«Love don’t give no compensation
Love don’t pay no bills
Love don’t give no indication
Love just won’t stand still»
Il primo ad andarsene è il corpo. Quando un amore finisce, ecco, quello è il primo che abbandona la stanza, lasciando che l’ambiente si riempia di rimpianti e rimorsi. E non è vero che, come canta De André, quando «l’amore che strappa i capelli è perduto» resta solo «qualche svogliata carezza e un po’ di tenerezza». Il corpo non conosce mezze misure: semplicemente se ne va. La necessità pulsante di tenere le mani sul corpo prima desiderato si spegne; il bisogno di aderire pienamente alle altrui forme si esaurisce. E, dopo poco, anche la tenerezza non c’è più. Se n’è andata con il dialogo. Gli amanti, quando funzionano, si toccano, anche da lontano, in una relazione sinestetica cui basta una parola per richiamare un odore, un’immagine per sentire le mani piene, un aneddoto appena accennato per far esplodere un sapore indelebile sulla lingua. E non si tratta di continui ammiccamenti, allusioni, doppi sensi. L’amore riempie di erotismo e senso tutti i discorsi. Anche quelli pratici, che sono abituati a schiacciare, con il loro peso, qualsiasi tensione emotiva.
Hiroya Oku ha costruito il suo successo sulla distruzione dei corpi. Gantz e Inuyashiki rappresentano i due elementi più visibili del suo lavoro: entrambi si aprono con lo smembramento del corpo di personaggi complessi che, nel volgere di poche pagine, diventeranno gli eroi del manga. In Gantz i due protagonisti sono sfracellati da un treno e si ritrovano proiettati in copie dei loro stessi corpi, costretti a giocare una terribile caccia all’alieno. Inuyashiki è un sessantenne invecchiato male, debole e malato, che viene disintegrato per errore da alieni che, per rimediare, replicano la sua coscienza in un robot dai poteri divini.
L’ossessione di Oku per il corpo non si è certo attenuata. Gigant, la serie cui sta lavorando in questo momento ne è rorida. Questa volta il fumettista giapponese ha deciso di non distruggerlo per clonarlo, robotizzarlo, ricostruirlo. Lo vuole amare. Sceglie un corpo complesso, pubblico, esorbitante, forse eccessivo, e lo trasforma. Lo cambia radicalmente, nelle dimensioni, nelle intenzioni e nella volontà. Spingendolo in situazioni paradossali che dicono tantissimo dell’oggi.
Papiko è una pornoattrice. Il suo è un corpo di tutti, esposto allo sguardo e desiderato. Ha viso dolce, circondato da un caschetto rosso, vita sottile e seni enormi. Esibisce sessualità, meccanica e ripetitiva, in film molto amati dai fan. Le narrazioni di quei film ricadono nell’insieme limitato di possibilità consentito dall’industria: devono garantire visibilità e sottomissione. Il porno è il genere cinematografico con il livello di standardizzazione più alto. Tollera male le commistioni con gli altri generi e le variazioni. Tutte le narrazioni che si muovono al suo interno possono essere espresse con un’algebra che agisce su un numero di azioni e funzioni assai più ridotto di quello usato da Vladimir Propp nella Morfologia della fiaba.
Tutto si deve vedere bene, perché la pornografia è l’annullamento delle distanze dai corpi e dalla loro meccanica, quasi sempre operata in una sequenza definita e invariabile.
Le donne sono sottomesse a maschi che, nel migliore dei casi, sono solo inconsapevoli e, nel peggiore, sono violenti. I corpi sono in posizioni innaturali e scomode perché siano esposti alla macchina da presa e allo sguardo di spettatori che tollerano poche deviazioni dalle loro aspettative, giacché la fruizione di quei film ha una funzione precisa. L’eiaculazione, sempre visibile a rimarcare un possesso territoriale, è un evento atteso; nel porno resiste il mito della simultaneità degli orgasmi: lo spettacolo e lo spettatore vogliono venire insieme.
Rei è un sedicenne normale. Normale davvero; nel kit adolescenziale ha il pacchetto completo, fatto di incertezze, scuola, curiosità, ritmi domestici, passioni incontenibili, chiacchierate con gli amici, esplosioni ormonali e tutto il resto. Sogna di diventare regista e alterna lo studio dei maestri del cinema al consumo di pornografia. È un fan di Papiko.
Fino a qui, tutto bene. La storia continua a cadere senza incertezze, definendo il contesto per lo sviluppo di una narrazione in cui appaiono in rapida sequenza deviazioni importanti. Provo a enumerarle, raccontandoti qualcosa di quel fumetto.
