto anni e una testa che provava a pensare, e in edicola in quel momento usciva “Il Male”, una cosa di carta poverissima, che scherzava in copertina su Moro e le Brigate Rosse in pieno rapimento, disegnava il ministro dell’interno aggiungendo occhi a un cazzo e due coglioni, metteva in copertina gli operai della Fiat pronti a farsi allegramente inculare dal sign. Agnelli, trattava il Presidente della Repubblica come un simpatico cialtrone…
Tutto con classe, raffinatamente puntando dritto al cuore senza censurarsi nulla. Mischiando vignette e fumetti e scritti, e centinaia di collaboratori fissi o occasionali, Paz e Vincino insieme al primo che passava con un’idea buona.
Centinaia di migliaia di copie vendute subito, la mattina. Spesso sequestrate, ma sempre qualche ora troppo tardi. Angese, Scòzzari, Tamburini, Perini, Fo, Topor, Wolinski, e altre decine, tutti colti nel momento magico, nell’attimo fuggente. Credete che poi ci si possa accontentare?
Dentro e fuori le mura
Fuori, nel mondo, “Il Male” usava i fumetti.
Dentro, nel castello, i fumetti sperimentavano sul mondo.
Non le elenco, le riviste, ma ci son stati momenti con cifre e diffusioni che facevano davvero fenomeno pop. Ho conosciuto un amico perché avevo in mano “Totem” e lui mi disse «ci disegna uno spagnolo bravissimo, Manara». Un altro convinto che quel Moebius di cui parlavano tutti fosse Caza. Non erano lettori di fumetti abituali ma i segni e le idee erano in giro, come un virus. E chi ci arrivava venendo da CasaBonelli ora voleva come minimo Altuna, o Gimenez.
O.d.B. invece non si accontentava, delle pile di riviste sulla passatoia del castello allora “Alter …” pareva la più ardita. Cose diverse da tutto. Tentativi di mondi. Anche sbagliati.
Ma oggi, se faccio la conta di cosa è rimasto, di cosa ha contato, di dov’erano gli autori amori, di dove gli insegnamenti grandi necessari per dopo, sfronda sfronda erano in gran parte lì.
Tecnicamente, l’evoluzione dei supplementi di “Linus” in “Alter Linus”, la maturità del fumetto di ricerca che diventa “Alter Alter”. Sul fondo, l’intuizione che strip e affini non bastino più, che serva un contenitore per gli artisti che cercano nuovi modi di raccontare, per i maestri che cercano nuove libertà, per i lettori che cercano teorie solide su cui capire dove sarà il fumetto fuori dall’inebriante istante pop, perché, con chi.
Alter Scriptum
A.S.: che alcune sono splendide e alcune sbagliate, ma anche questa cosa che a ogni annata ci riprova, nuova grafica, formato, carta, nuovo tentativo di leggere il momento culturale…
Stanno tutti lì, stanno li Penthotal e Pompeo di Andrea Pazienza, l’inizio e la fine, dove non si gioca.
Sta lì il Garage, volete che vi dica che non amo smisuratamente i peyote di Moebius? Quando anche ve l’avessi detto, credete di poter passare l’esame e parlare con me senza un confronto serio con l’idea potente di storia a forma di elefante?
Guido Buzzelli dove li pubblicava i suoi graphic novel fuori schema?
Sergio Toppi che pagine usava per trasformare gli scheletri degli alberi dei boschi intorno a Smarano in geometrie di racconti incisi?
“La strega”, di Anna Brandoli e Renato Queirolo, l’hai letto? Lo sai che tutto comincia da lì?
Credi che il graphic journalism nasca dal nulla? Cosa credi che facessero intellettuali veri, come Elfo, o Cinzia Ghigliano e Marco Tomatis, su quelle pagine già allora?
Chi altro se non “Alter …” poteva far nascere e crescere l’Alack Sinner di José Muñoz e Carlos Sampayo?
E gli “Incidenti” del Lorenzo Mattotti prima della trasformazione, e i “Fuochi” del Lorenzo Mattotti dell’esplosione? Dove potevano stare se non lì?
Sono andato a memoria, chissà cos’ho dimenticato. Ora basta “Alter Alter”, se no piango.
Appena nato ti compresi
A inizio anni ‘80, nella mia piccola città bastardo posto (Cremona) già era nato un posto figlio dei settanta (ho una teoria, fatta di luoghi culturali ancora vivi oggi…).
Non so cosa sia Arci nelle vostre città e in questa storia non conta. Conta che qua era Fassbinder e Wenders prima che a Milano, era concerti jazz di livello e locandine che aprivano finestre e non si staccavano dai muri.
Sono un signore fatto di timori vicini all’inamovibilità alternati a momenti in cui l’entusiasmo tocca l’incoscienza.
Ci sono colpe esterne, Boschi, Raffaelli, Cristante, e il loro Arcicomics nazionale. “L’Eternauta” che gli dava uno spazio, un lunedì d’inedia in cui non si poteva stare tutto il giorno a leggere fumetti. Mi è partito l’entusiasmo e l’incoscienza, sono andato in quel posto ho aperto la porta e ho chiesto: si può? Fare anche qui qualcosa che parli di fumetti? Quelli belli però. Certo. Allora sì. Si può.
(continua)