Il crogiuolo di Dio

Paolo Interdonato | Il fumetto di Babele |

Nel 1867, il veterano John William De Forest pubblica, a New York per l’editore Harper & Brothers, Miss Ravenel’s Conversion from Secession to Loyalty. L’elemento di novità del romanzo è l’assoluta assenza di toni eroici nella rappresentazione della guerra. Per la prima volta, il conflitto armato tra uomini viene rappresentato, con sguardo carico di tensione e compassione, per quello che è: una follia omicida e sanguinaria, priva di gloria e giustizia. Questa narrazione, che secondo il critico William Dean Howells, contemporaneo di De Forest, era «realista prima che il Realismo avesse un nome», è, nelle intenzioni dell’autore, un primo tentativo di Great American Novel,il grande romanzo americano capace di liberarsi dalla zavorra delle contaminazioni coloniali e di esprimere valori realmente nazionali. Pochi mesi dopo la pubblicazione di Miss Ravanel, il romanziere pubblica un saggio sulla rivista “The Nation” e chiarisce il proprio manifesto letterario: il grande romanzo americano è «il ritratto delle emozioni e dei modi ordinari e quotidiani della realtà americana».

La conquista di una cultura nazionale diventa, da quel momento, un’ossessione. L’unità di un territorio molto esteso, la cui popolazione proviene dai luoghi più distanti nella speranza di approdare a un nuovo mondo, deve nascere dal confluire di culture, lingue e religioni. Ma non è un cammino semplice.

Nel 1895, Thomas Bailey Aldrich, che per un decennio è stato editor di “Atlantic Monthly” e ha pubblicato nel 1870 La storia di un cattivo soggetto, un romanzo che ha riscosso un certo successo, dà alle stampe una raccolta di versi. Tra le poesie, spicca quella che dà il titolo al libro, Unguarded Gates, un piccolo manifesto xenofobo che racconta l’invasione inarrestabile che sta investendo gli Stati Uniti d’America. Non c’è alcun intento satirico in Aldrich: è realmente preoccupato. Ha partecipato a una manifestazione anarchica e ha avuto la sensazione che quegli oratori, «la genìa e il risultato naturale della Rivoluzione Francese», mirassero alla distruzione dell’America e dei suoi valori. Rivolgendosi alla Statua della Libertà, che chiama «Dea bianca» quasi fosse Leucotea, lancia un grido di dolore che contiene un inaspettato richiamo alla maledizione di Babele:

«Spalancati e indifesi i nostri cancelli,
Lasciano passare una moltitudine variopinta e sfrenata.
Uomini del Volga e delle steppe tartare,
Creature indistinguibili dall’Hoang-ho,
Malesi, sciti, teutonici, celti e slavi,
In fuga dalla povertà e dal disprezzo patiti nel Vecchio Mondo;
Qualcuno porta con sé dèi e riti sconosciuti.
Qualcuno è violento come una tigre pronta a tirar fuori gli artigli,
Nelle strade e nei vicoli quali strani idiomi sono mai questi,
Accenti minacciosi ai nostri orecchi,
Voci che un giorno risuonarono nella Torre di Babele.»

Ancora una volta Babele, la «porta del Dio», diventa sinonimo di confusione infernale. Fortunatamente quello che ad Aldrich appare come il vociare confuso, violento e pericoloso di un’orda barbara, ad altri sembra il luogo in cui cucinare un’umanità nuova.

Nel 1908, l’umorista inglese Israel Zangwill mette in scena The Melting-pot, un testo teatrale che racconta la storia di David Quixano, un ebreo immigrato dalla Russia zarista, esattamente come i genitori dell’autore, e sopravvissuto a un pogrom in cui avevano perso la vita sua madre e sua sorella. Nel disperato tentativo di lenire il dolore, David decide di comporre una «sinfonia americana» con la quale superare gli odi razziali e le divisioni etniche. Descrivendo il senso della propria opera, David chiarisce cos’è il melting-pot, il crogiuolo. Dice:

«L’America è il crogiuolo di Dio, la grande pentola in cui tutte le razze europee si stanno fondendo e riformando! E, quando li vedo a Ellis Island, penso: siete proprio là, brava gente, proprio là. Nei vostri cinquanta gruppi, nelle vostre cinquanta lingue e storie, nelle cinquanta rivalità di sangue. Ma non sarà così per molto, fratelli, perché quelli verso cui andate sono i fuochi di Dio. Indifferente alle vostre faide e alle vostre vendette! Tedeschi e francesi, irlandesi e inglesi, Ebrei e russi: nel crogiuolo con tutti gli altri! Dio sta creando il vero americano.»

Per rispondere poi allo zio Mendel che gli fa osservare che di «veri americani» ce ne sono già ottanta milioni, David chiarisce:

«Il vero americano non è ancora arrivato. È ancora nel crogiuolo, vi dico: nascerà dalla fusione di tutte le razze e, forse, sarà il prossimo supereroe.»

Note

Ho trovato indicazioni sulla storia del great American novel, nel secondo capitolo di Mario Maffi, La giungla e il grattacielo: scrittori, lotte di classe, “sogno americano”, 1865-1920, originariamente uscito per Laterza nel 1981 e, dal 2013, nel catalogo di Odoya, Bologna. Il romanzo di John William De Forest è disponibile in rete presso l’archivio di “project Gutenberg” e in un’edizione italiana, che non ho consultato, con il titolo La guerra civile di miss Ravenel (Neri Pozza, Venezia, 1964). William Dean Howells esprime il su giudizio sul realismo di De Forest in “Harper’s Magazine” n.441 del febbraio 1887. Ho trovato la citazione in Tracy Wuster, Mark Twain: American humorist, University of Missouri Press, Columbia, 2016. Il saggio The Great American Novel di De Forest è stato pubblicato a New York su “The Nation” il 9 gennaio 1896. Se ne trova un ampio stralcio nel sito “Uncle Tom Cabin & American Culture: A multi-media archive”.

Per The Unguarded Gates di Thomas Bailey Aldrich ho usato la traduzione parziale proposta da Katia Bagnoli nell’edizione italiana di American Gods di Neil Gaiman (Mondadori, Milano, 2003). Aldrich spiega i motivi che lo hanno spinto a scrivere la poesia in una lettera, datata 14 maggio 1892, all’amico George E. Woodberry; dice di aver partecipato a una riunione anarchica e di essere giunto a una conclusione:

«Questi bruti sono la genìa e il risultato naturale della Rivoluzione Francese; non vogliono alcun governo, “vogliono il mondo” (come un uomo in mongolfiera) e il caos. Il mio americanismo va ben oltre il vostro. Credo in un’America per gli americani…»

Anche il testo di The Melting-pot di Israel Zangwill può essere scaricato, nei diversi formati ebook, dall’archivio di “project Gutenberg”.

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