1. Papiko abita vicino alla casa di Rei. Contro di lei, un anonimo, forse un comitato di quartiere, ha lanciato una campagna di denigrazione. Le strade intorno ai pochi isolati in cui vivono i due sono state tappezzate di volantini fotocopiati che inneggiano alla cacciata delle carni immorali di quella donna. Rei non può accettare questo attacco verso la ragazza e, munito di sacco nero, stacca con minuzia e precisione tutti i volantini. Mentre lo fa, viene sorpreso da Papiko che, colta da tenerezza per il gesto disinteressato, abbraccia il ragazzo e lo stringe al seno. In quel momento il corpo pubblico della pornoattrice conquista umanità. La ragazza è dolcissima, si chiama Chiho Johansson, è figlia di un falegname svedese emigrato in Giappone, soffre di attacchi d’ansia, ha un fidanzato violento e ama il gelato. Rei e Chiho diventano amici.
2. Mentre Chiho passeggia per le strade di Tokio, assiste a un incidente. Non capiamo bene cosa sia successo, ma per terra c’è un tipo strano insanguinato che indossa la biancheria intima, uno zaino, un cappello e un apparecchio al fianco che assomiglia a un vecchio discman (l’effimero erede del walkman, usato, per una stagione, per ascoltare i CD mentre si passeggiava). La ragazza cerca di aiutarlo e, in cambio, ottiene un disco e uno strano orologio che le si innesta nel polso in maniera inamovibile. Da quel momento, il corpo della pornoattrice, esuberante e onnipresente, assume la capacità di diventare gigantesco. Un corpo polverizzato in informazioni e distribuito ovunque, perché sia sempre disponibile per il desiderio degli spettatori, diventa letteralmente gigantesco. Impossibile ignorarlo.
3. All’inizio è l’industria del porno a impossessarsi di quello straordinario potere. Il nuovo film di Papiko stupisce i fan dell’attrice con quelli che sembrano ottimi effetti speciali che permettono a quel corpo di crescere a dismisura, fornendo superficie epidermica su cui possono strofinarsi diversi attori. Poi, quel corpo esuberante rifiuta il ruolo sociale che l’immaginario premasticato e immutabile del porno gli impone. Chiho rompe con il fidanzato violento per proteggere Rei. La pornoattrice e il sedicenne si innamorano e la professionista del sesso e il ragazzino iniziano a scopare. Inizialmente Oku li mostra in pose indistinguibili da quelle offerte alla macchina da presa. Poi l’intimità diventa indifferente agli sguardi dello spettatore e il sesso tra loro diventa intimità, amore.
4. “ETE – Enjoy The End” è la piattaforma che permette ai suoi utenti di decidere quale assurda forma debba avere l’apocalisse. Uomini nudi che corrono nel parco, personaggi famosi che muoiono all’improvviso, piogge di merda, giganti antropofagi che distruggono città… L’opzione più assurda ha l’occasione di diventare realtà, purché ci sia un numero sufficiente di cittadini disposto a supportarla col proprio voto. La democrazia diretta prevede che ci sia una relazione indissolubile tra la volontà espressa da ogni singolo individuo e gli effetti sul mondo. Tutti votano, mettendo il loro LIKE sull’opzione preferita, e la maggioranza ha ragione. La mipiacecrazia è la dittatura della maggioranza. Ma, trattandosi di una maggioranza composta dai soli individui che hanno la possibilità tecnica di accedere e la volontà di farlo, non è detto che rappresenti un campione statistico dell’umanità che vorremmo.
5. Papiko è una pornoattrice. La penetrazione è parte integrante del suo lavoro. Quando Chiho diventa gigantesca, per salvare il mondo deve battersi con robot e creature demoniache. Per distruggerle, non potendo sconfiggerle con la sola forza, riconquista dimensioni umane, si insinua all’interno dei loro corpi, sotto i carapaci, e cresce. Ogni volta che fa esplodere il corpo del proprio nemico, diventando gigantesca, nasce e, al contempo, abusa di quelle carni, vendicandosi della violenza di un’industria del sesso fatta dai maschi per i maschi.
Scrive e parla, da almeno un quarto di secolo e quasi mai a sproposito, di fumetto e illustrazione . Ha imparato a districarsi nella vita, a colpi di karate, crescendo al Lazzaretto di Senago. Nonostante non viva più al Lazzaretto ha mantenuto il pessimo carattere e frequenta ancora gente poco raccomandabile, tipo Boris, con il quale, dopo una serata di quelle che non ti ricordi come sono cominciate, ha deciso di prendersi cura di (Quasi).